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Un cerotto nanotecnologico contro l’obesità?

Trasformare il tessuto adiposo da fattore di rischio per la salute in un’opportunità per vivere meglio e più a lungo. Un sogno? Per ora di sicuro sì ma in un futuro prossimo forse una reale possibilità offerta dalla scienza e dalla tecnologia. Nei topi è infatti possibile ridurre tutti i fattori negativi scatenati dalla presenza in eccesso del deposito di grassi che la natura ha messo a disposizione per proteggere, non per condannare ad una morte precoce causata da malattie di natura cardiovascolare e, secondo alcuni rilievi clinico-sperimentali, anche oncologica.

Il tessuto adiposo assolve infatti ad una funzione strutturale e meccanica: occupa interstizi, riveste i nervi, i vasi ed i muscoli foderandoli. Funge poi da cuscinetto protettivo in parti del corpo diverse in base all’età e al sesso. Il grasso corporeo contribuisce poi alla termoregolazione essendo un cattivo conduttore di calore e rappresenta anche una riserva energetica sempre disponibile.

Per i ratti (dato che si conosce da anni) l’obiettivo di trasformare l’adipe da fattore di rischio in fattore protettivo si raggiunge facilmente già con la dieta. Basta inibire nel cervello di questi roditori la produzione di una proteina che stimola l’appetito, e questi animali oltre a dimagrire riescono a convertire il grasso bianco in grasso bruno, nella forma istologica, cioè, che più facilmente permette di utilizzare il tessuto adiposo per produrre energia (vedi). Si sa da molto tempo che ratti, topi e mammiferi che vanno in letargo, per superare le difficoltà di reperimento di cibo durante la stagione invernale, sviluppano depositi di grasso bruno che utilizzano per sopravvivere durante la stagione dell’anno più fredda e inclemente e che l’entità di quei depositi viene incrementata con la dieta nel periodo immediatamente precedente il letargo (vedi).

Per gli esseri umani  (vedi), (vedi) che possiedono evidenti depositi di grasso bruno alla nascita, la semplice riduzione di calorie indotta con la dieta e con l’incremento del consumo calorico provocato dal movimento (pur aiutando l’organismo ad acquisire profili metabolici più fisiologicamente accettabili) non ha invece lo stesso eclatante effetto registrato sui roditori usati frequentemente come modello sperimentale animale. Gli individui della nostra specie, infatti, col passare degli anni conservano soltanto qualche traccia di grasso bruno. Recentissime ricerche hanno tuttavia dimostrato che la massa di grasso bruno negli umani, col passare degli anni diminuisce (sino a diventare persino difficile da identificare) ma non sparisce. (vedi).

“Seale et al. (2008) –come si può leggere nello stesso link- hanno descritto l’esistenza di due popolazioni di tessuto adiposo bruno: quello “classico” (per es. interscapolare) e quello “reclutabile” sparso tra i depositi di tessuto adiposo bianco. Petrovic e collaboratori (2010) hanno denominato questo terzo tipo cellulare, adipociti “brite” (“brown-in-white”) o adipociti beige, le cui caratteristiche, proprietà e funzioni sono intermedie fra i due tipi”.

Un articolo scientifico (vedi), divulgato con grande enfasi da testate mediche e generaliste nella seconda metà dello scorso settembre, annunciava la prossima messa in commercio di un innovativo presidio medico che utilizzando la via della microinfusione cutanea, mettendo in circolo rosiglitazone e un agonista dei recettori beta adrenergici, sarebbe in grado di favorire la trasformazione del grasso bianco in grasso bruno: ma per ora soltanto nei topi. Questo mix consente (ma sempre soltanto nei topi) di ridurre del 20% la massa grassa corporea favorendo contemporaneamente un abbassamento della glicemia.

Molto più interessante il mezzo di somministrazione usato per il farmaco nella sperimentazione animale: un cerotto di un solo centimetro quadrato, ricoperto di micro-aghi in grado di incapsulare in strutture di 250 nm di diametro il farmaco per poi veicolarlo a rilascio lento nella cute.

La grande enfasi con cui è stata ripresa la notizia della ricerca, che prova la possibilità di trasformazione localizzata di grasso bianco in grasso bruno nei topi, deriva dai dati più recenti sull’obesità: un’epidemia silenziosa che sta colpendo persino le popolazioni salvate recentemente dalla fame. Soltanto un dato, che si riferisce all’Europa, può da solo chiarire l’entità di questa emergenza sanitaria: l’OMS (dati del 2014) stima che oltre il 60% dei bambini sia in sovrappeso prima della pubertà.


www,torinomedica.com

Autore: Redazione FNOMCeO

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