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Bartolo: da Lampedusa un racconto di tragedie e speranze

Nell’ultima settimana ha dormito complessivamente dieci ore. E anche quelle ore non sono state di “sonno tranquillo”, con immagini tremende e disperate ad accompagnare quei pochi momenti di finto riposo. Pietro Bartolo, 57 anni, a Lampedusa è per tutti “il medico” dei salvataggi. Da questa isola da tanti anni si occupa di immigrazione ed assiste, con i colleghi del poliambulatorio, emigranti sfiniti da traversate su mezzi di fortuna, storie di chi cerca fortuna puntando ad uno sbarco notturno sull’isola che rappresenta l’Italia, l’Europa, l’Occidente.

In questi giorni, dopo la tragedia dell’Isola dei conigli, Bartolo insieme ai suoi colleghi del Poliambulatorio, ha fatto servizio continuo: ha curato, ha constatato, ha lavorato con sub, ha consolato. Ed ha anche salvato. Ecco il racconto dei giorni più impegnativi nella vita di un medico italiano.

Dottor Bartolo: cosa ci può raccontare di questa lunghissima e dolorosa settimana che ormai ci separa dalla tragedia dell’Isola dei Conigli?
Da sempre mi occupo di immigrazione, ma onestamente non avrei mai immaginato di assistere ad una tragedia di queste dimensioni. In questo caso poi lo sconforto e la rabbia in tutti noi che lavoriamo qui si sono incrociate con l’incredulità di fronte agli eventi, perché il tutto è accaduto in una situazione di mare calmo con quell’imbarcazione ormai già arrivata all’imboccatura del porto. Colpa di qualche coperta a cui hanno dato fuoco e che poi è sfuggita al controllo…

Avete visto giovani salvati e corpi di madri ormai senza vita. Avete ricevuto l’attenzione di mezzo mondo e di capi di governo. Come state vivendo oggi sull’isola? 
Non ci siamo curati tanto degli aspetti pubblici di questo dramma. Qui la gente è disperata e dispiaciuta per quello che ha visto e vissuto. Abbiamo potuto fare pochissimo anche se è già qualcosa. La prima barca del nostro porto ha salvato 47 persone in mezzo al petrolio e al fuoco, e poi ha dato l’allarme. E’ stata una cosa eroica.  

Il lavoro di recupero delle salme è giunto alla conclusione….

Ne abbiamo salvati 155, ma sappiamo che a bordo erano oltre 510. Oggi sta terminando il lavoro serrato da parte dei sub che fanno la spola tra il porto e il mare, tra le banchine e il relitto e i fondali. C’erano tutti, dalla marina ai carabinieri, che facevano continuamente su e giù con una instancabilità che ci ha lasciato senza parole. Per noi che aspettavamo sulla banchina erano scene strazianti: gli ultimi arrivati erano i corpi di 19 uomini e di una donna, irriconoscibili…  

Cosa significa fare il medico in questa situazione?
Significa affrontare tutte le situazioni che ti si presentano, sia quelle che danno soddisfazione, che quelle che non ne danno affatto…  

Vuol dire che in questa sofferenza ci sono anche storie che le han dato speranza?
Ma certo: abbiamo salvato per miracolo una ragazza di 20anni. Nei primissimi momenti dopo il naufragio l’avevano messa tra i morti sulla barca dove l’avevano raccolta dall’acqua. Per fortuna faccio sempre una verifica tra tutti i “corpi” e mi sono accorto che questa ragazza data per deceduta aveva un polso flebilissimo, ma tiepido, e allora siamo riusciti con l’aiuto dei ragazzi del peschereccio a salvarla.  

Cosa è successo dopo? Come sta questa giovane?
L’abbiamo portata al poliambulatorio ed ora è ancora lì, ma si è ripresa. Direi che l’abbiamo proprio acciuffata per i capelli… 

A Lampedusa operate tra pronto soccorso e poliambulatorio, con il sostegno di un elicottero che porta verso la Sicilia i casi più critici. Ce la fate a reggere l’impatto di una situazione come quella che si è creata in questi giorni?
Diciamo che il poliambulatorio ce la fa, perché abbiamo un’organizzazione dinamica e i colleghi sono tutti dotati di dedizione e coraggio. Un’altra questione è come riuscire a resistere davanti alla situazione: abbiamo fatto 231 ispezioni cadaveriche in pochi giorni e quelle non te le dimentichi, soprattutto per i ragazzini, per le donne gravide e per i bambini piccoli. Questi non li dimenticheremo mai. E ce li porteremo dietro, come ogni medico sa, per tutti i giorni futuri della nostra professione. E della nostra vita. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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