Mai come in questo momento di drammatica emergenza, i medici sono costretti a assumere decisioni gravose, spesso in solitudine, decisioni di importanza vitale per il malato, in un lasso di tempo a volte limitatissimo.
Il tema della scelta dell’accesso alla terapia intensiva, dovuto a necessità cliniche che superano di gran lunga la disponibilità delle risorse è divenuto il centro di un dibattito che va a toccare confini delicatissimi della deontologia professionale, mettendo in mano all’“uomo” la responsabilità di vita o di morte di un altro ”uomo”.
Il medico, è fondamentale ribadirlo, ha come riferimento assoluto la Costituzione, dove all’articolo 32 si legge che la salute è diritto fondamentale dell’individuo, e il Codice di deontologia medica, che all’art. 3 lo impegna a curare tutti senza discriminazione alcuna.
Partendo da questi principi, nello svolgimento della sua professione il medico tutela la salute di ogni persona, con un’attenzione individuale alla cura, valutata tenendo conto della situazione del paziente, delle sue specificità, della sua storia e con un conseguente trattamento personalizzato, che ritiene migliore per la diagnosi, in quel determinato momento. In che modo:
- facendosi carico delle condizioni di salute del paziente e creando quell’alleanza terapeutica fatta di stima e fiducia reciproca;
- informando il paziente e proponendo la cura, con un approccio metodologico e di competenza fondato sui principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza, applicati con scienza e coscienza e commisurati, caso per caso, con le risorse disponibili;
- rispettando le decisioni e la volontà del paziente, riguardo il trattamento proposto, concordandolo eventualmente con i familiari.
E tutto ciò coinvolgendo nelle decisioni il team di cui fa parte.
In un tempo di “guerra”, quale quello che stiamo attraversando ora, in cui l’intervallo per le decisioni è molto rarefatto e pesantemente condizionato dal razionamento delle risorse in campo, il medico è costretto ad intervenire in condizioni drammatiche e laceranti, non abbandonando MAI – in scienza e coscienza – il paziente che a lui si affida, nel rispetto profondo del principio di uguaglianza. Con indipendenza, autonomia e responsabilità il medico affronta scelte difficili e faticose, non basandosi MAI su una differenza di valore della vita umana e della dignità di ogni persona, che sono uguali e inestimabili.
Il sostegno importante lo ha anche da raccomandazioni rigorose e consigli indicati da consulte autonome e indipendenti, vedi Comitati etici, che tracciano vie possibili per non lasciare indietro nessuno.
Ed è per questo che il medico non deve essere lasciato solo nella sua scelta. I passaggi più difficili – soprattutto quelli che coinvolgono la sfera etica – devono essere condivisi in primis dal team di cura, sostenuti dall’Azienda Sanitaria, supportati dal Comitato etico e con il conforto dell’Ordine dei Medici.
Perché, se vogliamo vincerla questa guerra, c’è bisogno dell’aiuto di tutti: questa guerra si vince ASSIEME, ognuno per la propria parte.
Autore: Redazione