Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri
Si chiama Megane Detou, è una studentessa ventitreenne del Camerun iscritta all’Università di Bari e, in poche ore, è diventata il simbolo della lotta contro la violenza di genere. Megane, dopo aver accettato ‘l’ultimo appuntamento’ con un suo coetaneo barese che aveva frequentato e che non si dava pace per la rottura, è stata portata in un luogo isolato e picchiata selvaggiamente. Ma non si è arresa, anzi ha postato sui social, come denuncia e monito, le foto dei suoi lividi, del suo volto tumefatto.
Solidarieta a Megane, e a tutte le vittime di violenza, senza distinzione di sesso, età, provenienza geografica, professione, arriva dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, che è anche presidente dell’Ordine di Bari.
“I medici italiani sono vicini a Megane e, attraverso di lei, a tutte le vittime di violenza. Una violenza che non fa distinzioni ma è tanto più odiosa quando si accanisce con maggior ferocia sui soggetti fragili, che il nostro Codice deontologico, all’articolo 32, ci impone di tutelare in maniera particolare – afferma Anelli -. I medici sono spesso i primi testimoni degli abusi e hanno il dovere di proteggere la persona in condizioni di vulnerabilità o fragilità psico-fisica, sociale o civile, in particolare quando ritengono che l’ambiente in cui vive non sia idoneo a proteggere la sua salute, la dignità e la qualità di vita, anche segnalando all’Autorità competente le condizioni di discriminazione, maltrattamento fisico o psichico, violenza o abuso sessuale”.
“Ma dobbiamo fare ancora di più, dobbiamo smuovere le coscienze – continua -, ribadendo che il rispetto delle persone e della loro dignità è un valore assoluto”.
“La violenza è diventata un’emergenza non solo di sanità pubblica, ma anche sociale, che permea ad ogni livello le nostre comunità – osserva -. Affonda le sue radici anche in quella che alcuni psicologi e sociologi definiscono ‘cultura narcisista’, per cui l’altro non è più visto come individuo da rispettare e portatore di valori ma come fonte di soddisfazione di diritti presunti e pretesi. Ecco allora che la compagna che lascia, la ragazza che non corrisponde, non tanto diversamente dal medico che non elargisce subito una prestazione magari impropria o dall’insegnante che dà un brutto voto, diventano oggetti da distruggere, bersagli di una rabbia che nasconde la fragilità dell’io”.
“Per questo non ci stancheremo di chiedere condizioni di lavoro sicure per i nostri professionisti, ma anche il superamento delle disuguaglianze e degli squilibri sociali che mettono alcuni soggetti più di altri in condizioni di fragilità e di vulnerabilità alla violenza – conclude -. E ancor meno ci stancheremo di chiedere rispetto, rispetto per chi è in tali condizioni di vulnerabilità e per chi volontariamente si mette anche a rischio pur di esercitare il diritto-dovere di curare”.
Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO