Report: salute e sicurezza sul lavoro

Report n. 6/2010    

SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Sono oltre 10 milioni gli occupati (pari al 44,0%) che percepiscono, nello svolgimento del proprio lavoro, la presenza di almeno un fattore di rischio per la propria salute. E’ quanto emerge da un’indagine ISTAT relativa all’anno 2007.

In particolare, 8 milioni 706 mila avvertono la presenza di fattori di rischio che possono compromettere la salute fisica, mentre 4 milioni 58 mila ritengono di essere esposti a rischi che potrebbero pregiudicare l’equilibrio psicologico.

In rapporto agli occupati, emerge in modo netto il differenziale di genere per quello che riguarda i fattori di natura fisica in quanto ne avvertono il rischio 44 uomini su cento, contro il 26,7% delle occupate, mentre per quanto riguarda i fattori di natura psicologica entrambi i generi si attestano sui livelli del valore medio che è pari a 17,4%.

L’analisi delle caratteristiche di chi si sente esposto a fattori di rischio evidenzia che, per entrambe le tipologie, la quota più alta risiede al Centro. Le classi di età più interessate dall’esposizione ai rischi risultano quelle centrali sia per i fattori di natura fisica (con il 39,4% della classe 35-44 e il 40,1% della classe 45-54 anni) sia per quelli di natura psicologica (per le due classi di età rispettivamente il 18,6% e il 20,9%).

I fattori di rischio per la salute fisica vedono maggiormente esposti gli operai (oltre la metà) e i lavoratori in proprio (42,2%), che sono le categorie più coinvolte nei lavori di tipo manuale mentre sul fronte dei rischi che impattano sull’equilibrio psicologico sono i dirigenti quelli maggiormente esposti con il 26,4%.

La maggiore concentrazione di persone esposte a rischi per la salute fisica si registra nei settori delle costruzioni (63,4% occupati dello stesso settore), dell’agricoltura (54,3%), dei trasporti (48,3%), della sanità (45,5%) e delle attività manifatturiere (44,7%). Anche nel più ampio settore della Pubblica Amministrazione si registra una quota cospicua pari al 35,7%, che si riduce al 26,6% se si escludono da questa i dipendenti dei settori "più esposti": quali quelli della Sicurezza Nazionale, dell’Ordine Pubblico e Difesa Nazionale, Vigili del Fuoco e protezione civile. I comparti della sanità e alberghiero sono gli unici in cui tali fattori di rischio sono percepiti in misura maggiore dalle donne. I fattori di rischio di tipo psicologico sono percepiti maggiormente fra le persone che lavorano nella sanità (26%), nei trasporti (24,6%) e nella Pubblica Amministrazione (23,0%).

Il rischio di infortunio è quello maggiormente percepito: oltre un quinto degli occupati (pari a 4 milioni 915 mila individui) ne avverte la presenza. Come avviene anche per gli altri fattori, vi è una forte differenza a livello di genere (il 27,3% degli uomini contro l’11,5% delle donne). Anche l’assunzione di posture dannose, lo spostamento di carichi pesanti e comunque, l’esposizione a tutte quelle cause che sono alla base di problemi di salute di natura osteo-muscolare, è fortemente avvertita e viene segnalata dal 20,4% degli occupati. L’esposizione a sostanze chimiche (polveri, gas, esalazioni, fumi, ecc.) e a rumori o vibrazioni riguardano rispettivamente il 16% e il 14,6% degli occupati.

Tra i fattori di natura psicologica quello prevalente risulta il carico di lavoro eccessivo citato dal 14,5% degli occupati. Le manifestazioni di prepotenza e discriminazione o di minacce o violenze fisiche sono avvertite da una quota più bassa seppur rilevante di lavoratori (rispettivamente 4,6% e 1,6%) ma, se considerate in termini assoluti, riguardano nel caso di prepotenza e discriminazione oltre un milione di occupati, mentre nel caso di minacce o violenze fisiche 381 mila.

  • I problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa

Le persone che hanno sofferto di problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa nell’ultimo anno sono 2 milioni 797 mila. La quota complessiva del fenomeno si attesta al 6,9%.

Oltre la metà degli intervistati dichiara di soffrire di un problema osseo, articolare o muscolare, in particolare il 28,2% soffre di problemi alla schiena, mentre il 23,0% accusa problemi al collo, spalle, braccia o mani o agli arti inferiori. Anche lo stress, la depressione e l’ansietà, citati dal 16,2% dei rispondenti, rappresentano una fonte di disagio per chi pratica o ha svolto un’attività lavorativa. Il 9,9% ha segnalato problemi respiratori, il 5,6% cardiovascolari, il 4,2% di udito, il 3,7% alla vista. Il 9,2% dichiara di aver sofferto di un problema di salute diverso da quelli elencati tra i quali figurano mal di testa, infezioni da virus o batteri e problemi di tipo cutaneo.

Le donne dichiarano più frequentemente rispetto agli uomini di essere sottoposte a stress o di soffrire di depressione o ansietà (il 18,1% contro il 14,9% degli uomini). Inoltre emergono differenze di genere a svantaggio delle donne per altri malesseri di tipo osteo-muscolare (il 26,3% contro il 20,7% dei maschi), e a svantaggio degli uomini per i problemi alla schiena e quelli di tipo respiratorio, di udito e cardiovascolari.

Con riferimento ai soli occupati, quelli che hanno accusato negli ultimi 12 mesi un malessere fisico o psicologico derivante dall’attività lavorativa principale sono pari a 1 milione 644 mila.

I problemi di salute legati all’attività svolta crescono al crescere dell’età degli occupati (passando dal 2,7% delle persone con un età compresa fra i 15 e i 24 anni, al 9,6% delle persone fra i 45 e i 54 anni) e per tutte le fasce di età ad eccezione di quella 35-44 anni, le donne risentono maggiormente dei problemi di salute.

In termini relativi sono, le posizioni dirigenziali quelle che accusano i maggiori disagi con il 9,5% seguiti dai lavoratori in proprio che si attestano al 7,3%. La differenza di genere fra i dirigenti e quadri è molto più marcata che fra altre categorie, con una quota pari al 12,3% fra le donne e al 7,9% fra gli uomini. Il settore della sanità è quello che mostra la quota più elevata di lavoratori che dichiarano problemi di salute con il 10,7%. A seguire troviamo l’istruzione e la Pubblica Amministrazione, mentre nel settore del commercio – comparto che registrava una frequenza di eventi consistente – si registra la quota più bassa pari al 5,2%.

  • Gli infortuni sul lavoro

Il numero di eventi infortunistici, stimato pari a 1 milione 66 mila, appare in linea con i dati pubblicati dall’INAIL, tenuto conto che sono stati rilevati tutti gli eventi traumatici, anche di lieve entità, indipendentemente dall’eventuale denuncia al suddetto ente assistenziale. L’analisi che segue fa riferimento esclusivo alle persone che hanno subito almeno un infortunio e non ai singoli eventi.

Le persone che hanno dichiarato di aver subito un infortunio sul luogo di lavoro o durante il tragitto casa-lavoro nell’arco dell’ultimo anno sono 937 mila e costituiscono il 3,7% di coloro che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa negli ultimi dodici mesi. Il 72,4% degli infortunati è rappresentato da uomini, il 27,6% da donne. Il fenomeno è più diffuso tra gli uomini (4,5% contro il 2,5 delle donne).

Un terzo degli infortunati ha tra 35 e 44 anni, il 24,0% tra 45 e 54 anni, il 23,7% tra 25 e 34 anni e l’8,5% tra 15 e 24 anni. La quota è più elevata tra i giovani (15-24 anni), con il 4,3%.

Oltre la metà di quanti dichiarano un infortunio risiede nel Nord del Paese ma in termini relativi, come per i problemi di salute derivanti dal lavoro, è il Centro che registra il valore più alto con il 4,4%, mentre il Mezzogiorno denota una proporzione più contenuta rispetto alle altre due ripartizioni (2,8%).

Le persone che hanno dichiarato di aver subito un infortunio sul luogo di lavoro sono 672 mila (con una differenza di genere ancora più accentuata, con il 77,3% di uomini e il 22,7% di donne.

Tra coloro che hanno dichiarato di aver subito un infortunio negli ultimi 12 mesi, 640 mila (il 95,3%) erano occupati al momento della rilevazione e, di questi, 626 mila lo hanno subito nello svolgimento dell’attività principale.

Il 76,3% degli occupati che hanno subito un infortunio nell’espletamento dell’attività principale svolge un lavoro alle dipendenze, il 22,0% un’attività autonoma, mentre il restante 1,7% ha un contratto di collaborazione. Tra i lavoratori dipendenti la quota di infortunati è la più elevata pari al 2,8% (valore che scende al 2,5% per chi ha un contratto a termine), mentre tra i collaboratori la quota è più contenuta e si attesta al 2,0%. Tra le posizioni che caratterizzano il lavoro alle dipendenze è quella degli operai che denota una percentuale più elevata con il 4,2%, mentre il valore più basso riguarda chi svolge funzioni dirigenziali con l’1,3%. Tra gli autonomi, sono i lavoratori in proprio la categoria maggiormente colpita dagli incidenti sul lavoro con il 3,2%, essendo lavoratori indipendenti che svolgono lavori manuali.

I comparti industriali (attività manifatturiere e costruzioni), che raccolgono oltre il 42% delle persone che hanno subito un infortunio sul luogo di lavoro negli ultimi dodici mesi, insieme al commercio, con il 10,8%, e la sanità, con l’8,4%, sono i settori maggiormente interessati dagli eventi infortunistici. Se si valuta il fenomeno in termini di peso sull’occupazione del relativo settore, oltre ai due rami dell’industria, e cioè manifatturiero e costruzioni che mostrano incidenze elevate (rispettivamente 3,6% e il 4,5%) e la sanità con il 3,5%, l’agricoltura con il 3,8% e i trasporti con il 3,2% registrano valori consistenti. L’intermediazione finanziaria, con 0,6%, si rivela come il settore a più basso contenuto infortunistico.

P.S. Come sempre chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è a disposizione presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO

Roma, 25/01/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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