La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo.
Secondo la Consulta, l’art. 116 Cost., il quale disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia, deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana, dunque tenendo conto di principi fondamentali quali solidarietà, cooperazione e salvaguardia dell’unità nazionale.
I Giudici hanno chiarito che l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.
Alla luce di tali considerazioni, la Consulta ha, quindi, ritenuto incostituzionali la trasferibilità di materie o ambiti di materie tramite intese tra Stato e regioni e successive leggi di differenziazione, poiché la Corte reputa che la devoluzione dovrebbe riguardare funzioni legislative e amministrative specifiche, giustificate in relazione a ciascuna regione, secondo il principio di sussidiarietà.
Con riferimento alla materia professioni di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione la Corte Costituzionale afferma che “…Sussistono consistenti ostacoli anche al trasferimento delle funzioni relative alla materia “professioni”…Peraltro, la natura complessa e tecnica dei servizi forniti e la circostanza che l’esercizio della professione sia regolamentato non possono mettere in discussione tale conclusione (sentenze del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, in causa C-1/12, punto 38, e ancora Lietuvos notaru rūmai e altri, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Trattandosi di attività economica, anche le attività professionali, da un lato, sono sottoposte alle regole della concorrenza poste dallo Stato nell’esercizio della relativa competenza diretta a tutelarla e, dall’altro, rientrano nell’ambito della tutela del consumatore, che forma oggetto di regolamentazione analitica da parte del diritto eurounionale. Ciò vale soprattutto per le professioni ordinistiche, che – quanto alle regole di accesso e quindi al relativo mercato – cadono nella materia «tutela della concorrenza»; anche se non si può escludere la possibilità di una differenziazione in riferimento a quelle professioni non ordinistiche che presentano nessi con la realtà locale…”. L’art. 3, comma 3, della legge impugnata stabilisce che la determinazione dei LEP non avvenga in tutte le materie di cui all’art. 116, comma 3, Cost. ma solo in quelle ivi elencate, risultando escluse tra le altre la materia delle “professioni”.
Spetta, dunque, al Parlamento colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, in modo da garantire la corretta funzionalità della l. 86/2024. Viene, infine, ribadita dalla Corte la sua competenza a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, nel caso in cui venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale.