Pari opportunità: medici e magistrati a confronto

C’è un filo di continuità che lega le problematiche di pari opportunità in segmenti così differenti della vita professionale quotidiani come quelli della medicina e della magistratura? Avere a che fare con malattie e farmaci oppure con leggi, norme e reati è possibile anche per le donne, ovviamente, ma con quale “potere” di rappresentanza? Abbiamo provato a far interagire i due mondi intervistando Cristina Tedeschini, Procuratore Aggiunto della Procura della Repubblica di Pescara e componente della Commissione Pari Opportunità del Consiglio Giudiziario della Corte d’Appello di L’Aquila.

Procuratore Tedeschini, recentemente Elsa Fornero, ministro per il Welfare e per le Pari opportunità ha detto: «Le quote sono la negazione del merito, ma se certi processi non avvengono spontaneamente – e il tempo, al Paese, è stato dato – allora bisogna agire con una spinta più forte». Come vede lei la questione delle “quote rosa”?
Quanto più siamo preparate, motivate, impegnate nella vita professionale, tanto più proviamo un’istintiva repulsione per sistemi normativi di “aiuto” come le quote. La scarsa presenza femminile ai vertici delle Organizzazioni – tutte: private e pubbliche, rappresentative e non – è un problema concretamente esistente in tutta la Società, che forse perde risorse preziose per colpa di meccanismi di selezione vischiosi o comunque poco trasparenti.

Come devono essere quindi considerate le quote di genere?
Vedo la questione di genere, come tutti i giuristi, in primo luogo come questione di uguaglianza. Apparentemente le “quote” violano il principio di uguaglianza e per questo motivo d’istinto piacciono poco. Una corretta applicazione del principio postula però un’attenta verifica dei presupposti, laddove forte è il rischio di trattare nello stesso modo situazioni diverse. Non c’è peggiore ingiustizia dell’uguaglianza tra diseguali.

E quindi?
In realtà l’approccio corretto alle questioni di genere non è partire da una presunta eguaglianza, che non esiste, ma recuperare la diversità come presupposto e come valore. In quest’ottica le “quote” possono certamente essere considerate uno strumento di promozione dell’uguaglianza, anche per la forza propulsiva che il diritto ha in sé.
Le norme condizionano le nostre vite e la nostra cultura. Alcune norme non si limitano a dettare una disciplina, hanno anche la capacità di “ spingere” la collettività a riflettere. La disciplina delle “quote” vuole dire alla Società civile che la diversità di genere è una ricchezza, un valore, non è un fatto privato di donne che vogliono fare carriera, ma una chance per la collettività, di recuperare risorse che potrebbero malamente andare perdute.

Trova similitudini fra il mondo del lavoro della Medicina e quello della Magistratura?
La professione del Medico e quella del Magistrato hanno numerosi elementi di affinità. Si tratta di professioni che richiedono elevata scolarità e continuo aggiornamento professionale, esercitate nell’ambito di strutture organizzative complesse e pubbliche. Sono attività di grande responsabilità, in virtù della qualità dei “beni” che amministrano. in entrambe le professioni si registra una sempre crescente presenza femminile e vi è lo stesso deficit di donne nelle posizioni apicali”.

Come incide la professionalità di Magistrato sulla gestione delle Pari Opportunità in Magistratura?
Le donne hanno dovuto attendere il 1965 e un intervento della Corte Costituzionale, per accedere al concorso in Magistratura. Peraltro, posto che con le norme ci lavoriamo quotidianamente, abbiamo ben presto affrontato le questioni sul piano normativo. Abbiamo promosso la costituzione di CPO presso il CSM già nella metà degli anni 90 e abbiamo lavorato moltissimo sulle normative di “conciliazione”. Le donne, in Magistratura come altrove, hanno nel lavoro motivazioni e aspettative diverse. Cercando una conciliazione fra valori complessi non vogliono rinunciare né alla “ cura” né alla carriera. Per fare fronte alle assenze per maternità abbiamo ottenuto la creazione della figura del”magistrato distrettuale”; criteri flessibili per la distribuzione interna del lavoro. Per rendere più compatibile esercizio della funzione e famiglia; abbiamo promosso asili nidi presso grandi sedi giudiziarie e altro ancora.

Come sono distribuite oggi le donne in Magistratura?

Sugli incarichi non direttivi la presenza femminile è oggi uniforme; per quanto riguarda gli incarichi direttivi e semi – direttivi una certa progressione si è avuta recentemente, come effetto riflesso di interventi legislativi sull’Ordinamento giudiziario, per la temporaneità degli incarichi (Decreto legislativo 260/2006 modificato dalla LEGGE 30 Luglio 2007 , n. 111 – Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario). Oggi in magistratura ogni specifico incarico direttivo cessa trascorsi otto anni.
Questa riforma ha messo in campo un po’ di spazio per le donne. Gli incarichi più importanti, però, sono ancora di stretta competenza maschile. Per questo continueremo ad affrontare le questioni di genere con forza ed impegno…ma anche con quel pizzico di allegria e di ironia che proprio la nostra diversità ci consente.

Nel recente rinnovo degli Ordini Provinciali dei medici le presidenti erano due e due sono rimaste. Gli esecutivi dei Consigli degli Ordini sono al 65% totalmente maschili, anche in consigli con una paritetica presenza femminile. Voi donne Magistrato cosa prevedete per gli organi di rappresentanza?
Abbiamo modificato lo Statuto dell’Associazione Nazionale Magistrati. Le quote di chance per le candidature di ciascun genere alle elezioni del Comitato Direttivo Centrale sono aumentate al 50%. Abbiamo anche introdotto quote di risultato, nella misura del 30% degli eletti: avremo quindi almeno il trenta % degli eletti di genere femminile. Abbiamo ritenuto che lo strumento delle quote fosse, riguardo agli Organi rappresentativi, un fondamentale, per quanto parziale, mezzo per l’effettivo raggiungimento della uguaglianza e per la diffusione della cultura e della pratica delle Pari opportunità.

Autore: Redazione FNOMCeO

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