La suprema Corte ha affermato la nullità del giudizio della CCEPS svoltosi con la partecipazione di soli quattro componenti. Posto che ai sensi dell’art 17 del D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, fanno parte della Commissione centrale un membro del Consiglio superiore di sanità e un funzionario dell’Amministrazione civile dell’interno di grado non inferiore al sesto e “..a) per l’esame degli affari concernenti la professione dei medici chirurghi, un ispettore generale medico ed otto medici chirurghi, di cui cinque effettivi e tre supplenti” e che per l’atto di nomina non assume più la forma del D.P.R., ma quello del D.P.C.M., in forza della L. 12 gennaio 1991, n. 13, art. 2 ai sensi del quale “Gli atti amministrativi, diversi da quelli previsti dall’art. 1, per i quali è adottata alla data di entrata in vigore della presente legge la forma del D.P.R., sono emanati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto ministeriale, a seconda della competenza a formulare la proposta sulla base della normativa vigente..”, si rileva che, se appaiono legittime le decisioni adottate dalla CCEPS con un numero di componenti pari o superiore a quello minimo di cinque, sussiste la non legittimità di una soluzione che consenta di superare la previsione in merito al numero minimo dei partecipanti alla decisione, previsione a presidio della quale è peraltro posta la sanzione della validità della decisione stessa.
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