Legittimità dell’iniziativa disciplinare

Cassazione PenaleLegittimità dell’iniziativa disciplinareNota di contestazione e contestuale sospensione dal servizio adottata dai dirigenti Asl nei confronti di un medico che ha posto in essere comportamenti non rispettosi di regole deontologiche e professionali. La Corte di Cassazione ha affermato che la potestà disciplinare non riceve legittimità dal fatto che sia stata preceduta da iniziative analoghe o dal fatto che poggi su provvedimenti antecedenti di contenuto sanzionatorio, i quali rilevano a carico dell’incolpato – per la prova, che essi forniscono, della persistenza nell’illecito – e non già a carico dell’accusatore. Né la legittimità dell’iniziativa disciplinare è esclusa dalla "risalenza", nel tempo, delle condotte incriminate, allorché sia l’abitualità a connotare di illecito comportamenti altrimenti neutri o tollerabili. Sentenza n. 35022/15

FATTO:Il Giudice di pace di Bari, con sentenza confermata dal locale Tribunale, ha assolto Z.V., L.D. e Pe.Pa. dal reato di ingiuria loro contestato in danno di P.G. per aver agito nell’adempimento di un dovere.I tre, nella loro qualità (rispettivamente, nell’ordine: Direttore dell’Area Gestione del Personale, Direttore Generale della Asl Bari (OMISSIS) e Direttore Sanitario), erano stati firmatari di una nota – diretta al P., medico chirurgo odontoiatrico in servizio presso la predetta ASL – di contestazione e contestuale sospensione dal servizio, contenete espressioni del seguente tenore: "La sua condotta è stata in più occasioni…contraria all’arte medica e di disdoro per la classe medica e per questa Azienda, a causa dei rapporti disrelazionanti avuti sia con l’utenza che con il personale medico e non medico del Distretto Socio-Sanitario di appartenenza, che evidenziano un grave disturbo della personalità (aggressivo, chiuso, scarso controllo emotivo)". Espressioni chiaramente lesive dell’onore del destinatario.I giudici rilevano che nella nota, diretta personalmente al P., erano contestati, in prima battuta, episodi – occorsi tra l’11 giugno 2002 e l’8 febbraio 2005 – che avevano coinvolto il P. con pazienti del presidio, ai quali il medico avrebbe reso prestazioni approssimative, a volte invitandoli con fare aggressivo a rivolgersi ad altre strutture, a volte continuando a compilare cruciverba o a leggere il giornale durante le visite. Ha presentato ricorso per Cassazione nell’interesse della persona offesa l’avv. A. L.M. Z.

DIRITTO: Il ricorso non merita accoglimento. Nessuna "eccedenza" rispetto allo scopo della nota è dato ravvisare nel linguaggio adoperato dagli autori della stessa, perché funzionale alla perimetrazione dell’accusa, necessaria al completo dispiegamento del diritto di difesa. Non ha fondamento, infatti, l’affermazione che la "nota" esprima giudizi, invece che rappresentare "fatti", giacché, stante la particolare natura e lo specifico oggetto del giudizio disciplinare (che, contrariamente al processo penale, riguarda non solo fatti specifici, ma anche condotte non tipizzate), il "disdoro" per l’Azienda e l’arte medica e la violazione delle regole deontologiche (nel rapporto coi colleghi, col personale ausiliario e coi pazienti) rappresentano proprio i "fatti" di cui, secondo il ricorrente, si doveva far menzione nella contestazione. A ciò va aggiunto che la "nota" in questione non aveva solo la funzione di avviare il procedimento disciplinare, ma, come è chiaramente detto in sentenza, anche quella di disporre la sospensione, temporanea, di P. dal servizio, per cui le espressioni in esse contenute erano altresì giustificate dallo scopo predetto, costituendo motivazione del provvedimento cautelare adottato. La potestà disciplinare non riceve legittimità dal fatto che sia stata preceduta da iniziative analoghe o dal fatto che poggi su provvedimenti antecedenti di contenuto sanzionatorio, i quali rilevano a carico dell’incolpato – per la prova, che essi forniscono, della persistenza nell’illecito – e non già a carico dell’accusatore. Né la legittimità dell’iniziativa disciplinare è esclusa dalla "risalenza", nel tempo, delle condotte incriminate, allorché sia l’abitualità a connotare di illecito comportamenti altrimenti neutri o tollerabili. La Corte di Cassazione rileva infine che rappresenta, invece, una vera e propria distorsione delle regole della logica e dei principi di diritto attribuire ai redattori della "nota" (o ai giudici di merito) l’utilizzo abusivo di informazioni – relative alla personalità e allo stato di salute di P. – provenienti da medici della stessa struttura sanitaria dell’incolpato, dal momento che quelle informazioni erano state regolarmente acquisite attraverso una procedura stabilita dalla stessa ASL (compilazione del c.d. "questionario di personalità" denominato MMP2) e proprio al fine di saggiare l’idoneità di P. allo svolgimento dei delicati compiti connessi alla sua funzione

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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