Cassazione Penale (Sentenza n. 46588/17) – Segreto professionale – La testimonianza resa da un professionista in violazione dei doveri deontologici in tema di segreto professionale è utilizzabile, non integrando una violazione di disposizioni processuali previste a pena di inutilizzabilità.
FATTO E DIRITTO: Secondo quanto previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 139/05, Costituzione dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili, “gli iscritti nell’Albo hanno l’obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 c.p.p. e l’articolo 249 del c.p.c., salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti”. Di conseguenza sussiste il diritto di avvalersi del segreto professionale anche in relazione alla figura dei dottori commercialisti. Nel caso di specie, tuttavia, dall’articolazione del motivo del ricorso risulta che le dichiarazioni sono state rese senza che il professionista abbia opposto nessun tipo di segreto. Ne consegue la piena utilizzabilità di tali dichiarazioni posto che la testimonianza resa da un professionista in violazione dei doveri deontologici in tema di segreto professionale è utilizzabile, non integrando una violazione di disposizioni processuali previste a pena di inutilizzabilità. Deve inoltre rilevarsi l’infondatezza della ulteriore prospettazione inerente alla necessità di un previo avviso al professionista medesimo in ordine alla facoltà di astenersi. Tale obbligo, previsto dall’art. 199, comma secondo, c.p.p. in relazione ai prossimi congiunti dell’imputato, non è applicabile ai soggetti espressamente indicati nell’art. 200 c.p.p., a norma del quale essi non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvo i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria.