Ancora un momento di approfondimento su un tema quanto mai attuale come “salute e immigrazione”, a dimostrazione dell’attenzione delle istituzioni e della professione medica per i bisogni sanitari delle popolazioni provenienti da culture diverse. I flussi migratori dai Paesi in via di sviluppo verso l’Occidente, infatti, al di là delle motivazioni che spingono i singoli o i gruppi più o meno numerosi a emigrare dal loro Paese, rappresentano un fenomeno storico che merita una attenta considerazione per i risvolti socio – sanitari ad essi collegati.
L’appuntamento questa volta è a Bari dove il 9 e 10 giugno presso la Sala Convegni del Palazzo della Provincia si terrà un Corso/Convegno promosso dalla ASL- Ba sul tema “Medicina multiculturale”. La convivenza di una pluralità di etnie in uno stesso territorio solleva innumerevoli problemi che investono svariati campi, dalla sociologia alla psicologia, dall’antropologia culturale all’etnologia, dalla demografia all’economia, dalla morale alla religione, dal diritto alla politica. In questo scenario la professione medica è chiamata in causa per diversi aspetti : quello bioetico, quello professionale – conoscitivo – relazionale, quello formativo e della qualità dell’assistenza e, come si può ben capire, le difficoltà che il medico incontra sono estremamente gravose.
“Non si tratta solo di avere massimo rispetto dell’essere umano, indipendentemente dall’appartenenza culturale o etnica – dice Maurizio Benato, Vicepresidente della FNOMCeO che interverrà alla prima sessione dei lavori con una relazione sul tema “Etica e deontologia nella società multiculturale” – ma di riconoscere che il principio di uguaglianza va integrato con il principio di differenza, inteso come rispetto della specificità di ogni cultura”.
“Esistono due tendenze politiche nella nostra società e noi medici ne siamo uno spaccato, tendenze che appaiono assai diverse. La prima, che va sotto il nome di assimilazione secondo cui chi entra in un paese deve a poco a poco identificarsi con i suoi abitanti, accettarne le regole, perdere la propria identità attraverso la graduale acquisizione dei diritti di cittadinanza, civili, sociali, politici.
La seconda, quale reazione alla politica dell’assimilazione, che spinge con sempre maggior forza ad una concezione "separatista" della società multietnica, con una richiesta forte del rispetto delle differenze e che dovrebbe consentire all’individuo di un gruppo etnico diverso da quello maggioritario, la conservazione più ampia possibile di ciò che lo rende diverso, con i propri costumi, la propria lingua, la propria concezione etica.
Oggi il contrasto fra queste due posizioni è più vivo che mai, ma proprio per la loro netta differenziazione è legittimo chiedersi se non siano entrambe sbagliate”.
“Nel ‘Manifesto di Padova’ – aggiunge Benato – approvato dalla Federazione degli Ordini nel novembre del 2007 si afferma: Dovere del medico è il riconoscimento della diversità delle specificità culturali di ciascun paziente adattando ogni singolo intervento sanitario agli specifici bisogni, culturalmente connotati privilegiando il dialogo per conciliare libertà comune e appartenenza specifica; tutto ciò con la finalità di garantire uguaglianza dei diritti a chi è differente.
Pertanto il rispetto dell’identità e della differenza culturale va compreso proprio sulla base del principio di uguaglianza, che lo fonda e lo sostiene”.
“L’accesso all’assistenza pubblica di base deve essere quindi garantito a tutti i cittadini, siano essi italiani o stranieri, quale diritto individuale e al tempo stesso collettivo: tutelare la salute di ogni individuo, indipendentemente dalla provenienza, significa infatti garantire la salute della comunità nel suo complesso. Ecco quindi che il diritto di ogni cittadino alla salute, diviene un dovere di tutela a carico delle istituzioni preposte, nella misura in cui ogni individuo vive in un contesto di relazioni con altri individui”.
“Rimane fermo per noi medici – conclude il Vicepresidente della FNOMCeO – il principio che ogni trattamento sanitario, preventivo, diagnostico e terapeutico, se non previsto per legge, presuppone comunque l’acquisizione del consenso informato. A supporto e integrazione di tale principio e a fronte dell’eventuale ipotesi di esclusione dal diritto all’assistenza sanitaria pubblica degli immigrati clandestini e irregolari, interviene invece la deontologia medica professionale nella misura in cui impone il dovere di assistere, per le sue condizioni di fragilità, di vulnerabilità e di bisogno chi non è regolarmente inserito nel registro sanitario nazionale”.
Autore: Redazione FNOMCeO