La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, visto l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, chiede alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione europea ed in particolare “Se l’art. 189, terzo comma, del Trattato sull’Unione Europea e gli artt. 13 e 16 della Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, che modifica la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ostino ad un’interpretazione secondo cui il diritto alla remunerazione adeguata previsto dall’art. 13 della Direttiva 82/76/CEE a favore dei sanitari che svolgano l’attività di formazione, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, e sempre che sussistano tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea, spetta anche ai medici che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione in anni precedenti l’anno 1982, e che siano in corso all’1 gennaio 1983. Se il diritto al risarcimento del danno per il ritardo nel recepimento della Direttiva suindicata da parte dello Stato italiano competa di conseguenza, anche a detti sanitari, limitatamente alla frazione di risarcimento successiva all’1 gennaio 1983”.
RAGIONI DELLA DECISIONE Oggetto del procedimento principale e fatti pertinenti. 1. Con atto di citazione notificato il 16 aprile 2008, G. M. M. ed altri sanitari convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio di Ministri, il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca scientifica, il Ministero del Lavoro, il Ministero della salute e delle politiche sociali ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendo «che venisse accertato il loro diritto a ricevere un’adeguata remunerazione per l’attività svolta durante il periodo di formazione specialistica, e per l’effetto la condanna delle Amministrazioni convenute al pagamento della somma di Lire 21.500.000 per ogni anno del corrispondente corso di specializzazione e per ciascun corso frequentato, o di quella maggiore o minore che sarebbe stata ritenuta di giustizia, oltre al maggior danno ex art. 1224 cod. civ. ed agli interessi maturati e maturandi». Gli istanti chiedevano, altresì, che venisse accertato e dichiarato il loro diritto di vedersi riconosciuto il titolo ed il punteggio loro spettante in base alle direttive comunitarie in materia, con conseguente condanna delle controparti al risarcimento del danno relativo. 1.1. Esponevano gli attori: di essere tutti medici specializzati in diverse discipline sanitarie; di avere conseguito il diploma di specializzazione nel periodo compreso tra il 1983 ed il 1990, essendosi iscritti, taluni in anni precedenti il 1983, altri in anni successivi; di non avere percepito alcuna remunerazione per l’attività prestata nel corso della specializzazione. Osservavano che – in forza delle Direttive comunitarie nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in materia di formazione dei medici specialisti – a questi ultimi doveva essere riconosciuta, sia per l’attività di formazione a tempo pieno, che per quella a tempo ridotto, una «adeguata remunerazione», stabilendosi, altresì, dall’art. 16 della Direttiva 82/76/CEE, che il termine ultimo di attuazione della Direttiva medesima era fissato al 31 dicembre 1982. Il legislatore nazionale aveva, tuttavia, dato corso a tale attuazione solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – e solo dopo che, a conclusione della procedura di infrazione, lo Stato italiano era stato condannato dalla Corte di Giustizia, con la sentenza del 7 luglio 1987, Commissione c/o Italia -, stabilendo che a favore degli specializzandi dovesse essere riconosciuta una borsa di studio annuale di Lire 21.500.000, prevedendo, però, che tale emolumento fosse da attribuirsi a favore dei soli medici ammessi alle scuole di specializzazione, a decorrere dall’anno accademico 1991/1992. 1.2. Successivamente – a seguito dell’imponente contenzioso instaurato dai medici esclusi dal beneficio, dinanzi ai giudici ordinari ed amministrativi, e della pubblicazione della successiva Direttiva 93/16/CEE, confermativa delle precedenti – era stata pubblicata la legge 19 ottobre 1999, n. 370, con la quale era stato previsto il riconoscimento di una borsa di studio di Lire 13.000.000, ai medici ammessi alle scuole di specializzazione dall’anno accademico 1983- 1984 all’anno accademico 1990-1991. Il diritto degli specializzandi a percepire, per la durata del corso di specializzazione, un’adeguata retribuzione, era stato, altresì ribadito dalle sentenze della Corte di Giustizia del 25 febbraio 1999, Carbonari e 3 ottobre 2000, Gozza, che avevano previsto il diritto alla retribuzione per tutti i medici iscritti nelle scuole di specializzazione negli anni accademici dal 1983 al 1991. 1.3. Instauratosi il contraddittorio, le Amministrazioni convenute si costituivano eccependo la prescrizione dei crediti azionati e la nullità dell’atto di citazione, per violazione dell’art. 163, terzo comma, nn. 2 e 4, e dell’art. 165, quarto comma, cod. proc. civ., per la mancata specificazione della residenza degli attori e del corso di specializzazione svolto da ciascun attore e del relativo ateneo.. 1.4. Con sentenza n. 6691/2012, il Tribunale di Roma – disattese le eccezioni pregiudiziali e preliminari dei convenuti – rigettava le domande proposte dagli attori, ritenendo prescritto il diritto da essi azionato in giudizio. 2. Con sentenza n. 5628/2016, depositata il 27 settembre 2016, la Corte d’appello di Roma rigettava la domanda dei sanitari che si erano iscritti alle scuole di specializzazione prima dell’anno accademico 1983-1984, nonché quella proposta dai medici che avevano frequentato corsi di specializzazione non previsti dalle Direttive succitate. La Corte d’appello – per quel che più rileva in questa sede – riteneva, sulla scorta della giurisprudenza maggioritaria di questa Suprema Corte, che il diritto agli emolumenti previsti dalle Direttive succitata, a favore dei medici specializzandi, non spettasse a coloro che avevano iniziato i corsi anteriormente all’I. gennaio 1983, sebbene successivamente proseguiti. Ciò in quanto il definitivo inadempimento dello Stato italiano, all’obbligo di adeguamento della normativa interna dei corsi di specializzazione sanitaria alle norme comunitarie, era venuto a maturare il 31 dicembre 1982, termine ultimo fissato dalle suddette Direttive per la loro attuazione. 3. Avverso tale decisione ha, quindi, proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato con memoria ex art.378 cod. proc. civ., la Presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti di otto soltanto degli attori del giudizio di primo grado, nei confronti dei quali si sarebbe – medio tempore – formato un giudicato favorevole all’Amministrazione, preclusivo, per il divieto del bis in idem, di ogni ulteriore azione in giudizio. A tale ricorso hanno resistito, con controricorso, G. M. M. ed altri. Questi ultimi hanno, altresì, proposto ricorso incidentale, affidato a sette motivi, illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 4. Con ordinanza interlocutoria n. 821/2020, depositata il 16 gennaio 2020, la Sezione Lavoro di questa Corte, ritenuto che in relazione al terzo motivo del ricorso incidentale proposto dai sanitari istanti – con il quale si denuncia la violazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso o tardivo recepimento di direttive, per non avere la Corte d’appello riconosciuto il diritto alla retribuzione anche in favore dei medici che avessero iniziato i corsi di specializzazione prima del 31 dicembre 1982, limitatamente ai periodi successivi a tale data – si riscontri un contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici di questa Corte, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai sensi degli art. 374 e 376 cod. proc. civ. 5. Fissata l’udienza di discussione per il giorno 22 settembre 2020, il Procuratore Generale ha concluso per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia «della questione concernente l’ambito di estensione temporale del diritto al risarcimento per mancata trasposizione da parte dello Stato italiano della Direttiva n. 82/76, anche ai medici specializzandi che iniziarono il corso di formazione in data anteriore al 1.1.1982». Argomenti essenziali delle parti nel procedimento principale. 6. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, proposto nei confronti della sentenza di appello, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Direttive nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, degli artt.2, 3, 10 e 97 Cost., dell’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991, dell’art. 11 della legge n. 370 del 1999, nonché il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. 7. Si dolgono gli istanti del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere, a trenta sanitari indicati nel ricorso, la retribuzione per gli anni della specializzazione, in quanto la loro iscrizione alla relativa scuola era stata effettuata prima all’anno 1983 (dall’anno 1980 all’anno 1982). E ciò, in quanto la Direttiva 82/76/CEE aveva fissato il termine per la sua attuazione al 31 dicembre 1982, sicchè prima di tale data non sarebbe stato possibile configurare alcun inadempimento dello Stato italiano. 8. Ritengono, per contro, gli esponenti che lo Stato avrebbe dovuto adeguarsi alle disposizioni della predetta normativa comunitaria anche nei confronti di coloro che, alla data del 31 dicembre 1982 stavano già frequentando il corso di specializzazione, o si erano comunque già iscritti ad una delle scuole pur senza avere ancora iniziato la relativa attività didattica, atteso che la normativa europea di riferimento non prevede in alcun modo l’inapplicabilità della disposizione sugli emolumenti degli specializzandi ai corsi già in essere. Tanto vero che la norma transitoria dell’art. 14 della Direttiva 82/76/CEE ha consentito il completamento delle formazioni a tempo ridotto «iniziate prima del 1° gennaio 1983», in applicazione dell’art. 3 della Direttiva 75/363/CEE, che ha autorizzato gli Stati membri – fermo restando il principio della formazione a tempo pieno – a consentire una formazione specializzata a tempo ridotto, alle condizioni stabilite dalle autorità nazionali competenti, ove non fosse possibile realizzare una formazione a tempo pieno. Tale principio troverebbe, del resto, ulteriore conferma nella giurisprudenza comunitaria, ed in particolare nella menzionata pronuncia della Corte di giustizia del 3 ottobre 2000, Gozza, oltre che in una parte delle decisioni di questa Corte Suprema. 9. A tali argomentazioni l’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha replicato affermando che, – come sostenuto dalla giurisprudenza prevalente di questa Corte – essendo la Direttiva CEE n. 76/82 cogente per gli Stati membri solo con decorrenza dall’I. gennaio 1983, non si sarebbe in precedenza verificato alcun illecito dello Stato italiano, tale da consentire di riconoscere il trattamento retributivo in discussione, e quindi il risarcimento per il suo mancato riconoscimento, anche ai medici che si fossero iscritti alle scuole di specializzazione prima dell’1 gennaio 1983.Le disposizioni giuridiche pertinenti del diritto dell’Unione. 10. L’articolo 5 del Trattato sull’Unione Europea prevede: «1. La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. 2. In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. 3. In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo. 4. In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità» L’art. 189, terzo comma, del Trattato sull’Unione Europea prevede:
«La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». La Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, che modifica la direttiva 75/362/CEE concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e la direttiva 75/363/CEE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, all’art. 13 reca: « 1 . Formazione a tempo pieno dei medici specialisti Essa si effettua in posti di formazione specifici riconosciuti dalle autorità competenti. Essa implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione , comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per I ‘ intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno , secondo le modalità fissate dalle autorità competenti . Tale formazione forma pertanto oggetto di una adeguata rimunerazione. La formazione può essere interrotta per motivi quali servizio militare , missioni scientifiche , gravidanza , malattia . La durata totale della formazione non può essere ridotta a causa delle interruzioni. 2 . Formazione a tempo ridotto dei medici specialisti Essa risponde alle stesse esigenze della formazione a tempo pieno, dalla quale si distingue unicamente per la possibilità di limitare la partecipazione alle attività mediche ad una durata corrispondente perlomeno alla metà di quella prevista al punto 1, secondo comma. La autorità competenti vigilano affinchè la durata totale e la qualità della formazione a tempo ridotto degli specialisti non siano inferiori a quelle della formazione a tempo pieno . Tale formazione a tempo ridotto forma quindi oggetto di una rimunerazione adeguata» L’art. 16 della medesima Direttiva n. 76/82, dispone: « Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1982 . Essi ne informano immediatamente la Commissione». Le disposizioni giuridiche pertinenti del diritto nazionale 11. L’articolo 2 della Costituzione prevede: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». L’articolo 3 della Costituzione recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». L’articolo 10 della Costituzione dispone: «L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. […l». L’art.97 della Costituzione reca: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione. […]». L’art. 6, comma 1, del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, reca: «Agli ammessi alle scuole di specializzazione nei limiti definiti dalla programmazione di cui all’art. 2, comma 2 in relazione all’attuazione dell’impegno a tempo pieno la loro formazione, è corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio determinata per l’anno 1991 in I. 21.500.000. tale importo viene annualmente, a partire dal 1 gennaio 1992, incrementato del tasso programmato d’inflazione ed è rideterminato, ogni triennio, con decreto del ministro della sanità, di concerto con i ministri dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e del tesoro, in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del servizio sanitario nazionale. […]» L’art. 11, primo comma, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, dispone: «Ai medici ammessi presso le università alle scuole di specializzazione in medicina dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991, destinatari delle sentenze passate in giudicato del tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione I-bis), numeri 601 del 1993, 279 del 1994, 280 del 1994, 281 del 1994, 282 del 1994, 283 del 1994, tenendo conto dell’impegno orario complessivo richiesto agli specializzandi dalla normativa vigente nel periodo considerato, nonché del tempo trascorso, il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica corrisponde per tutta la durata del corso una borsa di studio annua onnicomprensiva di lire 13.000.000. Non si dà luogo al pagamento di interessi legali e di importi per rivalutazione monetaria». L’art. 374, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, recita: «La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell’articolo 360 e nell’articolo 362. […] Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza». Questione pregiudiziale. Premessa. 12. L’esame della normativa, comunitaria e nazionale, suesposta, avente ad oggetto la formazione post-laurea dei medici, ha dato luogo a notevoli incertezze interpretative, ingenerando, in special modo, notevoli dubbi la delimitazione dell’ambito temporale della responsabilità dello Stato italiano per la tardiva attuazione della Direttiva n. 82/76, e cioè se la stessa debba ritenersi estesa, o meno, anche ai sanitari che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione prima dell’i gennaio 1983, data nella quale si è perfezionato l’inadempimento dello Stato, per avere lasciato inutilmente decorrere il termine del 31 dicembre 1982 per l’attuazione di detta Direttiva. Tali incertezze e dubbi interpretativi non si sono sopiti neppure a seguito di una prima rimessione a codesta Corte di Giustizia, operata – come meglio in prosieguo si dirà – con le ordinanze interlocutorie di queste Sezioni Unite nn. 23581 e 23582/2016. La decisione che ne è conseguita, da parte di codesto organo di giustizia europeo (Corte Giustizia, 24/01/2018, C- 616/16 e C- 617/16), ha dato luogo, anzi, ad ulteriori difformità di vedute, che hanno interessato, in particolare, due sezioni di questa Corte, e che si sono tradotte in due opposte opzioni ermeneutiche. 13. Il contrasto radicato e perdurante tra siffatti indirizzi interpretativi ha indotto, pertanto, queste Sezioni Unite – chiamate istituzionalmente a dirimere i contrasti insorti nella giurisprudenza delle sezioni semplici, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ. – a rimettere nuovamente la questione interpretativa, rilevante nel giudizio in corso, a codesta Corte, ai sensi dell’art. 267, terzo comma, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, al fine di accertare – in maniera definitiva – se la tesi maggioritaria sia conforme alla normativa unionale di riferimento, o se piuttosto lo sia la diversa, minoritaria, tesi alla quale queste Sezioni Unite intendono aderire, e che ritengono di confermare in questa sede. La questione interpretativa va – in sintesi – esposta come segue. La normativa unionale di riferimento e l’interpretazione resa dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. 14. Come si è rilevato in precedenza, a norma dell’art. 13 della Direttiva 82/76/CEE (applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis), sia «la formazione a tempo pieno dei medici specialisti», che la «formazione a tempo ridotto», formano «oggetto di una remunerazione adeguata». Ai sensi del successivo art. 16, poi, «Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1982. Essi ne informano immediatamente la Commissione». Lo Stato italiano ha dato, tuttavia, attuazione tardivamente al tale Direttiva – e solo a seguito della condanna riportata nel 1987 in sede di procedura di infrazione – con il d.lgs. n. 257 del 1991, il cui art. 8, secondo comma, stabilisce che gli emolumenti previsti dalla predetta normativa comunitaria per i medici specializzandi sono riconosciuti unicamente a far tempo dall’anno accademico 1991- 1992. Del pari, la legge n. 370 del 1999, ha previsto il riconoscimento di una borsa di studio ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991. 15. La giurisprudenza europea – in una prima fase del dibattito – si è preoccupata essenzialmente di sancire la responsabilità dello Stato per il ritardo nel recepimento di detta Direttiva, nonché di delimitarne le condizioni e l’ambito. 15.1. In una prima decisione in materia – relativa ad iscritti a scuole di specializzazione nell’anno accademico 1990-1991 – la Corte di Giustizia ha, per vero, affermato che «nell’applicare il diritto nazionale, e in particolare le disposizioni di una legge che — come nella causa a qua — sono state introdotte specificamente al fine di garantire la trasposizione di una direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 189, terzo comma, del Trattato CE (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C- 106/89, Marleasing […], punto 8, e 16 dicembre 1993, causa C- 334/92, Wagner Miret, Racc. […], punto 20)». Il diritto comunitario impone, di conseguenza, agli Stati membri «di risarcire i danni causati ai singoli dalla mancata attuazione di una direttiva purché siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma violata abbia lo scopo di attribuire diritti a favore dei singoli il cui contenuto possa essere identificato, che la violazione sia sufficientemente grave e che esista un nesso di causalità diretta tra la violazione dell’obbligo imposto allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi». A tal riguardo, la Corte ha dichiarato «che l’applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione di una direttiva permette di rimediare alle conseguenze pregiudizievoli della tardiva attuazione di tale direttiva, a condizione che la direttiva stessa sia stata regolarmente recepita». La Corte ha concluso, pertanto, che «alla luce di quanto sopra, la questione sollevata va risolta nei seguenti termini: l’art. 2, n. 1, lett. c), nonché il punto 1 dell’allegato della direttiva «coordinamento», come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che: L’obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione dei medici specialisti s’impone unicamente per le specialità mediche comuni a tutti gli Stati membri o a due o più di essi e menzionate agli artt. 5 o 7 della direttiva “riconoscimento”». Tale obbligo – affermato con riguardo agli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991 – è, a giudizio della Corte, incondizionato e sufficientemente preciso nella parte in cui richiede — affinché un medico specialista possa avvalersi del sistema di reciproco riconoscimento istituito dalla direttiva «riconoscimento» — che la sua formazione si svolga a tempo pieno e sia retribuita. In queste condizioni, spetta al giudice a quo valutare in quale misura l’insieme delle disposizioni nazionali — più in particolare, per il periodo successivo alla loro entrata in vigore, le disposizioni di una legge promulgata al fine di trasporre la direttiva 82/76 — possa essere interpretato, fin dall’entrata in vigore di tali norme, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, al fine di conseguire il risultato da essa voluto» (Corte Giustizia, 25 febbraio 1999, Carbonari). 15.2. Ancora più estensiva, quanto all’ambito della responsabilità dello Stato, la portata di una seconda pronuncia in materia – del pari relativa a medici iscritti nelle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991 – nella quale, invero, la Corte europea ha statuito che l’analisi contenuta nella precedente sentenza Carbonari, per quanto riguarda la formazione a tempo pieno, è pienamente applicabile all’ipotesi di una «formazione di medico specialista svolta a tempo ridotto». Tale conclusione emerge tanto dallo scopo quanto dalla lettera della direttiva «coordinamento» e della direttiva 82/76, laddove prevede che la formazione a tempo ridotto deve anch’essa essere oggetto di una «adeguata remunerazione». Pertanto, a parere del giudice europeo, «l’obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione tanto a tempo pieno quanto a tempo parziale dei medici specialisti s’impone unicamente per le specializzazioni mediche comuni a tutti gli Stati membri o a due o più di essi e menzionate agli artt. 5 o 7 della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/362/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Tale obbligo s’impone solo se le condizioni di formazione a tempo pieno di cui al punto 1 dell’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, o quelle della formazione a tempo ridotto di cui al punto 2 dell’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, sono rispettate dai medici specialisti in formazione» (Corte Giustizia, 03/10/2000, Gozza). Il contrasto interpretativo verificatosi nella giurisprudenza nazionale. 16. Preso atto della normativa comunitaria di riferimento e delle prime pronunce della Corte europea – che avevano affermato la sussistenza del diritto alla retribuzione per gli specializzandi a seguito dell’entrata in vigore della succitata Direttiva, con conseguente diritto di questi ultimi ad essere risarciti del danno subito per il ritardo nell’attuazione della Direttiva medesima – la giurisprudenza di legittimità italiana ha iniziato a confrontarsi con il tema – di non agevole soluzione – concernente il diritto alla adeguata retribuzione di quei medici che si fossero iscritti ad una scuola di specializzazione prima dell’i gennaio 1983, data nella quale ebbe a perfezionarsi l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di attuare la Direttiva 82/76/CEE, entro e non oltre il 31 dicembre 16.1. Una prima parte della giurisprudenza di questa Corte, e segnatamente quella della Terza sezione civile, si è espressa – fin dalle prime sentenze – in senso negativo. Si è, invero, affermato che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 76/362/CEE, insorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati negli anni dal 10 gennaio 1983 all’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, non spetta a quanti risultino avere già iniziato il corso di specializzazione alla data del 31 dicembre 1982, non essendosi ancora prodotto, a tale data, alcun inadempimento (Cass., 10/07/2013, n. 17067). Si è osservato, al riguardo, che il definitivo inadempimento statuale all’obbligo di adeguamento della normativa interna dei corsi di specializzazione medica alle direttive comunitarie, dal quale scaturisce il diritto al risarcimento, è maturato il 31 dicembre 1982. Né tale diritto potrebbe valere per gli anni successivi a tale data, perché il corso va valutato nella sua unitarietà e, al momento del suo inizio, lo specializzando non aveva ancora alcun concreto diritto alla remunerazione. Ne consegue che il diversificato trattamento degli specializzandi, in ragione dell’anno di iscrizione al corso, risponde alla necessità della considerazione unitaria dello stesso (oltre che ad esigenze di finanza pubblica); sicché la relativa previsione, concretizzando un «acte claire», escluderebbe – si è sostenuto – l’obbligo di rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia dell’U.E. (Cass., 09/07/2015, n. 14375; Cass., 20/07/2015, n. 15198). 16.2. Di segno opposto le coeve affermazioni della Quarta sezione civile (Sezione Lavoro), secondo la quale il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche ai medici specializzandi che avevano già iniziato il corso di specializzazione prima del 31 dicembre 1982. In tal senso deporrebbe, infatti, l’assenza, nelle citate direttive, di una limitazione della platea dei beneficiari del diritto alla retribuzione ai soli medici iscritti ai corsi di specializzazione a partire dal 1 gennaio 1983, e, comunque, dovendosi ritenere una diversa interpretazione in contrasto con il criterio – funzionale al ristoro di tutti i danneggiati per il ritardo del legislatore – dell’applicazione cd. retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria. E’ stata operata, in tal senso, una ricognizione dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, tra i quali rientrano: a) il principio del primato del diritto comunitario; b) il principio secondo cui la mancata o inadeguata trasposizione di una direttiva nella legislazione nazionale autorizza i legittimati ad invocare contro lo Stato membro le sue disposizioni precise ed incondizionate; c) il principio c.d. di «equivalenza giurisdizionale», che comporta che il regime della riparazione in caso di violazione del diritto comunitario non deve essere meno favorevole di quello applicabile a delle azioni analoghe fondate sulla violazione di norme di diritto interno. Per cui, essendo il rapporto derivante dall’iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno, ad esso dovrebbe trovare applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta – tanto più se di rango comunitario – disciplina il rapporto giuridico in corso allorché esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purché la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo (Cass., 22/05/2015, n. 10612). Nella medesima prospettiva, si è affermato che «la limitazione ai soli medici iscritti ai corsi di specializzazione a partire dal 31 dicembre 1982 non trova riscontro nelle direttive CEE 16 giugno 1975 n. 75/363 e 26 gennaio 1982 n. 82176, anzi, è indirettamente smentita dall’art. 14 di quest’ultima direttiva – secondo cui “le formazione a tempo ridotto di medici specialisti iniziate prima del gennaio 1983, in applicazione dell’articolo 3 della direttiva 75/363/CEE, possono essere completate conformemente a tale articolo” – e comunque si pone in contrasto con il criterio dell’applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria comportante la previsione della possibilità di risarcire tutti coloro che avevano subito un danno, indicato dalla CGUE come rimedio alle conseguenze pregiudizievoli della tardiva attuazione della direttiva. D’altronde non può dubitarsi dell’applicabilità anche nei confronti dello Stato italiano del citato art. 14 della direttiva 82/76, in quanto limitarne l’applicabilità agli Stati membri che avessero, prima della direttiva di coordinamento 82/76/CEE, provveduto ad adeguarsi ad una delle pregresse direttive coordinate da quella […] contraddice i principi che si desumono dalla giurisprudenza della CGUE, in materia e, quindi, confligge con il principio del primato del diritto comunitario. Da ultimo, essendo il rapporto derivante dall’iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno, ad esso trova applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorché esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purché la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo» (Cass. 2/09/2015, n. 17434). La prima rimessione alle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il rinvio pregiudiziale e la decisione della Corte di Giustizia 24/01/2018, C-616/16 e C-617/16. 17. Con ordinanze interlocutorie del 21/11/2016, nn. 23581 e 23582, queste Sezioni Unite, alle quali la questione era stata rimessa per dirimere il contrasto di giurisprudenza, ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., decideva di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, le seguenti questioni interpretative: a) se la direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n.75/362/CEE e n. 75/363/CEE, debba essere interpretata nel senso che rientrino nel suo ambito di applicazione anche le formazioni di medici specialisti, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, già in corso e proseguite oltre il 31 dicembre 1982, termine fissato agli Stati membri dall’art. 16 della direttiva n. 82/76/CEE per adottare le misure necessarie per conformarsi; In caso di risposta affermativa al quesito sub a): b) se l’allegato. aggiunto alla direttiva-coordinamento n. 75/363, (dall’art. 13 della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE) debba essere interpretato nel senso che, per i corsi di formazione specialistica già iniziati alla data del 31 dicembre 1982, l’insorgenza dell’obbligo di remunerazione adeguata per i medici specializzandi dipenda dall’assolvimento dell’obbligo di riorganizzazione o comunque di verifica di compatibilità con le prescrizioni delle predette Direttive; c) se in favore dei medici che abbiano conseguito specializzazioni frequentando corsi di formazione che avevano già avuto inizio, ma non erano ancora conclusi al I’ gennaio 1983, sia insorto o meno l’obbligo di adeguata remunerazione per l’intera durata del corso o per il solo periodo di tempo successivo al 31 dicembre 1982, ed a quali eventuali condizioni. 18. A tali quesiti, la Corte di Giustizia – affrontando, in questa seconda fase, le problematiche intertemporali implicate dallo stato del dibattito in materia – ha risposto che «non risulta dalla direttiva 75/363 come modificata che l’obbligo imposto agli Stati membri di procedere ad una remunerazione adeguata dei periodi di formazione a tempo pieno e a tempo ridotto come medico specialista non trovi applicazione a quelle tra tali formazioni che siano iniziate prima della scadenza, il 10 gennaio 1983, del termine di trasposizione della direttiva 82/76 e che siano proseguite dopo questa data» (par. 37). La sentenza ha, tuttavia, altresì soggiunto che «Alla luce di tali circostanze, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363 come modificata devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della direttiva 75/362» (par. 38). Orbene, mentre il paragrafo 37 sembra dare una risposta coerente con l’ampio quesito posto dalle Sezioni Unite nella succitata ordinanza di rimessione, affermando che tutte le formazioni volte alla specializzazione iniziate prima dell’i gennaio 1983 (quindi anche quelle che abbiano, in ipotesi, avuto inizio negli anni 1980, 1981 e 1982), e proseguite dopo questa data, meritano, ma esclusivamente per la frazione temporale successiva all’I. gennaio 1983 (data in cui si è concretizzato l’inadempimento dello Stato italiano), una retribuzione, il punto 38, per contro, sembra limitare l’affermazione ai soli sanitari che abbiano cominciato la formazione specialistica nell’anno 1982. In tale ultimo senso si esprime, peraltro, anche il dispositivo della sentenza in esame, che recita: «1. L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. […] 3. L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 0 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa» (Corte Giustizia, 24/01/2018, C-616/16 e C-617/16). 19. E’ opportuno, tuttavia, puntualizzare, fin d’ora, un dato temporale essenziale – sul quale si tornerà in prosieguo ai fini di precisare la ratio del nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia disposto in questa sede – rappresentato dal fatto che, come si evince dalla stessa sentenza in esame, «I medici che hanno instaurato le controversie di cui ai procedimenti principali hanno seguito in Italia, negli anni dal 1982 al 1990, delle formazioni come medici specialisti» (par.17). La decisione della Corte europea si è, dunque, conformata alla materia del contendere nella quale è stata chiamata a pronunciarsi, in cui nessuno dei ricorrenti si era iscritto ad una scuola di specializzazione in un anno precedente il 1982. Ben diversa, come dianzi detto, la fattispecie oggetto del procedimento principale de quo nel quale diversi sanitari risultano, invece, essersi iscritti a scuole di specializzazione in anni precedenti il 1982. La seconda rimessione alla Sezioni Unite, la sentenza 31/07/2018, n. 20348 e gli sviluppi successivi. 20. Una volta emessa pronuncia della Corte di Giustizia ha fatto seguito la decisione di queste Sezioni Unite che – al fine di dirimere il contrasto di giurisprudenza insorto tra le sezioni semplici di questa Corte – ha stabilito che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla stessa Corte nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16). Ne discende – secondo le Sezioni Unite – che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento (Cass. Sez. U., 31/07/2018, n. 20348). 21. Va anche qui rimarcato, tuttavia, che la pronuncia si riferisce ad una fattispecie nella quale i sanitari istanti si erano iscritti tutti alla scuola di specializzazione negli anni dal 1982 al 1990. Sicchè anche in tale pronuncia la Corte, essendo chiamata a decidere in relazione ad uno specifico caso di specie, non si è specificamente occupata – salvo ad effettuare un’affermazione di principio che sembra decisiva, nell’ottica interpretativa che si intende propugnare in questa sede – della questione relativa alla spettanza della retribuzione adeguata ai sanitari che si siano iscritti, come molti degli odierni ricorrenti, ai corsi di formazione negli anni precedenti il 1982. 22. Al citato arresto nomofilattico si è conformata la giurisprudenza successiva della Terza sezione civile di questa Corte. Si è, per vero, affermato che il frazionamento dell’ammontare del risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, spettante per il primo anno di durata del corso di specializzazione in favore dei medici specializzandi con riferimento ai corsi correlati all’anno accademico 1982-1983, ha luogo – in conformità con i principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C- 371/97) e dalle Sezioni Unite (sentenza 31/07/2018 n. 20348) – soltanto nel caso in cui, secondo l’ordinamento universitario, l’effettivo svolgimento del corso e la relativa frequenza siano iniziati prima dell’i gennaio 1983 (data successiva alla scadenza del termine del 31 dicembre 1982 di trasposizione della direttiva), ossia nel corso dell’anno 1982, come affermato dalla sentenza della Corte di Giustizia del 24 gennaio 2018. Ed infatti – si osserva – la mancata conformazione prima di quella data non ha determinato alcun inadempimento e non può dar luogo ad alcun risarcimento. Viceversa, ove l’uno e l’altra (svolgimento del corso e relativa frequenza) si siano svolti integralmente ed esclusivamente dopo il 1 gennaio 1983, il risarcimento stesso andrà riconosciuto integralmente, perché l’intera durata del corso si è svolta quando lo Stato era inadempiente. Secondo tali pronunce, la Corte di giustizia avrebbe, pertanto, distinto tre categorie di specializzandi: 1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 10 gennaio 1983; 3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 10 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del corso (Cass., 31/05/2018, n. 13761; Cass., 31/05/2018, n. 13762; Cass., 31/05/2018, n. 13763). Il che – secondo l’impostazione in esame – sarebbe coerente con la correlazione tra compenso e organizzazione nonché frequenza dei corsi secondo i canoni stabiliti, presente soltanto nella ed a partire dalla direttiva del 1982, entrata in vigore nel gennaio dello stesso anno, ossia con il generalissimo principio di ultrattività della previsioni normative che costituiscano nuovi diritti rapportati a un nuovo regime che li giustifichi (cfr. nello stesso senso, ex plurimis, Cass., 17/01/2019, n. 1055; Cass., 6/02/2019, n. 5509; Cass. 5/07/2019, n. 18053; Cass., 23/07/2019, n. 19742; Cass., 23/07/2019, n. 19748). 23. Alla tesi suesposta hanno, infine, aderito anche talune pronunce della stessa Sezione Lavoro che – come detto – si era in origine orientata per l’opposta soluzione, e che hanno, del pari, affermato l’impossibilità di riconoscere il diritto alla retribuzione dei medici specializzandi anteriormente al 29 gennaio 1982, in assenza di una fonte normativa che espressamente autorizzi siffatta soluzione interpretativa (Cass., 29/07/2019, n. 20410; Cass., 2/10/2019, n. 24625). La terza rimessione alle Sezioni unite. L’ordinanza interlocutoria 16 gennaio 2020, n. 821. 24. Chiamata a pronunciarsi su di un ricorso proposto da alcuni medici iscritti a scuole di specializzazione in epoca precedente il 29 gennaio 1982, la medesima Sezione Lavoro ha, tuttavia, rivisitato la materia pervenendo alla conclusione che «sia tuttora esistente un contrasto non superato dalla giurisprudenza di legittimità passata in rassegna», tra i due opposti orientamenti sopra delineati. Con ordinanza del 16 gennaio 2020, n. 821, la Sezione ha, pertanto, rimesso gli atti al Primo Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite. 24.1. La ragione del contrasto tra i due opposti indirizzi sarebbe anzitutto ravvisabile, a parere del Collegio remittente, tra l’impostazione che si fonda sulla cd. portata ultrattiva dello ius superveniens rappresentato dalla Direttiva 82/76/CEE e dalle precedenti, ossia sull’applicabilità di tale normativa alle sole fattispecie, costituenti un rapporto giuridico unitario, realizzatesi dopo l’entrata in vigore della Direttiva medesima, e la diversa prospettiva – condivisa, invece, dalla Sezione Lavoro – secondo la quale la normativa sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso – che non è un rapporto unitario, bensì un rapporto di durata – «allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo». 24.2. L’ordinanza di rimessione non condivide, al riguardo, l’assunto della giurisprudenza maggioritaria di questa Corte, che ha interpretato la decisione delle Sezioni Unite n. 20348/2018, e la precedente sentenza 24/01/2018 della Corte di giustizia, nel senso che il frazionamento dell’ammontare risarcitorio, per il tardivo recepimento della Direttiva, sia applicabile – con decorrenza dall’I. gennaio 1983 – ai soli casi in cui il corso di specializzazione sia iniziato nell’anno 1982, e non anche in anni precedenti. Rileva, invero, la Sezione rimettente che la questione, che aveva ingenerato l’esigenza di chiarimenti da parte della Corte di giustizia, «era relativa ad un giudizio in cui il corso frequentato dagli specializzandi si articolava proprio a cavallo tra il 1982 ed il 1983. Di talchè non potrebbe desumersi, dal reiterato riferimento all’anno accademico 1982-1983, l’intento della Corte di restringere la platea dei destinatari dell’obbligo risarcitorio. In altri termini, la sentenza europea non avrebbe affatto escluso dal diritto alla retribuzione i medici iscritti ante 1982. Di qui la chiesta rimessione alle Sezioni Unite, perché chiariscano se l’obbligo risarcitorio in parola sia operativo «anche in favore dei medici specializzandi che abbiano iniziato il corso antecedentemente al 1982, sempre relativamente alla frazione temporale successiva al 1982». I dubbi di compatibilità dell’interpretazione prevalente nella giurisprudenza nazionale con il diritto dell’Unione. Le motivazioni del rinvio sulla questione pregiudiziale. 25. Premesso tutto quanto precede, queste Sezioni Unite – pur consapevoli dell’estrema controvertibilità della questione – ritengono che l’indirizzo maggioritario – che interpreta la Direttiva 82/76/CEE nel senso che essa escluderebbe il diritto agli emolumenti in questione a favore dei medici che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione prima del 1982, anche se i corsi siano proseguiti dopo l’1 gennaio 1983 (data nella quale si è perfezionato e l’inadempimento dello Stato), rischi di porsi in contrasto con la suddetta normativa europea e con l’interpretazione che ne ha dato codesta Corte di Giustizia nelle decisioni succitate. Per converso, a giudizio di queste Sezioni Unite, l’indirizzo minoritario, secondo il quale l’obbligo risarcitorio a carico dello Stato, per il ritardo nel recepimento della suddetta Direttiva, dovrebbe essere esteso anche ai sanitari che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione in anni precedenti il 1982, oltre che più condivisibile dell’indirizzo contrario, per le ragioni che si passa ad esporre, appare più aderente al diritto dell’Unione. Si auspica, pertanto, che l’interpretazione che di detta Direttiva si intende propugnare in questa sede venga ritenuta, da codesta Corte di Giustizia, conforme alla lettera ed alla ratio della Direttiva medesime e delle altre che l’hanno preceduta. 26. A favore della tesi estensiva militano, invero, diversi argomenti, tra i quali va, in primis, considerato l’argomento letterale. 26.1. Tale argomento si fonda anzitutto sulla constatazione – correttamente operata da Cass., n. 10612/2015 e da Cass., n. 17434/2015 – dell’assenza, nella Direttiva di coordinamento 82/76/CEE e nelle precedenti, di una qualsiasi limitazione della platea dei beneficiari del diritto alla retribuzione ai soli medici iscritti ai corsi di specializzazione a partire dall’anno accademico 1982- 1983. Ed è evidente, a giudizio di questa Corte, che una interpretazione restrittiva, in assenza di un’espressa limitazione in tal senso nella normativa europea di riferimento, rischia di collidere con il principio fondamentale del primato del diritto comunitario. Fin dalla storica sentenza Van Gend en Loos n. 26 del 5/02/1963, invero, la Corte di Lussemburgo ha affermato che la Comunità Europea (oggi Unione Europea) costituisce un «ordinamento giuridico di nuovo genere» nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati membri hanno rinunziato, se pure in settori limitati, alla loro sovranità. Il diritto comunitario, d’altra parte, indipendentemente dalle norme emanate dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi, che devono essere riconosciuti al singolo all’interno dello Stato di appartenenza. Il principio del primato del diritto in questione e dell’intangibilità delle posizioni soggettive riconosciute ai singoli in ambito europeo è stato, dipoi, ribadito in numerose, successive, pronunce e costituisce ormai ius receptum (cfr. ex plurimis, Corte Giustizia, 22/06/1989, F.11i Costanzo; Corte giustizia, 29/04/1999, Ciola). 26.2. D’altro canto, la stessa sentenza della Corte di Giustizia del 24/01/2018 – come in questo giudizio ha puntualmente rilevato il Procuratore Generale – decisamente «si esprime per l’orientamento ampliativo». L’Ufficio del Pubblico Ministero presso questa Corte non ha mancato, per vero, di rilevare – d’accordo con la Sezione remittente – che «non è possibile ritenere con certezza che la scelta operata [dalla Corte di Giustizia] abbia il significato di escludere dal diritto al risarcimento tutti coloro che avessero iniziato il corso di formazione ante 1982: questo perché un’affermazione in termini di tale chiarezza, capace di fugare ogni dubbio sul punto, non è reperibile in nessuno dei passaggi della decisione, che anzi è mossa chiaramente dall’intento di ampliare l’ambito dei titolari del diritto». E ciò, sulla base del rilievo assorbente (contenuto nel paragrafo 37) secondo cui è da escludere che la Direttiva 82/76, e le precedenti, contengano «una qualche limitazione temporale dell’obbligo per gli Stati di procedere ad una remunerazione adeguata dei periodi di formazione come medico specialista, in particolare in relazione ai corsi iniziati prima della scadenza del 1 gennaio 1983». 26.3. In secondo luogo, va considerato l’argomento teleologico, dovendo il giudice dello Stato membro a quo, stando alle citate statuizioni della Corte di Lussemburgo, «valutare in quale misura l’insieme delle disposizioni nazionali – più in particolare, per il periodo successivo alla loro entrata in vigore, le disposizioni di una legge promulgata al fine di trasporre la direttiva 82/76 – possa essere interpretato, fin dall’entrata in vigore di tali norme, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, al fine di conseguire il risultato da essa voluto» (Corte Giustizia, Carbonari; Corte Giustizia, Gozza ). Tale scopo è evidenziato con chiarezza dall’art. 13, secondo comma della Direttiva succitata, secondo il quale l’attività formativa a tempo pieno implica «la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che lo specialista in via di formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno, secondo le modalità fissate dalle autorità competenti». E, pertanto, tenuto conto dell’attività professionale posta in essere dallo specializzando, sia pure ai fini di acquisire le necessarie competenze specialistiche, a tenore della stessa norma, tale formazione forma oggetto di un’«adeguata rimunerazione». Del pari, la formazione a tempo ridotto «risponde alle stesse esigenze della formazione a tempo pieno, dalla quale si distingue unicamente per la possibilità di limitare la partecipazione alle attività mediche ad una durata corrispondente perlomeno alla metà di quella prevista al punto 1, secondo comma. Le autorità competenti vigilano affinchè la durata totale e la qualità della formazione a tempo ridotto degli specialisti non siano inferiori a quelle della formazione a tempo pieno». Di conseguenza, in considerazione dell’impegno lavorativo trasfuso anche la formazione a tempo ridotto forma oggetto di una «rimunerazione adeguata». 26.4. In tal senso, del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie, se non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, costituisce, tuttavia, una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina, nella quale la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi è destinata a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione, diretta al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante (Cass., 27/07/2017, n. 18670; Cass., 22/09/2009, n. 20403). 26.5. Ebbene, è di tutta evidenza che siffatta esigenza, presa in espressa considerazione dal diritto comunitario, con l’attribuzione al sanitario specializzando di un diritto ad un’adeguata retribuzione, al fine di compensare il dispiegamento delle attività lavorative finalizzate alla formazione, sussiste – senza alcuna distinzione – per tutti i medici che si siano iscritti post-laurea ad un corso di specializzazione. In tale direzione si pone il criterio della cd. applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria, comportante la previsione della possibilità di risarcire tutti coloro che avevano subito un danno, indicato dalla Corte di Giustizia come rimedio alle conseguenze pregiudizievoli della tardiva attuazione della Direttiva. E’, pertanto, evidente che un’interpretazione estensiva è di gran lunga più in linea con le finalità perseguite dalla citata norma comunitaria, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia. 27. Né a tale opzione interpretativa ostano le menzionate pronunce della Corte di Giustizia del 24/01/2018 e delle Sezioni Unite di questa Corte n. 20348/2018, che a siffatta decisione si sono adeguate. 27.1. In tal senso depone anzitutto il confronto tra il quesito posto dalle Sezioni Unite nelle due ordinanza nn. 23581 e 23582 del 21/11/2016, nelle quali si chiedeva al giudice europeo di chiarire se nella previsione delle Direttive suindicate rientrassero anche le formazioni di medici specialisti, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, «già in corso», ovvero i «corsi di formazione specialistica già iniziati alla data del 31 dicembre 1982», ma non «ancora conclusi all’I. gennaio 1983», e la risposta che a tale quesito ha dato, sul piano generale, codesta Corte di Lussemburgo, al paragrafo 37 della sentenza del 24/01/2018. Ed invero – come dianzi detto – il giudice europeo ha affermato che «non risulta dalla direttiva 75/363 come modificata che l’obbligo imposto agli Stati membri di procedere ad una remunerazione adeguata dei periodi di formazione a tempo pieno e a tempo ridotto come medico specialista non trovi applicazione a quelle tra tali formazioni che siano iniziate prima della scadenza, il 10 gennaio 1983, del termine di trasposizione della direttiva 82/76 e che siano proseguite dopo questa data» 27.2. A fronte di tale ampio e generico riferimento alle formazioni iniziate prima dell’i gennaio 1983, corrispondente in toto al quesito posto dalle Sezioni Unite, parrebbe – ad avviso di questa Corte – che il richiamo ai corsi di specializzazione iniziati dal 1982 al 1990, contenuti nei successivi paragrafi 38, 51 e 57, nonché nel dispositivo della sentenza, ha il solo significato di adeguare la pronuncia della Corte alla specifica fattispecie sottoposta al suo esame, concernente proprio vicende formative svoltasi nell’arco di tempo suindicato. Tanto vero che, mentre al paragrafo 37 codesta Corte enuncia il principio generale dell’applicabilità del diritto alla retribuzione anche ai sanitari che si siano iscritti ai corsi prima della scadenza del termine per il recepimento della Direttiva (1 gennaio 1983), nei successivi punti 38, 51 e 57 – come si evince dall’incipit delle relative statuizioni ivi contenute «occorre rispondere alla prima [seconda e terza] questione […]» – la Corte medesima applica il principio generale enunciato al paragrafo 37 alla fattispecie concreta, che riguarda, appunto, iscrizioni effettuate negli anni dal 1982 al 1990. 27.3. Nella medesima prospettiva si iscrive, poi, come dianzi evidenziato, la successiva sentenza di queste Sezioni Unite n. 20348/2018, anch’essa concernente casi di medici che si erano iscritti alla scuola di specializzazione negli anni accademici dal 1982 al 1990. 27.3. Ma un ulteriore profilo di criticità della tesi che esclude il diritto alla retribuzione per i sanitari iscrittisi ai corsi formativi prima del 1982 – fondata sul rilievo che il diritto agli emolumenti in discussione è stato introdotto solo a partire dal 29 gennaio 1982, con l’entrata in vigore della Direttiva 82/76 – è rappresentato dalla considerazione che la succitata sentenza della Corte di Giustizia del 24/01/2018 ha riconosciuto – al paragrafo 38 – tale diritto a coloro che si fossero iscritti «nel corso dell’anno 1982». E l’affermazione è ribadita al paragrafo 48, nel quale si legge che «Come risulta dalla risposta fornita alla prima questione pregiudiziale, l’obbligo di riconoscere ai medici di cui trattasi una remunerazione adeguata si estende a qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990». Il diritto in questione viene riconosciuto, dunque, dalla Direttiva anche a coloro che avevano effettuato l’iscrizione nell’intero corso dell’anno 1982, ovverosia in tutto l’anno, anche agli inizi del mese di gennaio, e non soltanto ai soli medici che si erano iscritti dopo il 29 gennaio 1982. Vi sono, pertanto, – anche a voler tenere in disparte le altre considerazioni sopra svolte – ventotto giorni di tempo in relazione ai quali, sebbene la Direttiva 82/76/CEE non fosse ancora entrata in vigore, la Corte di Giustizia ha riconosciuto il diritto alla retribuzione e, quindi, al risarcimento del danno. Il che fornisce innegabilmente un forte argomento alla tesi che ritiene sia stato riconosciuto, dalla succitata pronuncia della Corte di giustizia, il diritto in questione anche in relazione ad iscrizioni effettuate in anni precedenti il 1982. i .. 27.4. La ragione addotta da qualche pronuncia per superare tale aporia – fondata sulla considerazione che la vicinanza temporale con la data del 29 gennaio 1982 avrebbe agevolato l’emersione di un obbligo di adeguamento da parte dello Stato, «in quanto esso ragionevolmente poteva predisporsi ad adempiere l’obbligo di conformazione» (Cass., n. 18053/2019) – non convince, per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, non si vede perché siffatto obbligo di adeguamento non dovrebbe venire in considerazione anche per gli anni di iscrizione precedenti il 1982, una volta che la Direttiva 82/76/CEE è entrata in vigore (29 gennaio 1982), e neppure può escludersi che i requisiti delle scuole di specializzazioni legittimanti il diritto alla retribuzione talune di esse li avessero già prima del 1982. In secondo luogo, il riconoscimento – da parte del giudice europeo – del diritto agli emolumenti anche per i ventotto giorni precedenti l’entrata in vigore della norma comunitaria, men che smentire l’assunto di coloro che ritengono sussistere il diritto in parola anche per gli iscritti ai corsi di specializzazione prima dell’anno 1982, al contrario lo rafforza, ratificando l’orientamento che ravvisa nella retroattività completa la misura di attuazione della norma comunitaria. 27.5. E’ appena il caso di evidenziare, al riguardo, l’ingiustificata disparità di trattamento – rilevante già nel diritto interno, in forza degli artt. 2 e 3 Cost., e vieppiù in materia coperta dal diritto dell’Unione – che verrebbe a verificarsi tra coloro che abbiano – in ipotesi – formalizzato l’iscrizione il 2 gennaio 1982, ai quali il diritto alla retribuzione (e di conseguenza al risarcimento) si applicherebbe, e coloro che si siano iscritti quarantotto ore prima (ad esempio il 31 dicembre 1981), ai quali tale diritto non verrebbe riconosciuto. “3 7 28. D’altro canto, non può revocarsi in dubbio che il contratto di formazione-lavoro, nel quale va inquadrata l’attività ospedaliera dei medici specializzanti, dia luogo – contrariamente a quanto ritiene l’indirizzo prevalente, e come hanno invece affermato queste sezioni Unite nella sentenza n. 20348/2018 – non ad un rapporto unitario, bensì ad un rapporto di durata, che si articola in più anni, e che intercorre tra il singolo sanitario e l’Università. In tal senso si è espressa, da ultimo, una sentenza della Terza sezione, secondo la quale coloro che hanno preso parte ai detti corsi di specializzazione anteriormente al 1983 (o, comunque, che si sono iscritti prima del gennaio 1982), svolgono delle prestazioni che trovano comunque causa nel rapporto instaurato con l’Università per la frequenza della scuola, e che, pertanto, vanno anch’esse retribuite (Cass., 01/07/2020, n. 13283). 29. Ebbene ai rapporti di durata, come quello oggetto del procedimento principale, non può non applicarsi lo ius superveniens costituito dalla Direttiva 82/76 CEE, non potendo revocarsi in dubbio che la disposizione comunitaria non intervenga a costituire o a regolare ex novo il rapporto tra il singolo sanitario e l’Amministrazione, bensì a consentirne la prosecuzione nel tempo in modo conforme ai principi del diritto dell’Unione. In tal senso, si è espressa, del resto, sul piano generale, la giurisprudenza di questa Corte (Cass., 08/03/2001, n. 3385; Cass., 09/02/2001, n. 1851; Cass., 13/10/2016, n. 20680). 30. L’interpretazione estensiva qui propugnata trova, infine, un ulteriore argomento – connesso al precedente – a favore nel principio della cd. «equivalenza giurisdizionale», secondo il quale il regime della riparazione in caso di violazione del diritto comunitario non deve essere meno favorevole di quello applicabile a delle azioni analoghe fondate sulla violazione di norme di diritto interno. Per cui, essendo il rapporto derivante dall’iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno, ad esso deve trovare applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta – tanto più se di rango comunitario – disciplina il rapporto giuridico in corso allorché esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti (Cass., n. 10612/2015). 31. Quesito sulla questione pregiudiziale. Il quesito rivolto alla Corte di Giustizia è il seguente: «Se l’art. 189, terzo comma, del Trattato sull’Unione Europea e gli artt. 13 e 16 della Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, che modifica la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ostino ad un’interpretazione secondo cui il diritto alla remunerazione adeguata previsto dall’art. 13 della Direttiva 82/76/CEE a favore dei sanitari che svolgano l’attività di formazione, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, e sempre che sussistano tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea, spetta anche ai medici che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione in anni precedenti l’anno 1982, e che siano in corso all’i gennaio 1983. Se il diritto al risarcimento del danno per il ritardo nel recepimento della Direttiva suindicata da parte dello Stato italiano compeny di conseguenza, anche a detti sanitari, limitatamente alla frazione di risarcimento successiva all’i gennaio 1983». 32. Istanza di trattazione con rito accelerato. In base all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 25 settembre 2012, si richiede che il presente rinvio pregiudiziale sia deciso con procedimento accelerato. Sussistono ragioni serie e specifiche che impongono di rimuovere in tempi brevi gravi incertezze su questioni fondamentali di rilievo, anche costituzionale, nazionale, quali sono quelle implicate nella questione pregiudiziale, inerente al significato da attribuire al diritto dell’Unione europea in una delicata materia, da tempo regolata dal diritto dell’Unione. L’ampiezza del contenzioso pendente dinanzi alle Sezioni semplici di questa Corte – che ha dato luogo a ben tre remissioni alle Sezioni Unite per dirimere contrasti di giurisprudenza tra le stesse – avente ad oggetto controversie sul trattamento retributivo dei medici specializzandi, riconosciuto dalla normativa europea fin dal 1982, e vertenti sull’applicazione di tale normativa, attesta un grave e perdurante stato di incertezza sull’ambito della tutela giurisdizionale dei diritti dei cittadini riconosciuti dal diritto dell’Unione e sulla stessa portata ed efficacia di tale diritto. Siffatta incertezza è opportuno dirimere in maniera sollecita, onde evitare che si consolidi una giurisprudenza nazionale che, provenendo da un giudice di ultima istanza, qualora in contrasto con il diritto dell’Unione, rischia di essere accolta in numerose altre pronunce giudiziarie.
P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, visto l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, chiede alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione europea indicate nel paragrafo 31 della motivazione; chiede che la questione pregiudiziale sia decisa con procedimento accelerato; sospende il giudizio sino alla definizione delle suddette questioni pregiudiziali; ordina la trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti dei giudizi, alla cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea.