Corte di Cassazione Ord. 27/12/2024, n. 34535 – Medici specializzandi

La Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto per cui il “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica previsto dall’art. 35 del D.P.R. n. 271 del 2000, deve ritenersi ontologicamente diverso dalle “indennità percepite per le trasferte” di cui all’art. 51, comma 5, T.U.I.R., le quali consistono in spostamenti temporanei dal luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata, spostamenti intervenuti su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro; né esso rientra in alcuna delle ipotesi legali di deroga al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro previsto dall’art. 51, comma 1, T.U.I.R..

La Cassazione ha ravvisato la natura non reddituale degli emolumenti in questione, ritenuti non costituenti reddito imponibile, purché percepiti a titolo di rimborso spese, nella specie affermando che in tema di imposte sui redditi, il rimborso delle spese di trasferta ex art. 51, comma 5, D.P.R. n. 917 del 1986, può essere analitico, se ancorato agli esborsi, per vitto, alloggio e viaggio, effettivamente sostenuti e adeguatamente documentati dal dipendente, ovvero forfettario, se operato attraverso il riconoscimento di una provvista di denaro per sostenere le spese di vitto e alloggio, con la conseguenza che, mentre nel primo caso il rimborso non determina alcuna tassazione in capo al dipendente, nel secondo l’importo che oltrepassi il limite massimo previsto dall’art. 51 concorre alla formazione del reddito di lavoro.

Autore: Chiara di Lorenzo - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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