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Amianto: ancora bassa la percezione del rischio

125 milioni le persone che oggi sono esposte all’amianto nei luoghi di lavoro e  circa 90.000 i decessi nel mondo ogni anno per mesotelioma, tumore del polmone correlato all’amianto e asbestosi: questi i dati secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità  che si leggono  nel Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) – giunto alla IV edizione –  cui è affidata la sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308/2002. Il Registro raccoglie informazioni relative a 15.845 casi, fino dicembre 2011, e ha delle specifiche schede informative elaborate dai Centri Operativi Regionali in cui vengono analizzati i casi di mesotelioma in base alla sede anatomica di insorgenza, il livello di certezza diagnostica, il genere e la classe di età, il tipo di esposizione, la categoria economica di attività e mansioni, il periodo di incidenza. Leggiamo per esempio che "la prima esperienza di analisi dell’associazione fra cancro e lavoro viene storicamente attribuita alla segnalazione di Percival Pott sull’alta incidenza di tumore dello scroto negli spazzacamini nel 1775. La causa della malattia veniva indicata nella esposizione ai residui bituminosi della miscela di idrocarburi presenti nella fuliggine. Successivamente viene spesso ricordato il lavoro di Ludwig Rehn del 1895 che segnalava un incremento di casi di tumore della vescica in un’industria di coloranti tedesca. La malattia veniva erroneamente messa in relazione alla presenza di anilina mentre oggi sappiamo che l’agente causale era rappresentato da altre ammine aromatiche"
A che punto siamo oggi in Italia, paese che fino agli anni ’80 era il secondo maggiore produttore europeo di amianto in fibra dopo l’Unione Sovietica e il maggiore della Comunità Europea? Fino al 1992, anno del primo atto normativo di regolazione su base nazionale della sorveglianza epidemiologica dei tumori di origine professionale contenuto nel Decreto Legislativo n. 277 del 1991 recante "disposizioni per la protezione dei lavoratori da piombo, amianto e rumore"

Se n’è discusso  a Bari il 29 e 30 gennaio nella III Consensus Conference Nazionale per il controllo del mesotelioma maligno della pleura, con il patrocinio dell’AIOM.
Un’occasione di riflessione che ha riunito non solo medici, ma anche cittadini, associazioni di malati e diversi esperti della comunicazione come attori diretti del processo di sensibilizzazione del rischio che sembra ancora essere molto sotto soglia. I dati  del Ministero dell’Ambiente, aggiornati al 26 novembre 2014, parlano di 35.521 siti ancora da bonificare. E proprio Bari, fino al 1985 sede dello stabilimento “Fibronit”, fabbrica di manufatti a base di materiali altamente cancerogeni, è una delle aree più a rischio. E poi il caso “Ilva” a Taranto. Nella Regione sono 814 le diagnosi di mesotelioma in quindici anni (1993-2008).
L’area più a rischio in Italia è quella di Casale Monferrato, dove la fabbrica Eternit ha provocato più di 1.700 vittime. Ma non bisogna dimenticare altri siti di interesse nazionale: Broni-Fibronit (PV), Priolo-Eternit Siciliana (SR), Balangero-Cava Monte S.Vittore (TO), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-exLiquichimica (PO), Biancavilla-Cave Monte Calvario (CT) e Emarese-Cave di Pietra (AO).
L’Italia è oggi a capo di un task force per la sorveglianza attiva dell’amianto, ma  il materiale è ancora troppo presente sul territorio, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali: cioè continua a far parte di una "dimensione domestica” pericolosa, a causa  di una percezione del rischio troppo bassa che spesso rallenta l’attuazione di misure di tutela e di controllo della pericolosità.  Programma

Autore: Redazione FNOMCeO

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