Adulti e autistici: gli invisibili

In un articolo del New York Times, lo scrittore americano Eli Gottlieb affronta un problema rimasto sempre a margine nelle agende di politica sanitaria: l’autismo in età adulta e il vuoto che gli sta intorno. In Italia la situazione non è diversa (fatta salva un’eccezione?)

Gottlieb è uno scrittore di narrativa ed è anche il fratello di una persona autistica adulta. Per questo l’autismo ha una parte da protagonista anche nei suoi libri di fiction (vedi).E per questo il suo articolo (vedi),oltre a essere un resoconto in prima persona con tutti i riverberi emotivi del caso, è un consuntivo, lucido e realistico, di una questione che non riguarda solo gli Stati Uniti.

Secondo l’autore, in termini di spesa complessiva, i fondi che il governo centrale riserva all’autismo sono “considerevoli”: il Combating Autism Act, approvato nel 2006 dall’amministrazione Bush e rinnovato nel 2014 dall’amministrazione Obama (che ne ha anche, ragionevolmente, cambiato il nome in Autism Cares Act), avrebbe autorizzato una “generosa quantità di risorse per diagnosi, intervento precoce, formazione, ricerca”. Si tratta di fondi variamente destinati a iniziative del governo federale e dei singoli stati, che però difficilmente andranno a beneficio della popolazione adulta. Perché la popolazione adulta non rientra tra le priorità di spesa.

«Non c’è alcun dibattito nazionale serio – scrive Gottlieb – sul destino delle persone autistiche come mio fratello, di mezza età o anziane, che vivono in comunità terapeutiche, o insieme ai loro genitori anziani oppure in gruppi famiglia, oppure nelle cliniche psichiatriche, ancora senza diagnosi. Quando si tratta di popolazione adulta, i finanziamenti per la ricerca sono irrisori e non c’è sostanzialmente dibattito pubblico sulle decisioni politiche che li riguardano. Sappiamo poco degli specifici problemi di salute che possono insorgere nel lungo periodo, o di come l’autismo progredisca e cambi nel tempo, o di quali possano essere gli effetti cumulativi dei farmaci che li rendono trattabili a sufficienza per vivere nei contesti sociali».

Mancano quindi studi longitudinali per rilevare gli effetti a lungo termine dei farmaci, programmi abilitativi che accompagnino la persona per tutto l’arco della vita, formazione, e molto altro. Per ogni aspetto dell’autismo in età adulta ci vorrebbe qualcosa che ora non c’è. «Ma niente arriverà in tempo per avere un impatto sulla vita di mio fratello»,conclude l’autore.

Al di qua dell’oceano stato dell’arte e timori sono gli stessi. Da noi sono stati i papà a fare “outing” per primi: Franco Antonello (vedi),Gianluca Nicoletti (vedi), Gianfranco Vitale (vedi).Tutti e tre hanno scritto almeno un libro per spiegare nel dettaglio come si traduce l’autismo “autogestito” nella quotidianità istituzionalmente solitaria dei genitori, e ciascuno prosegue con blog, social network, dibattiti pubblici,iniziative di collaborazione con imprese, lettere aperte.

Nonostante le differenze di sistemi sanitari e tutele giuridiche tra un paese e l’altro, il coro dei familiari “militanti” loro malgrado mostra una certa stolida compattezza, nel denunciare il vuoto che segue la maggiore età. In questo quadro l’eccezione è la proverbiale a conferma della regola? Alle cronache risulta un solo esempio: attivato nel 2009 dall’Asl TO2 di Torino, l’Ambulatorio per i Disturbi dello Spettro Autistico in età adulta ha coperto esigenze territoriali sempre più ampie, fino a diventare centro pilota regionale. Un servizio che per molti pazienti “psichiatrici”, e per moltissime famiglie, ha rappresentato il primo contatto in assoluto con l’autismo. E che finora ha tenuto, nonostante alla copertura regionale sia corrisposto un aumento minimo delle ore di servizio e del personale: la congestione delle liste d’attesa (fino a un anno per una prima visita), il rischio di chiusura, l’esasperazione delle famiglie, la pressione delle associazioni di settore. Alle amministrazioni locali si è chiesto che il trattamento dell’autismo venisse inserito negli atti di programmazione aziendale di tutte le Asl cittadine, a cominciare dalla TO2 cui fa capo l’ambulatorio. Direzioni sanitarie e assessorato alla sanità hanno ufficiosamente dato rassicurazioni, ma nel frattempo è stata indetta una petizione.

Perché la denuncia di ciò che manca e la difesa di ciò che esiste sono due aspetti della stessa realtà, in cui si chiedono le stesse cose con la stessa urgenza, al di qua o al di là dell’oceano: che le eccezioni diventino modelli e gli autistici adulti un po’ meno invisibili.

S. Boggio 

Autore: Redazione FNOMCeO

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