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Appendicite acuta: spesso evitabile il tavolo operatorio

Si sono ammalati tutti tre di una
forma gravissima di appendicite acuta che per i primi due non ha lasciato scampo
mentre per il terzo ha avuto, molto recentemente, esito non fatale grazie ad
una buona dose di fortuna e alla tempestività di un intervento chirurgico
eseguito a Londra.
Altra caratteristica comune di questi tre personaggi dello spettacolo è che sono finiti tutti su un tavolo operatorio. Di più; le loro storie personali hanno contribuito, insieme a quelle di donne e uomini meno famosi o totalmente sconosciuti, a far introiettare in modo non totalmente consapevole in medici e non, una sorta di inevitabilità dell’opzione chirurgica per questa patologia: ecco, non a caso, come l’Ansa ha diffuso recentemente una nota dell’Oms sulla povertà sanitaria che affligge i due terzi del Pianeta (vedi).

Inutile negare poi in questo panorama la facilità con cui i bambini del “baby boom” nati in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale sono stati sottoposti ad appendicectomia fino a buona parte degli anni ’70 dell’altro Secolo. Una facilità che non ha conosciuto flessioni nemmeno dopo l’ingresso “trionfale”nell’era dell’antibiotico terapia che avrebbe in qualche modo potuto limitare l’inevitabile destino chirurgico per questa patologia.

La Medicina basata sulle prove (EB) si pone quindi da decenni l’obiettivo di valutare l’approccio medico VS quello chirurgico nei confronti dell’appendicite acuta. Le acquisizioni del passato (e la riflessione su quelle evidenze pubblicate in letteratura) sono dominio della Storia della Medicina. Sbaglierebbe però chi pensasse che quell’obiettivo abbia perso d’attualità. Un recente studio multicentrico (vedi) al quale ha collaborato anche l’Istituto Mario Negri ha riproposto la possibilità di valutare gli effetti dell’antibiotico terapia in confronto al tradizionale e radicale approccio chirurgico. Il risultato (forse un po’prevedibile ma in ogni caso sempre importante) afferma che gli interventi chirurgici possono ridursi del 75% con una terapia con antibiotici instaurata correttamente.

L’importanza di questa sperimentazione (la più estesa come campione arruolato) è testimoniata da un’articolata sintesi dei suoi risultati, pubblicata in Rete da David Slawson, MD, Director of Information Sciences, University of Virginia Health System, Charlottesville, VA (USA). Tale nota, oltre a ricordare la natura e la posologia della terapia antibiotica praticata in modo random sugli arruolati della sperimentazione chiarisce subito che anche dopo questo studio l’alternativa terapeutica tra approccio medico e chirurgico all’appendicite acuta rimane“controversa”; anche se chi è stato costretto dalle proprie condizioni di salute all’intervento chirurgico dopo la terapia antibiotica ha avuto un decorso operatorio decisamente più favorevole di chi non aveva assunto antibiotici: The optimal management ofacute uncomplicated appendicitis (ie, immediate surgery versus antibiotictherapy) remains controversial. These investigators identified 530 adults, aged18 to 60 years, who presented to the emergency departments of 6 Finnishhospitals with uncomplicated acute appendicitis confirmed by computedtomographic scan. Exclusion criteria included the presence of an appendicolith,perforation, abscess, or suspicion of a tumor. Consenting patients wererandomly assigned (concealed allocation) to either standard surgicalappendectomy or antibiotic therapy (1 g intravenous ertapenem daily for 3 days followed by 7 days of oral levofloxacin, 500 mg once daily, and metronidazole,500 mg 3 times daily). Outcomes were assessed via hospital records andtelephone interviews for 1 year. Complete follow-up occurred for 83% of studyparticipants. Using intention-to-treat analysis, of the 273 patients randomizedto the surgical group, 272 (99.6%) underwent successful appendectomy. Of these,only 6% underwent laparoscopic appendectomy. Of the 256 patients available for1-year follow-up in the antibiotic group, 186 (72.7%; 95% CI 66.8%-78.0%) didnot require appendectomy; the rest underwent surgical intervention within 1year of initial presentation. No patients in the antibiotic group developed anintra-abdominal abscess. The overall postintervention complication rate,including median length of sick leave, wound infection, pneumonia, diarrhea,incisional hernia, adhesion-related bowel obstructions, and persistentabdominal or incisional pain was significantly lower in the antibiotic group(2.8% vs 20.5%; number needed to treat to harm = 5.7; 4.2-8.4). Interestingly,t he complication rate in the subgroup of patients in the antibiotic group who eventually underwent appendectomy was also significantly lower than the rate inthe group who underwent initial appendectomy (7.0% vs 20.5%). There was nodifference between the groups in all-cause mortality.

A cura di N. Ferraro

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Autore: Redazione FNOMCeO

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