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Bari, Giornate della Formazione. Intervista a Roberto Stella

III Edizione – Appuntamento fisso nello scenario del Castello Normanno Svevo
di Bari il 15 e 16 settembre: iniziativa che l’Ordine di Bari organizza
annualmente per fare il punto sulla formazione continua. (Programma). La redazione MediaFNOMCeO ha intervistato il Dott. Roberto Stella, Coordinatore Area Formazione della FNOMCeO.

Qual è lo stato dell’arte della formazione ECM dal punto di vista metodologico? Quali sono i risultati ottenuti e quali gli obiettivi ancora da raggiungere?

Se guardiamo all’evoluzione che ha avuto la formazione ECM, siamo passati da un approccio di tipo tradizionale, con metodologie di apprendimento legate all’auto-formazione e con metodi tradizionali (libri, manuali, conferenze, convegni e riunioni) ad un modello che incentiva la partecipazione e la sensibilizzazione dei professionisti verso un aggiornamento più mirato e continuo, attraverso strumenti e sistemi che permettono di ottenere migliori risultati in termini di apprendimento, di favorire una maggiore accessibilità e di diversificare l’offerta formativa.

L’introduzione, negli ultimi anni, della possibilità di aggiornamento online, ha offerto al professionista l’opportunità di formarsi a distanza e di accedere ad una formazione più fruibile, per la comodità di non doversi trasferire per il proprio aggiornamento professionale, e più versatile grazie agli strumenti – computer, web – su cui lavorare. In particolare mi riferisco alla Fad, la formazione a distanza, in cui possiamo inserire però anche altri metodi formativi come la formazione con tutor a video e tutto ciò che permette all’utente di agire direttamente o di interagire attraverso le piattaforme informatiche. Inoltre la diversificazione introdotta con il modello della formazione fra pari, sul campo e nell’ambito professionale, ha inciso molto sul profilo metodologico.

Sarebbe però opportuno investire maggiormente su un modello basato sulle competenze, da integrare con l’ambito del sapere. Le tre aree della formazione infatti sono sapere, saper fare e saper essere. In passato noi abbiamo investito tantissimo nell’ambito della conoscenza e quindi del sapere, mentre abbiamo utilizzato pochissimi strumenti che puntino verso il saper fare. Probabilmente il grande cambiamento sarà la formazione per competenze, e per riuscire in questo obiettivo sarà necessario implementare la partecipazione diretta alle attività formative e incrementare la formazione sul campo.

Un’altra sfida, difficile ma stimolante, riguarda la valutazione dei risultati. Mancano ancora dei criteri e dei sistemi di valutazione dell’apprendimento a distanza nel tempo, che ci dicano quanto resta degli interventi formativi e quanto veramente il professionista ha imparato: cioè se le informazioni ricevute abbiano modificato il suo comportamento, se abbiano aggiunto competenze alla vita se abbia se sia migliorato il risultati della cura. L’impegno per il futuro è realizzare strumenti di valutazione corretti, severi e appropriati.

Come si integra la formazione ECM con la tecnologia e gli strumenti più moderni della didattica?

Lo sviluppo dei metodi di apprendimento e delle modalità con cui si può fare oggi formazione si integra perfettamente con le opportunità offerte dalla tecnologia, perché gli strumenti informatici permettono sempre più di aggiornarsi, di apprendere e di verificare direttamente le proprie modalità operative e i propri comportamenti. Per queste ragioni la didattica è integrata alla tecnologia quando introduce sistemi di formazione in grado di superare la classica lezione magistrale e la classica formazione residenziale, e concede al professionista la possibilità sia di sperimentare sia di partecipare in prima persona al percorso di apprendimento.

Un’ulteriore novità che ci attendiamo negli anni a venire è la possibilità di acquisire competenze e di migliorare le capacità di aggiornamento professionale attraverso la medicina della simulazione, cioè la riproduzione e lo sviluppo di casi clinici in contesti controllati e funzionali, nei quali il professionista può direttamente valutare il proprio operato, comprendere i propri comportamenti e correggere gli errori.

In modo analogo ai piloti di aerei, che hanno imparato attraverso i simulatori, nell’area medica sarà possibile apprendere le procedure diagnostiche complesse anche attraverso l’utilizzo di strumenti che permettano, in ambiente assolutamente protetto, di verificare le proprie capacità, sperimentarle e conseguentemente valutare il livello di apprendimento di nuove performances.

Un altro elemento sul quale oggi si lavora molto è il Problem-based learning, o PBL, modalità in cui il professionista esegue una serie di percorsi nella realtà virtuale e risolve ipotetiche situazioni problematiche che ritroverà poi nella realtà.

Il ruolo dell’Università: esiste un profilo di avvicinamento alla formazione ECM?

L’Università è la sede definita della didattica, la sede elettiva della formazione: la medicina è nata ed è stata portata avanti in Università. È però necessario trovare un sistema di mediazione tra l’Accademia e i luoghi di apprendimento diversi, tra il ruolo tradizionale dell’Università per quanto riguarda l’ambito formativo e ciò che invece oggi è richiesto per le nostre figure professionali che si confrontano con altri ambienti, con l’Europa e con la libera circolazione di professionisti.

Dovrebbe esistere una sorta di orientamento all’educazione continua che dia agli studenti le premesse per un percorso di formazione duraturo. È chiaro che si tratta di un’esigenza complessa, ma probabilmente si può pensare ad un’apertura dell’Università verso la formazione continua – apertura facilitata dalle risorse di cui dispone, cioè professionisti preparati, didattica, strumenti – per una ancora maggiore integrazione nel tessuto formativo e con tutti gli altri attori che si occupano di formazione»

Università e post- laurea: dalla formazione classica a quella sul campo? È davvero così o ci sono ancora dei rallentamenti per arrivare ad un paradigma di formazione più moderno?

A livello universitario, nelle cliniche convenzionate, negli ospedali, esiste uno sbilanciamento della formazione teorica su quella pratica, contrariamente a quanto accade negli altri Paesi. La formazione d’aula dovrebbe aprirsi alla possibilità di apprendimento diretto all’interno dei luoghi di lavoro, in modo da rendere più armonico il passaggio dal mondo universitario a quello successivo.

Il cambiamento di paradigma può avvenire solo ampliando il concetto di sapere professionale all’acquisizione di competenze. Dobbiamo far sì che ogni professionista riesca a mettere insieme abilità, comportamenti e conoscenze teoriche per essere in grado di svolgere al meglio il proprio compito nel contesto particolare in cui opera. La competenza infatti non è un concetto astratto, ma è la capacità del professionista di saper fare, in un dato momento e nel ruolo che occupa. Lavorare direttamente nei corsi di aggiornamento, partecipare in prima persona, acquisire strumenti tecnologici, fare simulazione, fare formazione sul campo ci porta veramente ad acquisire competenze durevoli, perché se il professionista è integrato nell’ambiente lavorativo sotto il profilo dei comportamenti e delle azioni, ciò che impara rimane nel tempo e diventa tanto più utile dal punto di vista delle performances dell’organizzazione. Questo è veramente il cambio di paradigma: la formazione classica gradualmente va superata con una formazione più moderna che consideri i luoghi di lavoro come ambiente importante di apprendimento.

Per estendere il discorso possiamo pensare al fatto che, mentre in Italia si parla di life long learning, cioè di formazione che dura tutta la vita, oggi, proprio in questo cambiamento di paradigma, gli inglesi parlano di life wide learning, cioè di apprendimento allargato, nella vita, all’interno del proprio luogo di lavoro, nel confronto tra pari, nella discussione di gruppo e nei gruppi di miglioramento a livello aziendale.

Il concetto di life wide learning si inserisce nell’ambito delle competenze e nella loro organizzazione gerarchica. Infatti alle competenze di base si sommano le competenze trasversali, cioè sapere l’inglese, fare i conti, usare un foglio di lavoro o un programma. Su questo complesso si innestano poi le competenze individuali, o competenze tecnico-professionali di ogni individuo, che sono le più diversificate e sono espressione di quello che si deve saper fare in un dato momento della propria vita professionale, nel luogo in cui ci si trova. Nella piramide delle competenze l’acquisizione di esperienze settoriali e dirette garantisce un apprendimento molto più funzionale in termini di risultati, perché quanto appreso è applicato insieme ad altri, sperimentato e verificato.

Quale ruolo ha l’interdisciplinarità (se lo ha) per ripensare un nuovo paradigma di formazione?

Credo che oggi più che mai, considerato che il lavoro di équipe è la modalità operativa sulla quale ormai si basa tutta la medicina, non debba esistere più la figura del medico solista ma solo quella del medico inserito in un team, sia in ospedale, sia sul territorio, in un rapporto di integrazione di diverse competenze in grado di soddisfare la domanda di salute che ne deriva. Quindi medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi e tutte le altre figure di operatori sanitari devono collaborare per una medicina fatta insieme, con competenze professionali diverse e integrate. Credo che sia veramente importante introdurre anche una formazione interdisciplinare, cioè promuovere l’idea di formarsi insieme condividendo anche percorsi formativi per alcune aree, con protocolli diagnostici condivisi e linee guida condivise. Purtroppo, mentre in altri Paesi medici e infermieri lavorano e fanno formazione insieme, oggi da noi la realtà a mio giudizio è un po’ carente. Bisogna invece creare le condizioni per formarsi insieme e fare formazione interdisciplinare, sia con l’apporto di discipline interne alla medicina sia, come accadeva in passato, con una maggiore attenzione alle medical humanities e agli aspetti antropologici e filosofici, facendo rientrare anche queste attività nei percorsi di studio e di formazione dei professionisti già in carriera.

Autore: Redazione FNOMCeO

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