Tar Friuli Venezia Giulia Sent. n. 20/17 – Introduzione dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale quale requisito di accesso ai servizi educativi comunali – L’interesse pubblico deve prevalere su quello dei singoli. Risulta evidente che spetta anche al Comune la tutela della salute della collettività, che deve per la sua natura prevalere sulla tutela della salute dei singoli individui, tanto più che quest’ultima risulta perlomeno dubbia e comunque sempre caducabile. L’iscrizione a un asilo comporta di necessità la convivenza dei bambini in un ambiente ristretto, per cui la mancanza di vaccinazione, per un elementare principio di precauzione sanitaria, si ripercuoterebbe sulla salute degli altri, anche quelli con particolare debolezze e fragilità immunitarie. Pertanto il pur rispettabile e tutelabile interesse individuale deve regredire rispetto all’interesse pubblico, in particolare ove si tratti di tutela della salute. L’interesse tutelato dall’opzione di non vaccinare i figli è evidentemente quello individuale, condizionato nella sua stessa esistenza dalla scelta opposta della maggior parte degli altri genitori.
FATTO E DIRITTO: Agiscono in giudizio due coppie di genitori di due bimbi in età prescolare, avverso la delibera comunale che, modificando il regolamento delle scuole materne comunali e dei servizi per la prima infanzia, pone quale requisito per l’accesso a detti servizi comunali l’assolvimento dell’obbligo vaccinale. Nel nostro Paese esistono quattro vaccinazioni obbligatorie, fissate con quattro distinte leggi: la n. 891 del 1939 sulla vaccinazione antidifterica, la n. 292 del 1963 su quella antitetanica, la n. 51 del 1966 sulla vaccinazione antipoliomelitica e infine la n. 165 del 1981 sulla vaccinazione contro l’epatite. L’obbligo di vaccinazione non è mai stato abrogato; con il d.P.R. n. 355 del 1999, articolo 1, non si è certo eliminata l’obbligatorietà dei vaccini, si è solo consentita una specie di obiezione di coscienza nel senso che ove i genitori, contrariamente all’obbligo di legge, scelgano di non vaccinare i propri figli, ciò non presenta conseguenze negative per quanto riguarda l’iscrizione dei pargoli alla scuola dell’obbligo. In sostanza, l’obbligo di vaccinare i propri bimbi per le quattro malattie sopra indicate permane, viene solo inibita la conseguenza della mancata iscrizione alla scuola dell’obbligo. Anche muovendo dalla prospettazione dei genitori ricorrenti, la loro scelta si dimostra o meglio diventa errata alla radice ove sia condivisa da un certo numero di cittadini. Il rilievo testé esaminato porta a immediate conseguenze sul piano giuridico: infatti, l’interesse tutelato dall’opzione di non vaccinare i figli è evidentemente quello individuale, condizionato nella sua stessa esistenza dalla scelta opposta della maggior parte degli altri genitori. Ciò implica, con un elementare ragionamento a contrario, che la scelta dell’ente pubblico, nel caso il Comune, cui spetta ovviamente la cura del pubblico interesse, non possa che essere diversa, vale a dire a favore della vaccinazione. Va poi osservato come la scelta di rendere obbligatoria la vaccinazione per i bambini da iscrivere all’asilo comunale è stata dettata dalla tutela della salute degli altri allievi, tenendo presente che la norma impugnata riguarda solo le vaccinazioni obbligatorie e comunque esenta determinati bambini che per comprovate ragioni mediche non possono essere sottoposti a vaccinazioni. Si tratta quindi di una norma di prevenzione e di precauzione in materia della salute che il Comune, nel regolamentare l’accesso ai propri asili, può legittimamente definire e disciplinare. Secondo questo Collegio, proprio i principi invocati dai ricorrenti non possono limitarsi ad un’applicazione parcellizzata e individualizzata, ma devono essere estesi all’intera collettività, con la differenza che per definizione l’interesse pubblico deve prevalere su quello dei singoli. Risulta evidente che spetta anche al Comune la tutela della salute della collettività, che deve per la sua natura prevalere sulla tutela della salute dei singoli individui, tanto più che quest’ultima, come sopra ampiamente spiegato, risulta perlomeno dubbia e comunque sempre caducabile. L’iscrizione a un asilo comporta di necessità la convivenza dei bambini in un ambiente ristretto, per cui la mancanza di vaccinazione, per un elementare principio di precauzione sanitaria, si ripercuoterebbe sulla salute degli altri, anche quelli con particolare debolezze e fragilità immunitarie. Il pur rispettabile e tutelabile interesse individuale deve regredire rispetto all’interesse pubblico, in particolare ove si tratti di tutela della salute. Né va dimenticato come le quattro vaccinazioni citate rimangono obbligatorie nel nostro ordinamento. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso lo rigetta).