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Abruzzo: il dottor Fabrizio racconta l’esperienza del Corpo Nazionale Medici Volontari

Il Centro Studi FNOMCeO prosegue il ciclo di interviste alle
attività di volontariato dei medici italiani. Impegnato in prima linea
per fronteggiare l’emergenza terremoto in Abruzzo, il dottor Michele Fabrizio racconta la sua esperienza all’interno del Corpo Nazionale Medici Volontari,
associazione che attività che vanno dal soccorso sanitario
all’assistenza sanitaria e psico-sociale a disagiati e bisognosi, dalla
protezione civile alle missioni all’estero organizzate con l’Alleanza
Medica Internazionale.

Dottor Fabrizio, ci spiega la mission del CNMV e, in particolare, il suo impegno in Abruzzo?

«Il Corpo Nazionale Medici Volontari è una Organizzazione di Volontariato che riunisce al suo interno medici, infermieri, psicologi, professionisti dell’area sanitaria e sociale nonché personale ausiliario, amministrativo e logistico, essendo così in grado di assolvere al meglio la nostra missione: garantire, potenziare e migliorare l’assistenza sanitaria e socio sanitaria, affiancando e coadiuvando le strutture già presenti e mettendo la nostra professionalità gratuitamente al servizio dei cittadini.

E’ tuttora in corso l’attività della nostra organizzazione in Abruzzo presso le zone colpite dal sisma, tale attività ha finora coinvolto, in varie turnazioni, oltre quaranta medici di varia specializzazione, affiancati da una quindicina di infermieri e altrettanti psicologi, soccorritori e logistici

».

Come si riesce a conciliare la professione, la vita privata e l’attività di volontariato, secondo lei?

«Organizzando i propri turni di lavoro in modo tale da lasciare spazio
all’attività di volontariato; la vita privata, almeno nella mia
personale esperienza, non intacca minimamente tale scelta, anzi la
condivide in pieno

».

Ma voi, generalmente, Insegnate a “pescare” o date soltanto il “pesce” necessario?

«Ovviamente è nel nostro spirito e nelle nostre intenzioni insegnare a
pescare, ma spesso le situazioni sono così gravi che impongono l’aiuto
continuo e quotidiano

».

Torniamo all’Abruzzo. Quali gli specialisti più impegnati in queste settimane?

«Possiamo dire che, vista la tipologia di intervento in un’area dove il terremoto ha compromesso l’erogazione di tutti i servizi di assistenza sanitaria, tutte le specializzazioni mediche si sono rivelate utili e necessarie per affiancare i servizi locali nella loro riattivazione. Diciamo comunque che la maggior necessità ha riguardato la medicina di emergenza-urgenza e la medicina di base e internistica

».

Com’è stato il confronto con i medici locali?

«Grossa parte del nostro lavoro in Abruzzo è stato proprio cercare di affiancare i medici di base, anche loro terremotati e quindi con gli stessi problemi, le stesse preoccupazioni e portatori del medesimo dolore che ha colpito la gente dell’aquilano, per aiutarli a riprendere contatto con i loro pazienti in un difficile percorso di ritorno alla normalità. Inizialmente si sono dimostrati un po’ scettici, come se “invadessimo” il loro territorio, forse perché non si aspettavano di ricevere il nostro supporto ed erano sicuramente spaesati e privi, almeno nelle fasi iniziali, di un coordinamento che organizzasse il loro lavoro, ma si sono poi dimostrati i primi a collaborare

».

Non saranno mancate le difficoltà nelle zone terremotate…

«Dal punto di vista ambientale nessun particolare problema, a parte un clima caratterizzato da una forte escursione termica tra il giorno e la notte che ha reso meno confortevole la vita nella tenda. Dal punto di vista operativo sì è accusata, soprattutto nelle prime fasi, la mancanza di un coordinamento forte e univoco da parte dei responsabili della ASL del posto o di  qualsivoglia ente, è venuta quindi a mancare una direzione e un coordinamento di tutti gli interventi e degli interventi di tutti noi medici sul territorio, che sono invece stati lasciati alla propria iniziativa e alla buona volontà dei singoli;  sono mancati i moduli direttivi su cui poter lavorare di concerto in modo tale da conoscere la situazione esaminata da altri medici in posti diversi censiti dai propri e viceversa, con il rischio di creare sovrapposizioni in alcuni casi e lacune in altre

».

Le rinunce più pesanti che ha dovuto sopportare?

«Sono sincero e nel mio caso devo dire proprio nessuna

».

Quali, secondo lei, le cose su cui bisogna intervenire con più urgenza nelle attività di volontariato medico in Abruzzo?

«Beh riprendendo un po’ il discorso fatto in precedenza sul coordinamento, servirebbe proprio riuscire a ricreare la rete preesistente dando riferimenti univoci sia per i medici che per la popolazione, così da evitare che degli infermieri o referenti del posto si sovrappongano ad altri oppure che nello stesso tempo rimangano delle aree scoperte. Fortunatamente alla data attuale i miei colleghi sul posto riferiscono che il coordinamento è nuovamente presente e praticamente tutti i servizi stanno tornando a funzionare come prima del sisma

».

Qualche rammarico o nostalgia?

«La nostalgia più grande è senza dubbio quella dei compagni di missione con i quali ho condiviso questa bella esperienza, che mi ha dato la possibilità di sentirmi utile in situazioni di emergenza come questa

».

Alcuni episodi o aneddoti più ricchi di significato?

«Ce ne sono e tanti anche importantissimi, ma vanno lasciati nel cuore di ognuno di noi senza clamore e pubblicità

».

Se dovesse tracciare un bilancio delle settimane trascorse nelle aree colpite dal sisma?

«Esperienza gratificante in ogni senso, a partire appunto dal rapporto con i colleghi e con la popolazione abruzzese, che si è dimostrata capace di una forza e di una dignità davvero incredibili. Credo che ognuno dovrebbe, nel limite delle proprie possibilità e competenze, fare una esperienza di questo tipo, perché allarga le vedute sulla nostra professione e ci fa capire che tutto quello che in tempi normali siamo abituati a ritenere scontato e in un certo senso “dovuto”, può essere cancellato in pochi istanti costringendoci a ripartire da zero. Questa è un po’ la stessa sensazione che si prova quando si va a lavorare in un paese del terzo mondo, dove la nostra associazione porterà avanti importanti progetti facendo tesoro anche di questa esperienza abruzzese

».

Autore: Redazione FNOMCeO

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