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Napoli, il report sull’incontro “Salute, ambiente e prevenzione primaria”

“Non vi voglio parlare di nucleare, di gassificatori o di navi inquinanti nel porto di Napoli, perché sono problemi quotidiani. Voglio parlarvi dell’art 5 del nostro codice deontologico”: con queste parole Gabriele Peperoni, presidente OMCeO del capoluogo partenopeo e segretario nazionale FNOMCeO, ha aperto il corso “Salute, ambiente e prevenzione primaria”, tenuto nella sede dell’Ordine napoletano lunedì 15 febbraio.

Un richiamo forte a una visione coraggiosa e anticipatrice di mille emergenze, quello espresso da Peperoni ed infatti il corso-convegno ha ruotato attorno alle parole di questo articolo del Codice – “Il Medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico e tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva” – con molteplici citazioni e altrettanti plausi da parte dei vari relatori, anche perché, come ha osservato Peperoni, “in queste righe c’è tutto ciò che il medico dovrebbe fare come cura dei cittadini. E oggi infatti vogliamo domandarci: cosa stiamo facendo come medici per questo? Cosa sta facendo la politica su questi temi?”.

Dopo l’intervento inaugurale del segretario nazionale, si sono susseguite le relazioni, a partire da quella di Roberto Romizi, presidente dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment) che, ricordando la lunga collaborazione con la FNOMCeO (iniziata già nel ’97 e giunta al massimo punto di collaborazione con il Convegno di Padova del maggio 2008, che ha generato, come ha ricordato nel pomeriggio Gaetano Divezzi, altro esponente ISDE, la Carta di Padova sulla tutela di ambiente e salute) ha ripercorso le tappe della vita della società, nata nel 1990 sulla spinta di Lorenzo Tomatis (epidemiologo illustre, scomparso nel 2007; qui un suo ricordo).

Romizi ha poi ripreso i famosi dati OMS del 1997, che stimavano già “che il 24% delle malattie e 23% delle morti potesse essere attribuito a fattori ambientali e che sono circa 110.000 le sostanze prodotte dall’uomo che si accumulano nell’essere umano e possono produrre trasformazioni gnomiche, una pandemia silenziosa, dati preoccupanti e che ci hanno mosso a proseguire nel nostro lavoro con sempre maggior convinzione”. Tra le campagne ISDE realizzate in questi anni, Romizi ha voluto ricordare quella sul diritto del bambino a non essere “inquinato” – campagna lanciata nel 1998 – fatta propria dal Comitato nazionale di bioetica, basata sul dato allarmante dell’incremento dei tumori dell’infanzia, negli ultimi 20 anni, cresciuto in Europa dell’1,2%. Campagne rilevanti, che vanno ormai di pari passo con i punti di forza della società, che Romizzi così sintetizza “presenza in tutti gli ambiti di intervento, credibilità dei medici che ne fanno parte, unicità di un’organizzazione ormai internazionale di medici per la salute e l’ambiente”. “Siamo orgogliosi delle provocazioni che ISDE sta lanciando: campagne educative sui limiti dell’epidemiologia, sul concetto di effetto soglia e di rischio accettabile, sui limiti della tecnologia, su crescita economica e società della decrescita. Le nostre sono azioni di proposta e di pressione nei confronti della politica fondate su criteri scientifici: la qualità del nostro lavoro è la nostra carta d’identità e su questa base contiamo di coinvolgere numeri sempre maggiori di colleghi in Italia e in Europa”.

La presentazione ISDE, applauditissima, è stata seguita dalle relazioni di Antonio Giordano e Massimo Crespi, che hanno presentato con approccio epigenetico Studi e ricerche sui dati tumore mammella, riportando altresì i dati dei 117 programmi di screening mammografico attivi in 18 regioni italiane. Parlando di dati, Paolo Vincenzo Pedone ha sottolineato che “nella popolazione italiana non c’è ancora sensibilità adeguata sul tema del danno ambientale; convinciamoci noi e convinciamo i cittadini che c’è un grave momento di rischio per la salute uomo”. E, visto che l’epidemiologia ambientale è ancora una scienza giovane, complessa e multidisciplinare, Pedone ha indicato le strade da battere: “impegnamoci per una migliore definizione delle sostanze inquinanti, per una migliore comprensione degli effetti biologici degli inquinanti, per una migliore comprensione della localizzazione delle fonti di inquinamento e per un’attenta e ampia analisi epidemiologica. Essenziale in tutto questo è l’interazione tra i saperi”.

Successivamente, tra le più seguite, è arrivata la relazione di Ernesto Burgio, genetista siciliano che ha approcciato il tema dell’incremento dei tumori infantili, seconda causa di morte dei più piccoli nei Paesi occidentali, presentando le neoplasie come prodotti finali di un lungo percorso e concludendo con una frase di Albert Einstein: “un uomo intelligente risolve i problemi, ma un uomo veramente saggio, li evita”. Si sono poi succeduti gli interventi di molti esperti e ricercatori, tra cui Gennaro D’Amato, con uno straordinario excursus del rapporto tra Patologie respiratorie e Allergie da inquinamento, e di Tonino Pedicini, direttore generale dell’Istituto Pascale, che ha anticipato l’avvio a Napoli di un master di secondo livello su cancro e ambiente e l’apertura di una linea di ricerca sui cancerogeni ambientali.

Tra le relazioni più rilevanti anche quella di Giuseppe Miserotti, presidente OMCeO di Piacenza, da tempo estremamente attivo sui temi del nucleare e della sua pericolosità. Dati, cifre, fatti, partendo dalle immissioni radioattive (“oltre 160.000 sono le persone esposte alle radiazioni dei test atroci francesi in Polinesia e nel Sahara”), per proseguire sulle centrali nucleari (“Sono 441 nel mondo e producono il per il 17% dell’energia elettrica totale”), proseguendo sui problemi dei raionuclidi (“quelli eliminati dalle centrali nucleari e che entrano nelle catene alimentari sono cesio, cobalto, iodio, radio, stronzio, kripton, argon, xeno, trizio, carbonio14”) per finire con i vari incidenti alle centrali da Chernobyl 1986 (con cifre mai chiarite di morti per lo più di cancro alla tiroide: dai 4000 dichiarati ai 34.499 “addetti alla pulitura” deceduti negli anni immediatamente successivi) a Three Mile Island nel ’79. Discordanze sui dati, omissioni e silenzi preoccupano sia in Europa che negli States, al punto da condurre Miserotti a una considerazione finale: “purtroppo la cultura della sicurezza e della sostenibilità frana su ragioni politiche, strategiche, economiche ed assicurative”.

Le sessioni, mattutina e pomeridiana, hanno visto anche lo spazio di due tavole rotonde a cui hanno partecipato, tra gli altri Antonio d’Avanzo, presidente OMCeO di Avellino, e Vincenzo Luciani, presidente OMCeO di Benevento, entrambi convinti nell’affermare la necessità di un lavoro interprofessionale e integrato per l’ambiente.

E’ intervenuto anche l’Assessore regionale ambiente, Walter Ganapini, tra i fondatori di Legambiente ed ex presidente di Greenpeace, in un misto di delusione e di “affidamento ai posteri”: “Pongo il tema dell’informazione: in Campania non è stato possibile dare corpo a leggi della regione stessa, tra cui l’osservatorio su ambiente e legalità. Lo dico con una certa delusione, affinché si sappia che certe cose sono state tentate, ma a volte è la stessa amministrazione pubblica a non saperle realizzare”.

Platea affollatissima, tanti interventi, qualità notevolissima delle relazioni. E ha fatto ancor più effetto, alla luce dell’andamento del convegno, ascoltare uno degli ultimi interventi dalla voce di una giovanissima dottoressa membro dell’ISDE, Flora Miccillo, che, fresca di laurea, ha ricordato quanto le tematiche del rapporto salute-ambiente “siano assenti nelle aule universitarie e nei percorsi formativi”. Proprio da queste parole ha preso l’avvio Amedeo Bianco, per concludere i lavori napoletani: “L’interesse verso questa materia è nuovo e sta trovando la sua epistemologia, la sua metodologia. Questo a mio parere è un dato improntate perché fa uscire dall’indeterminatezza la materia stessa. In questo senso credo sia essenziale il richiamo forte al momento formativo: nel nostro Paese continuiamo a formare un medico non attrezzato e forte sulla medicina preventiva, per cui bisogna portare nella cultura formativa della professione i nuovi paradigmi del presente, di cui le tematiche ambientali oggi affrontate sono parte importante”.

“Mi ha colpito poi”, ha proseguito il presidente FNOMCeO, “la pacata e serena denuncia da parte dell’assessore regionale, che mostra la fatica che fa la politica a rappresentare i cittadini rispetto a certe questioni che riguardano la salute. Se mettiamo insieme le due cose, formazione e informazione, comprendiamo come davvero l’azione su salute e ambiente sia materia sia complessa e necessaria”. Conclusione di Bianco, nel forte richiamo dei lavori della Federazione durante i giorni tragici dei rifiuti a Napoli (leggi qui): “Nel 2008 il nostro incontro qui a Napoli, in piena emergenza rifiuti, fu un confluire di competenze. In quella circostanza lanciammo alcune parole d’ordine, tra cui quella dei medici sentinella, moderate e responsabili. La strada che dobbiamo percorrere è rimasta quella, di coinvolgimento, di capacità di informare e comunicare con responsabilità e sobrietà: questo è il nostro obiettivo, ricordandoci sempre che i medici hanno tra le mani i diritti civili più qualificanti”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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