Corte di Appello di Salerno Sent. n. 758/17 – Natura giuridica degli Ordini professionali – Gli Ordini professionali possono qualificarsi come centri di potere amministrativo ai quali lo Stato attribuisce la possibilità di perseguire, sulla base di scelte autonome ma non per questo esenti da controlli, obiettivi di interesse della comunità oltre che della consociazione. Tali enti sono certamente soggetti alla disciplina legislativa generale per quanto attiene al regime degli atti che emanano nell’esercizio delle loro potestà pubblicistiche; al contempo, però, godono di una estesa autonomia, come riflesso della loro natura associativa. Si tratta di autonomia normativa ed autodichia, là dove vi è attribuzione di funzioni giurisdizionali; di autonomia amministrativa ed organizzativa, per la capacità degli Ordini di provvedere da se stessi alla propria amministrazione; di autonomia finanziaria, per la caratteristica che è propria degli Ordini di non gravare sulla spesa pubblica generale, ma di finanziarsi integralmente attraverso i contributi degli iscritti. Ciò detto, in tema di reati contro la P.A., gli Ordini professionali devono ritenersi enti pubblici deputati alla tutela degli interessi della categoria che rappresentano, e conseguentemente il direttore amministrativo e l’impiegato di uno dei suddetti Ordini possono assumere la qualifica di pubblico ufficiale.
FATTO E DIRITTO:Con sentenza emessa il 17.4-16.6.2014 dal Tribunale di Salerno, in composizione collegiale, C. R., S. R. e F. A. sono stati dichiarati penalmente responsabili del reato ex art. 323 c.p., indicato nell’imputazione, e, concesse le circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, sono stati condannati alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi sei di reclusione (C. R.), anno uno di reclusione (S. R.) e mesi otto di reclusione (F. A.), oltre al pagamento delle spese processuali. Essi sono anche stati condannati, in solido, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese nei confronti della costituita parte civile, nonché a corrispondere alla stessa una provvisionale di 6.000,00 euro. L’altra imputata S. G. è stata assolta. La vicenda di cui al capo A) vede coinvolto C. R., all’epoca dei fatti presidente del consiglio direttivo del Collegio dei Geometri di Salerno, e la di lui figlia S., anch’ella geometra. il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di abuso di ufficio, a carico di C. e S. R., rilevando, in primo luogo, che, al tempo, il primo rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale, in quanto il Collegio dei Geometri, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68, ha natura di ente pubblico non economico ed è soggetto, quindi alle disposizioni del d. lgs. 165/2001 in materia di reclutamento del personale. Il Tribunale ha ritenuto che l’intenzione di arrecare vantaggio alla beneficiaria dell’abuso sia stato palese e di intuitiva percezione, stante il rapporto di strettissima parentela intercorrente fra i due protagonisti della vicenda, tanto è vero che gli imputati si sono difesi allegando l’utilità, per l’ente, dell’assunzione, piuttosto che la non esistenza dell’obbligo di astensione. . L’appellante ha sostenuto che il comportamento del R. può essere ritenuto disdicevole dal punto di vista morale, ma non rientra nel novero della punibilità penale. Prendendo abbrivio dalla verifica di esistenza dell’elemento materiale, il primo passaggio logico consiste nello stabilire, in via preliminare, se il Collegio dei geometri sia un ente pubblico e se, quindi, il R., agendo nelle vesti di presidente, abbia assunto le funzioni di pubblico ufficiale. La risposta a tale quesito, difatti, è prodromica a comprendere se l’imputato abbia commesso una violazione di legge (c.d. prima ingiustizia). In ordine a tale questione, giova premettere che i Collegi professionali possono qualificarsi come centri di potere amministrativo ai quali lo Stato attribuisce la possibilità di perseguire, sulla base di scelte autonome ma non per questo esenti da controlli, obiettivi di interesse della comunità oltre che della consociazione. Ne deriva il carattere anfibio degli Ordini o Collegi professionali, racchiuso appunto nella loro definizione di enti pubblici associativi o, secondo altra definizione, di enti ausiliari dello Stato. In sostanza, per un verso gli Ordini sono riconosciuti dal legislatore come veri e propri enti pubblici, appunto perché capaci di adottare atti incidenti in via autoritativa sulla sfera giuridica altrui; per altro verso, però, essi continuano ad essere conformati come enti esponenziali di ciascuna delle categorie professionali interessate, e quindi come organizzazioni proprie di determinati appartenenti all’ordinamento giuridico generale. L’assetto organizzativo degli Ordini non può non risentire di questa loro duplice natura. Tali enti sono certamente soggetti alla disciplina legislativa generale per quanto attiene al regime degli atti che emanano nell’esercizio delle loro potestà pubblicistiche; al contempo, però, godono di una estesa autonomia, come riflesso della loro natura associativa. Si tratta di autonomia normativa ed autodichia, là dove vi è attribuzione di funzioni giurisdizionali; di autonomia amministrativa ed organizzativa, per la capacità degli Ordini di provvedere da se stessi alla propria amministrazione; di autonomia finanziaria, per la caratteristica che è propria degli Ordini di non gravare sulla spesa pubblica generale, ma di finanziarsi integralmente attraverso i contributi degli iscritti. Ora, in applicazione delle sopra menzionate coordinate ermeneutiche, questo collegio ritiene che non vi sia dubbio che la disciplina del decreto legislativo n. 165 del 2001 si indirizzi anche ai Collegi professionali. Tale disciplina riguarda, infatti, il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e non risulta che mai sia stato posto in discussione che in tale categoria debbano rientrare anche i rapporti di lavoro alle dipendenze di tale tipologia di enti. Ebbene, all’interno del “Comparto del personale degli enti pubblici non economici”, il legislatore ha fatto espressamente rientrare il personale “degli ordini e Collegi professionali e relative federazioni, consigli e Collegi nazionali” (art. 3, comma 1, d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68), confermando appunto, per questa via, l’appartenenza degli ordini professionali alla categoria degli enti pubblici non economici, come presi oggi in considerazione dall’art. 1, Comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 ai fini della disciplina del lavoro pubblico. Pertanto, il Collegio dei geometri era tenuto al tempo dei fatti, come è tenuto oggi, al rispetto delle regole previste, per il reclutamento del personale, dall’art. 35 del d. lgs. 165/2001. Ciò detto, in tema di reati contro la P.A., gli ordini professionali devono ritenersi enti pubblici deputati alla tutela degli interessi della categoria che rappresentano, e conseguentemente il direttore amministrativo e l’impiegato di uno dei suddetti ordini possono assumere la qualifica di pubblico ufficiale