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Esercizio abusivo della professione odontoiatrica – Confisca dell’immobile

Cassazione Penale – Esercizio abusivo della professione odontoiatrica Confisca dell’immobile  –– L’immobile adibito a studio odontoiatrico di proprietà dell’imputato e i beni al suo interno presenti "sono stati pacificamente utilizzati per commettere i reati di cui all’art. 348 c.p. e dunque sono strumentali agli stessi". La confisca è stata espressamente disposta per il nesso derivante dalla condotta dell’imputato, in conformità comunque a giurisprudenza di questa Suprema Corte (per il ragionevole e quindi condivisibile orientamento nel senso che il nesso tra la disponibilità della cosa e la sua destinazione alla commissione di reati non è ricavabile necessariamente da elementi oggettivi, attinenti alla struttura della cosa, ma può desumersi anche dalla condotta del soggetto qualora sia univocamente e costantemente volta all’utilizzo della cosa per commettere reati); né quest’ultimo nesso può venir meno, come implicitamente adduce il ricorrente, per l’ammissione di responsabilità da parte dell’imputato in relazione al reato ex art. 348 c.p., una scelta processuale di tal genere non avendo alcuna incidenza, sul piano logico prima ancora che su quello giuridico, su una condotta successiva, e ciò tanto più in un soggetto al quale entrambi i giudici di merito hanno riconosciuto – del tutto fondatamente visto l’insistente protrarsi della vicenda criminosa, anche dopo sequestro dell’immobile – una evidente ragguardevole pervicacia nella condotta criminosa. Sentenza n. 42990/15

FATTO: Con sentenza del 2 febbraio 2015 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto da P.G.H. avverso sentenza del 29 giugno 2009 con cui il gip del Tribunale di Torino lo aveva condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione e Euro 500 di multa – oltre al risarcimento dei danni alla parte civile Associazione Nazionale Dentisti Italiani, sezione provinciale di Torino, con provvisionale di Euro 20.000 – per i reati a lui contestati nel procedimento n. 29965/2007 R.G.N.R. di cui all’art. 61 n. 2, 81 cpc, 494 c.p. (in quanto, essendo odontotecnico, aveva indotto i pazienti a credere che fosse un medico odontoiatra: capo B) e 239, commi 1 e 2, c.p. (per violazione dei sigilli apposti allo studio odontoiatrico) nonché per i reati a lui contestati nel procedimento n. 1573/2009 R.G.N.R. di cui agli articoli 61 nn. 2 e 11, 605 c.p. (commesso nei confronti del personale dello studio odontoiatrico: capo A), 81 cpv, 348 c.p.(per l’esercizio abusivo della professione odontoiatrica: capo B), 61 n. 2, 81 cpv e 494 c.p. (sempre per avere indotto a credere che fosse odontoiatra).

DIRITTO: La corte territoriale a fronte di una contestazione (capo C del procedimento n. 29965/2007 R.G.N.R.) del tutto chiara e compatibile con il dettato dell’art. 349 c.p.(all’imputato è contestato il fatto che, dopo che lo studio dentistico in cui egli aveva svolto abusivamente attività di dentista era stato sottoposto a sequestro probatorio dai carabinieri il 26 novembre 2007 nonché a sequestro preventivo successivamente notificato il 25 febbraio 2008, con conseguente apposizione di sigilli e di cartellino indicante che l’immobile era sottoposto a sequestro, nonostante fosse stato nominato custode per entrambi i sequestri, "violava i sigilli apposti, in particolare rimuovendo i sigilli stessi nonché il cartellino attestante il sequestro e riprendendo – di fatto – pieno possesso dello studio sequestrato", collocando pure una nuova telecamera per sorvegliare l’accesso), e a fronte altresì di una doglianza d’appello che chiedeva l’assoluzione dal reato, ha condiviso la posizione del giudice di prime cure sulla sussistenza del reato vista la "condotta di prosecuzione dell’attività abusiva all’interno dello studio". Il giudice d’appello, poi, ha ben confutato la doglianza in esame, osservando che la condotta dell’imputato "si è molto negativamente connotata per particolare pervicacia", e tenendo conto altresì di ben tre precedenti per analogo reato, oltre a condanne per altri reati (motivazione, pagina 10). Richiama inoltre, espressamente condividendola, la valutazione del giudice di prime cure, che ha ampiamente illustrato le ragioni per cui ha determinato la pena inflitta all’imputato (pagina 9 della sentenza di primo grado, che anche sotto questo profilo è qualificabile come doppia conforme), specificando come la sua "pervicacia" sia consistita "nel perseverare nelle condotte illecite nonostante gli interventi dell’autorità giudiziaria ed i conseguenti procedimenti instauratisi a suo carico":egli, infatti, "già indagato nel 2005, prosegue nell’esercizio abusivo della professione negli stessi locali fino al 2008 e, ancora, anche dopo il sequestro preventivo dell’immobile, adottando maggiori precauzioni per evitare di essere scoperto. Riesce infine ad ottenere la revoca della misura cautelare producendo la copia di un contratto di affitto dei locali ad un medico dentista all’evidenza simulato e stipulato al solo fine di rientrare nella disponibilità del bene e proseguire nell’attività illecita, che di fatto prosegue fino all’arresto del 2009. Non si limita ad attribuirsi una qualifica professionale che non gli compete ma si sostituisce ad un medico, rilascia fatture e ricevute a suo nome e non desiste da tali condotte neppure dopo essere stato scoperto nel 2008. Nel corso del processo non mostra alcun concreto segno di ravvedimento o resipiscenza". Più che adeguatamente, dunque, il giudice di prime cure, cui il giudice d’appello appunto ha aderito, ha illustrato i fondamenti della sua scelta sanzionatoria. Il giudice d’appello rimanda effettivamente, a proposito della confisca, a quanto già esposto dal giudice di prime cure, ritenendolo evidentemente sufficiente a superare le doglianze al riguardo presentate dall’appellante e fruendo quindi del già richiamato principio della integrazione reciproca delle motivazioni del caso di doppia conforme. Invero, nella sentenza di primo grado – cui in tal modo la sentenza del secondo si rende, appunto, espressamente conforme – è chiaramente giustificata la disposizione della confisca facoltativa in questione, osservandosi che l’immobile adibito a studio odontoiatrico di proprietà dell’imputato e i beni al suo interno presenti "sono stati pacificamente utilizzati per commettere i reati di cui all’art. 348 c.p. e dunque sono strumentali agli stessi", la vicenda accertata dimostrando univocamente l’esistenza di un pericolo "quanto mai concreto ed attuale" nel senso che la disponibilità dell’immobile da parte dell’imputato "costituisca ragione incentivante alla reiterazione delle condotte di esercizio abusivo della professione" da parte dello stesso, il rapporto di asservimento tra la cosa e il reato non dovendosi desumere necessariamente da elementi oggettivi ma pure dalla condotta del soggetto nel suo utilizzo; e nel caso di specie l’immobile "è stato per anni stabilmente adibito a studio dentistico per consentire a P. di esercitare abusivamente la professione di medico creandosi una clientela stabile il cui mantenimento è di regola peraltro strettamente legato anche al dato logistico". La confisca è stata espressamente disposta per il nesso derivante dalla condotta dell’imputato, in conformità comunque a giurisprudenza di questa Suprema Corte (per il ragionevole e quindi condivisibile orientamento nel senso che il nesso tra la disponibilità della cosa e la sua destinazione alla commissione di reati non è ricavabile necessariamente da elementi oggettivi, attinenti alla struttura della cosa, ma può desumersi anche dalla condotta del soggetto qualora sia univocamente e costantemente volta all’utilizzo della cosa per commettere reati);né quest’ultimo nesso può venir meno, come implicitamente adduce il ricorrente, per l’ammissione di responsabilità da parte dell’imputato in relazione al reato ex art. 438 c.p., una scelta processuale di tal genere non avendo alcuna incidenza, sul piano logico prima ancora che su quello giuridico, su una condotta successiva, e ciò tanto più in un soggetto al quale entrambi i giudici di merito hanno riconosciuto – del tutto fondatamente visto l’insistente protrarsi della vicenda criminosa, anche dopo sequestro dell’immobile – una evidente ragguardevole pervicacia nella condotta criminosa

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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