Sabato 21 novembre 2015, presso la Sala Meeting Grand Hotel Mattei di Ravenna, si svolgerà il convegno «La responsabilità interprofessionale nel lavoro di equipe. Aspetti giuridici ed etico-deontologici», organizzato dall’OMCeO ravennate in collaborazione con il Collegio IPAVSI.
L’incontro consentirà di approfondire il tema della responsabilità sanitaria in relazione al lavoro di equipe: l’etica professionale che orienta il singolo è la stessa che va sottesa alla collaborazione tra i componenti dell’interno gruppo assistenziale. Tutti gli agenti coinvolti “devono collaborare per il miglior bene del paziente – si legge nella presentazione del convegno – anche attraverso rapporti interprofessionali corretti in un contesto di etica dell’equipe”.
Gli aspetti penalistici, civilistici ed etici della questione verranno discussi rispettivamente da Stefano Canestrari, ordinario di diritto penale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, Giannantonio Barbieri, consulente legale della federazione italiana IPASVI e Paolo Marino Cattorini, ordinario di Bioetica presso l’Università dell’Insubria di Varese.
Gli aspetti di deontologia medica verranno invece affrontati da Luigi Conte, Segretario Nazionale FNOMCeO, al quale, in vista del convegno, abbiamo posoto un alcune domande sul tema.
Dott.Conte, il suo intervento affronterà il tema dal punto di vista della deontologia medica: potrebbe fare un cenno agli argomenti che saranno al centro del suo discorso?
Più che di responsabilità interprofessionale, cercherò di mettere a fuoco il discorso molto più generale, e di grande attualità, delle competenze delle professioni sanitarie.
Parto da lontano: ad un contesto in cui il medico-chirurgo restava il dominus, sia nella linea delle attribuzioni proprie che in quella dell’affidamento dei compiti, e il suo profilo restava quello scolpito da secoli di esercizio (il personale ospedaliero obbediva e persino il magistrato dava per scontata la quasi impunità del medico, i cui compiti non sono stati peraltro mai definiti o delimitati) si è passati al riordino del 1992 (Legge 502) e soprattutto alla Legge 19 novembre 1990 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari) che aprì la via alle lauree specialistiche in ambito sanitario, per arrivare, a partire dal 1994, ai profili professionali propri di ogni professione sanitaria.
In tutto questo, mentre la magistratura continua ad attribuire ai medici responsabilità professionale in “eligendo” ed in “vigilando”, per il medico-chirurgo manca qualsiasi norma che si degni di definirne i compiti. Commenta amaramente Rodriguez (sul Trattato di Biodiritto, Giuffré 2002): «Circa la professione di medico-chirurgo, nessuna norma reca indicazioni globali sui contenuti e sulle funzioni di tale professionista sanitario. Non vi è dunque un ordinamento della professione di medico-chirurgo come esiste, per esempio, per l’odontoiatra o per lo psicologo».
Però c’è il Codice Deontologico…
Poiché l’eterogeneità della matrice giuridica in materia è fonte di preoccupazioni per i medici, ecco che compare la enunciazione sulle competenze del medico per la prima volta in risposta alla richiesta che almeno il Codice si facesse carico di definire le competenze del Medico e dell’Odontoiatra. Lo sforzo compiuto è stato quello di evitare la definizione delle competenze come una serie di atti e di evitare di prefigurare un mansionario medico (operazione praticamente impossibile, facilmente permeabile a sovrapposizioni di competenze con altre professioni sanitarie), soprattutto in contesti organizzativi che sostanzialmente mirano ad un trasferimento di atti e procedure solo in ragione dei minori costi dei fattori produttivi.
Come si colloca la responsabilità del medico entro un percorso di cura che coinvolge più figure professionali?
Partiamo dal presupposto che l’organizzazione del lavoro non deve più essere strutturata sugli aspetti disciplinari di ciascuna professione ma, in modo moderno, deve fondarsi sui bisogni di salute delle persone e supercorsi clinico-terapeutici-
La responsabilità dei percorsi diagnostico-terapeutici-
Che sia in relazione al singolo o al lavoro di gruppo, la responsabilità professionale èun tema cruciale nel dibattito tra classe medica e interlocutori politici: crede che il convegno possa essere un’occasione, anche, per riflettere sulle ragioni della mobilitazione e dello sciopero previsto a breve?
Uno dei temi della mobilitazione della professione medica e odontoiatrica è la “decapitalizzazione”o “svalorizzazione” del lavoro medico. La tecnostruttura funzionariale seguita dai politici vuol fare apparire il lavoro del professionista soltanto come un costo e non come un valore sociale che risponde a un diritto costituzionalmente garantito. Questa cultura che crea disagio alla professione vuole produrre fenomeni di task-shifting (far fare le cose alle professioni che costano meno e per la cui formazione si spende meno). Parlare di responsabilità professionale significa quindi ricordare che ogni medico è responsabile di quello che fa e risponde per responsabilità penale, responsabilità civile, responsabilità disciplinare, responsabilità amministrativa e responsabilità contabile: anche per le leggi dello Stato ha un ruolo centrale che non può essere riconosciuto solo quando fa comodo.
Per la redazione Fnomceo, Sara Boggio- giornalista Angsa
Autore: Redazione FNOMCeO