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Ambulatorio odontoiatrico. Detenzione di farmaci scaduti

Cassazione Penale Sentenza n. 7311/17 – Ambulatorio odontoiatrico – Detenzione di farmaci scaduti – Risponde del reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti il responsabile dell’ambulatorio odontoiatrico che custodisce in un cassetto farmaci scaduti utilizzabili  in concreto per la specifica attività svolta. In tema di configurabilità dell’ipotesi criminosa di cui all’art. 443 c.p. , la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione di medicinali non costituiscono situazioni differenti, perché entrambi funzionali e dirette all’uso effettivo del farmaco.

FATTO E DIRITTO: La Corte di appello di Napoli, con sentenza emessa il 6 maggio 2015, ha confermato quella del Tribunale che aveva condannato M.S., responsabile dell’ambulatorio odontoiatrico, di chirurgia estetica e di chirurgia maxillo facciale per il reato – art. 443 c.p. – di detenzione di farmaci guasti o imperfetti perchè scaduti di validità. Nello specifico, si trattava di 20 fiale di carbocaina scadute nel luglio 2003. Per altri illeciti contravvenzionali l’imputato era stato assolto con formule diverse. L’imputato era stato condannato anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita. La contestazione era scaturita da una perquisizione dei carabinieri del NAS di Napoli che avevano rinvenuto i farmaci nei cassetti dell’ambulatorio. La corte di appello con richiamo alla sentenza di legittimità n. 39187 del 2013 riteneva che il reato contestato era un reato di pericolo presunto e che la norma puniva ogni condotta che rendeva probabile o possibile la concreta utilizzazione del medicinale guasto. L’imputato ha proposto impugnazione avverso l’indicata sentenza, per il tramite del difensore, chiedendone l’annullamento con o senza rinvio. E’ preliminare ed assorbente considerazione che il reato è estinto per intervenuta prescrizione, il cui termine massimo è maturato il 26/11/2014. Ai sensi dell’art. 578 c.p.p. , la Corte di Cassazione deve prendere in esame la fondatezza, o meno, delle censure dedotte dal ricorrente per i riflessi sulle statuizioni civili. Il permanere dell’interesse della parte civile alla decisione sulla sua azione risarcitoria, infatti, comporta l’obbligo per il giudice di accertare, a quei limitati fini, la sussistenza del fatto reato e la responsabilità dell’imputato.3. A questo fine rileva il Collegio che il reato contestato è sussistente. L’art. 443 c.p. , rubricato come "Commercio o somministrazione di medicinali guasti", punisce il fatto di chi "detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti". La detenzione per il commercio può sussistere anche se manchi la vendita o anche la esposizione in vendita, bastando la conservazione della cosa destinata al commercio in qualsiasi luogo, che valga a generare il convincimento che si tratti in realtà di detenzione per il commercio. La punibilità è quindi anticipata ed il reato è di pericolo e non di danno. Il medicinale scaduto è imperfetto e la presunzione si fonda sulla previsione della perdita di efficacia del farmaco scaduto. Il commercio, in economia, realizza lo scambio di beni mobili o immobili, e di servizi sul mercato in cambio di moneta. Come si legge nella Relazione al Re al codice penale, pone in commercio chi in qualsiasi modo idoneo offre al pubblico, direttamente o a mezzo di altri le cose delle quali si tratta. La nozione di commercio equivale alla messa in circolazione del medicinale. La norma pertanto intende coprire tutti i comportamenti che portano alla diffusione del bene ed in tal senso deve essere intesa l’endiadi "Commercio e somministrazione" indicativa appunto di una progressione che intende coprire tutte le modalità con cui il bene entra nel circuito della distribuzione. Si va dalla prodromica detenzione per il commercio, punita ex se, al commercio effettivo ed alla somministrazione che, pur senza realizzare l’esercizio di un commercio, porta però all’uso comune i medicinali (comprende quindi, anche la cessione a titolo gratuito). E’ quindi condivisibile, e va ribadita, la prevalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "in tema di configurabilità dell’ipotesi criminosa di cui all’art. 443 c.p. , la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione di medicinali non costituiscono situazioni differenti, perché entrambi funzionali e dirette all’uso effettivo del farmaco; ne consegue che la detenzione per la somministrazione è un aspetto della prima previsione contenuta nell’art. 443 c.p. Nel caso in esame, i medicinali erano custoditi in un cassetto e utilizzabili in concreto per la specifica attività svolta. Mancano elementi – né sono stati dedotti – che ne potessero giustificare la detenzione per un fine diverso dalla somministrazione. Vanno pertanto confermate le statuizioni civili. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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