Ricerca, racconti, testimonianze, proposte. Si snoda per 150 pagine il modo di vivere di coloro che hanno perso i capelli a causa dell’alopecia areata, una patologia che è praticamente incurabile. I rimedi della medicina allopatica e omeopatica non restituiscono al paziente la possibilità di tornare ad una capigliatura normale e quindi a una vita “normale”.
Marta Bianco ha condotto una ricerca approfondita, con riferimenti storici e scientifici, sulla malattia, ma soprattutto sugli effetti che produce su chi la subisce, su chi la deve in qualche modo “gestire” per continuare a vivere, sugli effetti psicologici e sociali, ma dà anche delle indicazioni ai pazienti perché si sentano meno soli nel contesto sociale in cui vivono, perché possano relazionarsi nel modo migliore con le persone che hanno intorno, in famiglia, nel lavoro, nella vita sociale.
Emerge un lavoro notevole di ricerca che scava nel passato e nel presente questa particolare condizione vissuta da chi viene a trovarsi con la testa scalza, appunto, una ricerca che è condensata nel sottotitolo del libro: “La capigliatura tra presenze e assenze”.
La giovane autrice mostra una straordinaria capacità di raccontare il suo lavoro di ricerca, ma svela anche la sua capacità di fare rete con quanti condividono il suo stesso problema, riportando nel libro le numerose testimonianze di come viene vissuta questa condizione umana. Non tutti reagiscono allo stesso modo, c’è chi opta per mostrare la propria calvizie, chi invece “sopporta” di ricorrere ad alcuni accorgimenti, chi infine riesce a convivere abbastanza bene con il portare una parrucca. Testimonianze toccanti, che non nascondono il dramma, ma che oggettivamente aiutano a capire e aiutano soprattutto i malati a trovare un punto di equilibrio per continuare nelle proprie attività soffrendo il meno possibile.
Il libro contiene in sé un messaggio di speranza, comunque. Si legge, nella parte finale, che a settembre del 2008 è nata l’Associazione Sostegno Alopecia Areata (ASAA), una Onlus che si è data per Statuto gli scopi di riunire, confortare, aiutare le persone che soffrono a causa della patologia e di sensibilizzare l’opinione pubblica sia sulla patologia sia sui problemi legati ai rapporti delle persone con alopecia areata. Esistono altre associazioni, ma la particolarità di ASAA sta proprio nel principio e nella pratica del mutuo aiuto, oltre che curarsi degli aspetti medico-scientifici.
Si spiega poi che si è arrivati a costituire l’Associazione per fasi successive che risalgono addirittura al 1999 quando a Torino una donna, Claudia, ha costituito il gruppo delle “Volpine” che poi si è messo in relazione con il “gruppo dei calvi”, costituito a maggio del 2000 da Daniele Orlando, oggi presidente di ASAA e autore della presentazione del libro di Marta Bianco.
Si sottolinea, nel libro, la differenza tra l’approccio del mutuo aiuto e l’approccio professionale. Nel mutuo aiuto, si punta sulla positività: la persona con il problema è comunque portatrice di risorse, che vengono enfatizzate, come anche si punta sull’enfasi della fiducia, della volontà, dell’autocontrollo, dei sentimenti, della spontaneità. Si afferma che il cambiamento è dell’individuo in un contesto e si costruiscono strategie sulla storia dei singoli. Nell’approccio professionale questi aspetti non ci sono e chi ha il problema è classificato come un paziente o un utente, si enfatizza la malattia e si va verso un trattamento standardizzato che non dà importanza all’appartenenza a una comunità.
Una lettura dalla quale c’è molto da imparare sulla malattia specifica ma anche sui comportamenti da adottare per contenere gli effetti negativi che questa particolare condizione induce. E, a proposito di comportamenti, l’esempio e le testimonianze contenute nel libro di Marta Bianco potrebbero valere anche per pazienti con altre patologie, per tutti coloro che, a causa di problemi di questa natura, hanno poi il problema dei problemi che è quello di relazionarsi con il prossimo. Il libro, pertanto, oltre ad avere i meriti della ricerca e della narrazione, ha anche la caratteristica di fornire indicazioni pratiche su come agire in presenza di una patologia che mina non soltanto il corpo, ma anche l’anima. E il messaggio è lo stare insieme, condividere percorsi verso l’accettazione, senza abbandonare la lotta per condizioni di vita migliori e per ottenere, da parte del Servizio sanitario nazionale, il riconoscimento di questa patologia “culturale” e dell’interazione.
Scrive Vivi, 49 anni, da Montebbelluna-Treviso: “Non è più bravo chi va scalzo. Non è più bravo chi non piange. Non è più bravo chi cerca la cura…come non lo è chi sta ad aspettare. Per me, ai miei occhi, è bravo chi cerca, a modo suo, la cosa che lo fa stare meglio. Qualunque essa sia”. Non potrebbe esserci sintesi migliore di questa, che dà senso al tutto, al lavoro che Marta Bianco ha condensato nel suo libro.
La presentazione avverrà a Torino sabato 3 dicembre alle ore 11,30 presso la Piemonte Libri di via San Tommaso 18, angolo via Bertola.
Autore: Redazione FNOMCeO