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Anelli (FNOMCeO): “Contro la violenza sulle donne medico serve una rivoluzione culturale”

Riunire l’Osservatorio sulla sicurezza degli operatori sanitari, in ottemperanza alla Legge 113/20. Modificare la Raccomandazione n°8 del Ministero della Salute, per prevenire gli atti di violenza nei loro confronti, in modo da rendere sicure le strutture ospedaliere e territoriali. Rivedere il modello della continuità assistenziale. Collaborare con le Regioni per il monitoraggio degli episodi sentinella e dei rischi e per le politiche di prevenzione. E poi, agire sulla comunicazione, in modo da valorizzare il ruolo sociale dei medici e degli altri professionisti della salute.

Sono queste, per Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, le principali linee di intervento per prevenire e ridurre la violenza contro gli operatori sanitari.

Lo ha ribadito, questa mattina, nel corso del Convegno “La prevenzione degli episodi di violenza sulle lavoratrici della sanità” che si è svolto, in occasione della Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, presso il Ministero della Salute, nella sede di Lungotevere Ripa 1.

Se infatti, come ha ricordato il Direttore generale della Comunicazione e rapporti internazionali del Ministero della Salute, Sergio Iavicoli, il 9% degli infortuni denunciati all’Inail tra gli operatori sanitari tra il 2015 e il 2019 sono casi di aggressione, il 72,4% di questi episodi di violenza hanno riguardato le donne, con 7858 casi contro 3000.

“Dobbiamo fissare degli obiettivi semplici e ben definiti, che possano essere racchiusi in un documento – ha affermato Anelli -. Il vero punto di partenza è l’Osservatorio, che permette un monitoraggio dei dati e dei rischi su tutto il territorio nazionale”.

Anelli ha poi riportato alcuni dati, provenienti da uno studio condotto dal Sindacato Anaao-Assomed e da un sondaggio della stessa FNOMCeO. Drammatici i numeri: il 55,44% dei medici ha affermato di essere stato vittima di volenza. Hanno subito aggressioni l’86% degli psichiatri, il 77% dei medici di medicina d’urgenza, il 60% dei chirurghi, il 54% dei medici del territorio, il 40% degli anestesisti. Il 79,26% degli operatori vittima di violenza non ha presentato denuncia. Il 66% è stato testimone o è comunque a conoscenza di aggressioni subite da colleghi. Quello che più colpisce è la rassegnazione dei medici di fronte al fenomeno: il 48% dei medici che hanno subito un’aggressione verbale ritiene l’evento ‘abituale’; il 12% ‘inevitabile’. Il 40% dei medici individua la causa principale delle aggressioni in fattori strutturali di natura socio-culturale.

“Occorre portare a compimento una rivoluzione culturale – ha riconosciuto Anelli -. E occorre agire lungo due direttrici. Bisogna considerare la sicurezza dei professionisti sanitari come diritto inviolabile dei lavoratori. E riconoscere il ruolo sociale del medico quale alleato del cittadino per la tutela della sua salute e degli altri diritti costituzionalmente protetti: l’uguaglianza, l’autodeterminazione, la riservatezza, l’integrità fisica e morale, l’informazione, il diritto-dovere alla solidarietà. Il diritto stesso a vedersi garantiti, quali imprescrittibili da parte della Repubblica e indisponibili, intrasmissibili, irrinunciabili da parte dei loro stessi titolari, tutti i diritti inviolabili dell’Uomo”.

Una rivoluzione che passa anche attraverso la comunicazione: molte le campagne condotte dalla FNOMCeO e dagli Ordini dei Medici sensibilizzare, sul tema, l’opinione pubblica. Un corso di formazione per apprendere le tecniche utili a disinnescare la rabbia, organizzato insieme alla Fnopi. Un docufilm, “Notturno”, promosso in collaborazione con Draka Production e che, presentato oggi dalla regista, Carolina Boco, sarà trasmesso dalla Rai.

Anelli ha infine reso omaggio alle donne medico cadute per morte violenta: Paola Labriola, la psichiatra trucidata da un suo paziente a Bari nel 2013; Eleonora Cantamessa, bresciana, investita e uccisa sempre nel 2013 dopo che si era fermata per prestare soccorso a un uomo; Maria Monteduro, assassinata durante il servizio notturno di guardia medica, in provincia di Lecce; Roberta Zedda, barbaramente massacrata durante il turno di guardia medica, nell’oristanese.

A portare la sua drammatica testimonianza è stata infine Ombretta Silecchia, Medico di Medicina Generale pugliese minacciata con una pistola durante un turno di guardia medica.

Ufficio Stampa e Informazione FNOMCeO
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25/11/2021

Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO

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