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Il medico psichiatra risponde del suicidio del paziente

Cassazione Penale Sentenza n. 33609/16 – Il medico psichiatra deve ritenersi titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente (anche là dove quest’ultimo non sia sottoposto a ricovero coatto), con la conseguenza che lo stesso, quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie, è tenuto ad apprestare specifiche cautele.

FATTO E DIRITTO: Con sentenza resa in data 20/1/2015, la Corte d’appello di Catania ha confermato la decisione in data 20/12/2013 con la quale il Tribunale di Catania ha condannato D.P. alla pena di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, in relazione al reato di omicidio colposo commesso, ai danni di F.G., in violazione della disciplina sull’esercizio della professione medica, in (OMISSIS). All’imputato, in qualità di medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria della casa di cura (OMISSIS), era stata originariamente contestata la condotta colposa consistita nell’omessa adozione, in violazione dei tradizionali parametri della colpa generica, delle adeguate misure di protezione idonee a impedire che la paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva caratterizzata da depressione del tono dell’umore con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontanasse dalla stanza in cui era ricoverata, raggiungesse un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera, lasciandosi infine cadere nel vuoto così trovando la morte. Rileva il collegio come la corte territoriale abbia ricapitolato le scansioni del decorso causale che condusse al decesso della F. in termini di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, avendo proceduto a un’analitica ricostruzione esplicativa della causa della morte della paziente sulla base di rilievi scientificamente fondati e adeguatamente corroborati attraverso un’esauriente caratterizzazione probatoria della fattispecie concreta, sì da pervenire alla ricostruzione del nesso causale tra il decesso e le omissioni imputate al D. in termini di elevata probabilità logica prossima alla certezza, in ogni caso oltre il parametro del ragionevole dubbio, in assenza di alcun indice probatorio idoneo a prospettare la sussistenza di ragionevoli o plausibili decorsi causali alternativi. La corte territoriale ha evidenziato come in modo pienamente coerente sul piano logico e plausibile in termini tecnico-scientifici l’ausiliario dell’accusa avesse sottolineato il carattere di soggetto ad alto rischio della paziente per la quale, secondo le linee-guida più riconosciute nel settore specifico psichiatrico, si rendeva assolutamente necessario procedere, oltre a tutti gli interventi di tipo farmacologico, a una stretta sorveglianza, intesa come assistenza della paziente ventiquattr’ore su ventiquattro. Tale misura non fu in nessun caso e in nessun momento adottato nei confronti della paziente, che risultò pienamente libera di muoversi per tutto l’edificio senza alcuna sorveglianza. Sul punto, varrà richiamare l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale il medico psichiatra deve ritenersi titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente (anche là dove quest’ultimo non sia sottoposto a ricovero coatto), con la conseguenza che lo stesso, quando sussista il concreto rischio di condotte autolesive, anche suicidiarie, è tenuto ad apprestare specifiche cautele. Con riferimento al caso di specie la Corte ha affermato che  proprio le condizioni della paziente evidenziatesi nell’imminenza del fatto, le notizie anamnestiche legate alle precedenti esperienze di tentativo di suicidio, unite alla diagnosi di accettazione, rendevano con evidenza largamente prevedibile, e altamente intenso sul piano obiettivo, il rischio di un rinnovato tentativo di suicidio della donna, che viceversa l’imputato ebbe a trascurare e dunque a gestire con manifesta superficialità e scoperta negligenza. La corte territoriale ha quindi tratto la conclusione che, laddove l’imputato avesse assicurato una stretta e continua sorveglianza della paziente, l’evento lesivo oggetto di giudizio non si sarebbe verificato con certezza, secondo una valutazione prognostica ex ante condotta in coerenza al principio dell’elevata probabilità logica e credibilità razionale.

© Riproduzione riservata

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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