Il decreto sulla revisione della spesa pubblica, che ha come obiettivo dichiarato quello di ridurre gli sprechi senza intaccare servizi e prestazioni, specialmente nella Pubblica amministrazione e nella Sanità, è stato approvato a tempo di record dal Consiglio dei Ministri nella seduta di giovedì, portato alla firma del Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale on line già nella notte tra venerdì e sabato. In pratica, è già in vigore da sabato 7 luglio.
L’urgenza di questi interventi era nell’agenda del Governo da mesi, come ha spiegato lo stesso Presidente del Consiglio Mario Monti, giovedì a notte inoltrata, dopo una seduta del Consiglio dei Ministri durata sette ore. C’è voluto più tempo del previsto per varare il decreto perché “non sono tagli lineari” ha detto Monti. Con il provvedimento “è possibile evitare l’aumento di due punti dell’IVA che sarebbe scattato a ottobre e si potrà evitare l’aumento dei due punti sia nell’ultimo scorcio del 2012 sia nel primo trimestre del 2013”. La misura dell’aumento dell’IVA è pertanto ipotizzabile dal luglio 2013. Complessivamente, la spesa pubblica subirà tagli per 4,5 miliardi per l’anno in corso, 10,5 miliardi per il 2013 e altri 11 miliardi per il 2014: totale 26 miliardi. L’intera struttura dei tagli contenuti in questo decreto è frutto del coordinamento affidato al commissario per i tagli alla spesa pubblica Enrico Bondi. Il decreto si compone di 25 articoli, di cui 23 relativi alle disposizioni, il 24 esimo riguardante la copertura finanziaria ed il 25 esimo che indica la data di entrata in vigore. La spending review non risparmia alcun settore della Pubblica amministrazione.
Che cosa cambia nella Sanità
In particolare, per quanto riguarda la Sanità, ecco in sintesi le misure: si salvano, per ora, i piccoli ospedali al di sotto dei 120 (o 80) posti letto, ma alla riorganizzazione della rete ospedaliera sono chiamate le Regioni, con l’obiettivo di ridurre su scala nazionale qualcosa come 18-20 mila posti letto già dai prossimi mesi. Da qui al 2014 la riduzione della spesa sanitaria sarà di 13 miliardi: gli 8 decisi dalla manovra di Tremonti nell’estate 2011 più 5 decisi da questo governo. Nei prossimi mesi la partita si giocherà tutta tra Governo e Regioni: si tratterà di vedere se le Regioni “asseconderanno” il Governo nell’indicazione di ridurre lo standard nazionale a 3,7 posti letto per mille abitanti, compreso lo 0,7 posti letto per lungodegenze e riabilitazione. A fronte di questo momentaneo salvataggio degli ospedaletti, la scure colpisce senza tentennamenti la spesa farmaceutica la cui percentuale sul totale della spesa sanitaria viene abbassata, già nell’anno in corso, dal 13,3 al 13,1 per cento, per scendere ancora nel 2013 all’11,5 per cento. L’unica voce in aumento dal 2,4 al 3,2 per cento è spesa farmaceutica ospedaliera, un aumento che però le stesse aziende farmaceutiche saranno chiamate a compensare con una percentuale del 50 per cento a fronte dell’attuale 32 per cento. Altro salasso per industria farmaceutica e farmacie viene dall’imposizione degli sconti da praticare a favore del SSN: per le industrie sale al 6,5 per cento dall’attuale 1,83, mentre per le farmacie sale dall’1,83 attuale al 3,65 per cento.
La spesa per beni e servizi subirà tagli per 600 milioni nell’anno in corso e di 1,2 miliardi nel prossimo. I contratti per la fornitura di beni e servizi subiranno tagli del 4,8 per cento per tutta la durata prevista. In caso i fornitori non accettassero tali condizioni, Asl e ospedali potranno disdire i contratti senza incorrere in alcuna conseguenza. Risparmi dell’1 per cento nel 2012 e del 2 per cento nel 2013 vengono imposti alla sanità privata convenzionata e sono previsti altri risparmi pari all’1,4 per cento per il personale sanitario, compresi i medici convenzionati.
Nel corso della seduta del Consiglio dei Ministri non sono mancati i confronti aspri, nel tentativo di mantenere fede all’impegno di non effettuare tagli lineari. E, in quest’ottica, per ora si sono salvati gli ospedaletti, al punto da far dire al Ministro della Salute Renato Balduzzi “non esistono liste di ospedali da chiudere”. Ma i dati statistici sono noti a tutti: le strutture a rischio chiusura (ma non da oggi, da almeno 18-20 anni) sono 365, al di sotto dei fatidici 120 posti letto. Ma tra queste, ben 234 strutture sono al di sotto degli 80 letti. E, anche qui, ma la palla adesso è di nuovo alle Regioni, si tratta di distinguere che cosa chiudere o no, o se riconvertire da ospedaletto da 80 letti a poliambulatori attrezzati per il primo soccorso: si tratta di vedere i singoli territori, le distanze e i tempi di percorrenza per raggiungere l’ospedale di riferimento più vicino, come nel caso degli ospedali di montagna, per esempio, o di aree urbane ai margini con campagne non dotate di ospedali veri e propri. Tutti problemi non nuovi, le cui soluzioni non possono essere, a parte la spending review, ulteriormente rinviate.
Le altre misure
Il capitolo Sanità è quello che più attira su di sé le attenzioni di partiti, sindacati e operatori del settore. Ma anche in altre branche della Pubblica amministrazione gli effetti del decreto non sono leggeri: nella Pubblica amministrazione viene introdotto un taglio generalizzato del 10 per cento delle piante organiche di tutto il settore statale e del 20 per cento per quanto riguarda la dirigenza. Previsto poi il dimezzamento delle assunzioni per Regioni ed Enti locali che in passato hanno speso più del consentito e questa partita riguarda soprattutto le Regioni del Centro Sud, mentre la stretta per il sistema delle Autonomie locali è generalizzata in tutta Italia e si attesta in 7,2 miliardi entro il 2013. Per i Ministeri, invece, è di 4,5 miliardi. Dimezzamento poi delle cosiddette auto blu e soppressione di enti inutili. Riduzione del 15 per cento dei contratti di affitto pagati dalle Amministrazioni pubbliche a privati e riduzione progressiva delle sedi degli uffici. Sia a livello centrale, sia a livello periferico si dovrà fare ricorso ad acquisti centralizzati sul modello Consip: saranno dichiarati nulli gli acquisti non centralizzati. L’ottica della spending review tocca anche la Giustizia con la chiusura di 37 piccoli Tribunali e 38 Procure, per un totale di circa 200 uffici giudiziari periferici. Tirano invece un sospiro di sollievo gli “esodati”: altri 55 mila saranno salvati, oltre i 65 mila già messi in sicurezza, dopo il pasticcio e lo scontro Fornero-Inps.
Sancito, infine, il taglio delle Province: saranno accorpate e ridotte dalle attuali 107 a 60 con l’istituzione di dieci città metropolitane: Roma, Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria. Ovviamente, nelle città metropolitane non ci saranno più le relative Province.
I Presidenti delle Regioni: “E’ un taglio lineare”
Certo, si tratta di un decreto complesso, ma di proposito abbiamo concentrato l’attenzione sulla Sanità, perché i maggiori problemi si avranno proprio su Sanità e Pubblico impiego, sia nell’iter parlamentare sia nel confronto con la società e sulle piazze. Il 31 luglio si avvierà il percorso alla Camera e lì si vedrà l’andamento. Le forze politiche, tutte, pur se con sfumature diverse, sono consapevoli delle difficoltà. Basti pensare alla posizione dei Presidenti delle Regioni: Vasco Errani, Presidente della Conferenza e dell’Emilia Romagna parla senza mezzi termini: “E’ un taglio lineare, non una spending review”. Ma su questa posizione ci sono tutti gli altri Presidenti di qualsiasi colore politico, da Roberto Formigoni della Lombardia (PdL) a Nichi Vendola della Puglia (Sel), da Catiuscia Marini dell’Umbria (Pd) a Roberto Cota del Piemonte (Lega Nord).
Iter parlamentare e autunno “caldo”
Qualcuno ha fatto osservare che oltre al clima meteorologicamente caldo di quest’estate, l’autunno che seguirà sarà ancora più caldo. Metafore a parte, le prime reazioni sono state già in campo alle prime notizie sul decreto. Rispetto alla posizione di dialogo critico della CISL, hanno cominciato a parlare di sciopero generale UIL e CGIL, mentre, sempre a caldo, già i sindacati autonomi degli statali hanno manifestato a Roma sabato scorso. E tra le forze politiche, non solo quelle di opposizione, ma anche quelle che sostengono il Governo Monti, si sono levate voci che in sede parlamentare vogliono entrare nel merito del decreto. Pierferdinando Casini (UDC) difende a spada tratta la spending review del Governo: “’Lo spartiacque è chiaro: chi si illude di sopravvivere, difendendo sprechi e corporazioni, e chi sceglie la serietà. Ci sono costi da pagare e forse voti da perdere. Confidiamo nell’intelligenza degli italiani”. Ma, sempre dalla maggioranza, il segretario del PD Pierluigi Bersani, sabato ha espresso un parere diametralmente opposto a quello di Casini, citando proprio il caso della Sanità: “Nel decreto ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione. Ci sono anche cose da correggere. Quello che soprattutto non va riguarda il taglio delle risorse agli enti locali, già troppo indeboliti, e l’intervento sulla sanità. In particolare, per ciò che riguarda la sanità, l’errore è prima di tutto tecnico. Non c’è sufficiente comprensione di come funzioni nella realtà il servizio sanitario. Si rischia il bis della vicenda ”esodati”: avere cioè più confusione che risparmio”. Battuta di Bersani: “Nella prospettiva dei prossimi due anni, per la sanità, a Tremonti si aggiunge Monti: ci sono troppi Monti da scalare. Ci sono cose che ci preoccupano molto. I governatori – ha spiegato Bersani – hanno ragione è gente che pensa, non sono azzeccagarbugli”.
Il decreto approda oggi (lunedì 9 luglio) in Senato. Il Governo punta all’approvazione prima della pausa estiva. Intanto la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha stabilito che il decreto sarà esaminato alla Camera dal 31 luglio ed è calendarizzato fino al 3 agosto, data entro la quale dovrebbe arrivare l’ok definitivo. Questo è il secondo decreto sulla spending review, dopo che il primo era stato approvato dai due rami del Parlamento. Ne è previsto un terzo nelle prossime settimane, annunciato da Monti, su sgravi fiscali, struttura della spesa e contributi pubblici, sulla base del lavoro svolto da Giuliano Amato e Francesco Giavazzi.
Autore: Redazione FNOMCeO