“Devo ringraziare veramente tutti i colleghi che si sono spesi, che hanno tentato in tutte le maniere di essere vicini ai loro malati, ai loro assistiti, proprio per essere, insieme con loro, cura delle stesse loro malattie”.
Si è aperto così l’intervento, affidato ad un videomessaggio, del Presidente della FNOMCeO, la Federazione degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, in occasione della videoconferenza di presentazione della XX edizione della Giornata nazionale del Sollievo, evento che vede l’impegno della Conferenza delle Regioni, del Ministero della Salute e della Fondazione Gigi Ghirotti, e che si celebrerà quest’anno domenica 30 maggio.
Anelli ha ricordato l’esempio dei tanti colleghi che hanno perso la vita per non rinunciare a quella prossimità che è essa stessa parte della cura, che corrisponde al “pallium”, al mantello lenitivo e consolatore da cui traggono il nome e il significato le cure palliative. Un pallium del quale, durante la pandemia, spesso le terapie si sono dovute svestire: per la limitazione degli accessi nelle RSA, delle visite agli ammalati da parte dei parenti negli ospedali, dei contatti sociali in genere. Ma che è stato portato e donato con orgoglio dai medici e dagli operatori sanitari.
“Sono veramente tanti i colleghi che hanno dato la propria vita per essere vicini ai loro ammalati – ha ricordato Anelli -. Tra loro, Ubaldo Amati che, proprio per alleviare le sofferenze e seguire i pazienti più anziani del suo paese in Valle d’Itria, Locorotondo (BA), ha deciso di dedicarsi oltre che al suo lavoro di medico di famiglia a quello di assistere gli anziani nella locale RSA. Orbene, quella attività di volontariato, quella generosità spontanea poi è stata a causa anche della sua malattia da Covid che lo ha portato alla morte”.
“Questo grande insegnamento di passione, generosità, dedizione oggi deve essere per noi un monito perché le cure siano sempre sicure – ha concluso Anelli – .E, allo stesso tempo, un insegnamento per dire che i nostri pazienti devono tornare ad avere un contatto diretto con il proprio medico. Perché soltanto ascoltando le loro storie, i loro sintomi, le loro sofferenze si può mettere mano a una terapia che aiuti e rispetti la loro dignità umana”.
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28/05/2021
Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO