Si sono da poco spenti i riflettori sul convegno di Bari , dedicato ai temi della formazione pre-laurea e specialistica e sui fabbisogni di professionisti, che già all’orizzonte si delinea un nuovo grande appuntamento culturale promosso dalla FNOMCeO in collaborazione, questa volta, con l’Ordine di Padova.
Nella “Città del Santo” dal 15 al 17 ottobre è infatti in programma il convegno “Pensare per la professione” un evento che si propone, già il titolo lo lascia presagire, come un impegnativo momento di riflessione a tuttotondo sulla figura del medico ai giorni nostri.
A latere della manifestazione è previsto un convegno su “Odontoiatria italiana tra passato e futuro: dalla formazione all’aggiornamento continuo”.
Il programma scientifico avrà un prologo nel pomeriggio di giovedì 15 ottobre con una manifestazione culturale su Letteratura, poesia, filosofia e medicina, incentrata su due letture magistrali, di Dietrich von Engelhardt (“La narrazione del patologico e la terapia letteraria") e di Vincenzo Milanesi (“A proposito del rapporto tra etica e scienza”). Sono noti infatti i rapporti stretti tra medicina e letteratura così come sono numerosi i personaggi letterari medici o celebri pazienti.
Tornando al tema centrale dei lavori abbiamo chiesto al presidente dell’Ordine di Padova, nonché vicepresidente della FNOMCeO, Maurizio Benato che in quanto ospite ha seguito in prima persona tutta la fase organizzativa della manifestazione, di inoltrarci in quello che sarà il filo conduttore del Convegno.
Presidente Benato, di nuovo a Padova per un dibattito su un tema di grande interesse per la professione medica, ma che Lei stesso non ha esitato a definire complesso …
Si, anche quest’anno il nostro Ordine in collaborazione con la Federazione ha deciso di aprire un confronto all’interno della categoria sul nuovo modo di interpretare la professione medica oggi, in un contesto dove salute e malattia sono il frutto di dinamiche molto complesse – ecco la complessità cui facevo riferimento – per cui risulta importante coniugare intuizione ed esperienza professionale nell’approccio con il paziente.
I progressi della ricerca e le aspettative di salute dei cittadini aprono nuovi scenari sul fronte dell’assistenza, in che modo sta cambiando la medicina ?
Voltaire sosteneva che “il medico abile è un uomo che intrattiene con successo i suoi pazienti mentre la natura li sta guarendo”. Questo valeva quando la medicina si limitava ad osservare i fenomeni e cercava di interpretarli e classificarli. Oggi la medicina è orientata verso la prevenzione, molto spesso guarisce o almeno riabilita
Il progresso della conoscenza, della tecnologia e delle nuove scienze biologiche applicate (biotecnologie, post-genomica, cellule staminali, xenotrapianti, neuroscienze) impone una trasformazione delle pratiche, mentre il superamento dei valori tradizionali della società, con le conseguenti implicazioni sociali etico-filosofiche, sollecita la necessità di riformulare un nuovo quadro di valori che permetta di giustificare il loro impiego.
Ecco il motivo per cui emerge con sempre maggiore forza l’esigenza di modificare il paradigma stresso della medicina.
Un cambiamento che inevitabilmente interessa anche la figura del medico…
E’ evidente che rappresentando, di fatto, il perno intorno al quale ruota il sistema sanitario il medico subisce, ma nelle stesso tempo è artefice di questo rinnovamento. Ecco perché il Convegno di Padova vuole essere anche l’occasione per avanzare proposte per un nuovo percorso formativo del medico e un nuovo modello assistenziale, in un contesto sociale ed economico dove spesso è presente una divaricazione tra i fini del sistema sanitario e quelli della medicina e dove si percepisce una costante delegittimazione dei "contenuti" scientifici e metodologici rispetto ai contesti operativi nei quali questi "sono organizzati".
Alla medicina viene continuamente rimproverato di essere una disciplina che dedica sempre meno spazio all’ascolto del malato. Lei condivide questa tesi ?
Lo sviluppo delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche ha avuto certamente ricadute positive nella soluzione dei problemi clinici, tuttavia non possiamo disconoscere come questi progressi della scienza abbiano contribuito in parte ad alterare il corretto approccio con il malato.
Non dobbiamo inoltre dimenticare che per tutto il ventesimo secolo la formazione medica si è realizzata all’interno dell’ospedale-università, unica sede dove i malati ricevevano assistenza e dove i giovani medici potevano mettere a frutto le loro conoscenze biologiche e cliniche.
Questo modello di esperienza formativa, realizzato nel contesto di un approccio globale alla realtà esistenziale dell’uomo malato, è entrato in crisi negli anni 60 – 70 e ciò ha portato progressivamente alla situazione di difficoltà in cui si trova attualmente la metodologia conoscitiva del paziente.
Ecco quindi l’esigenza di rivedere l’iter formativo del medico, che si presenta oggi prevalentemente nozionistico, astratto e statico, e di implementare lo studio della metodologia clinica per riportare su un binario più corretto l’approccio al malato.
Secondo Lei – presidente Benato – stiamo vivendo una fase storica in cui la medicina cerca di adattarsi al nuovo modello sociale?
In un mondo il cui il ruolo del contesto è sempre più importante, la medicina non può costituire una variabile indipendente , così come non può esserlo il mondo della malattia.
Si sta affermando l’idea che gli scopi della medicina si devono definire attraverso la coscienza, una coscienza bioetica che dovrebbe imporre limiti alla medicina nel suo contesto sociale e culturale.
Da parte sua la medicina, cui viene continuamente rimproverato di essere sempre più una disciplina ingegneristico–riparativa, non può disgiungere l’obbiettivo di efficienza da quello di efficacia nella tutela della salute.
Ritengo pertanto che questo sia il momento per un generale ripensamento, da affrontare tutti insieme con la convinzione che non esistono certezze in questo campo. Basti pensare a quelle che la scienza moderna aveva annunciato come assolute, ma in realtà sono continuamente rimesse in discussione.
Incertezze della pratica medica , quindi, che si scontrano con le certezze reclamate dal paziente per la propria salute, in una dinamica economica che non assicura le risorse necessarie ai bisogni reali.
Qual è l’obiettivo dichiarato di queste due giornate di lavori ?
Il nostro obiettivo è quello di dare un piccolo contributo a questo dibattito cercando di integrare le esigenze di chi pensa la medicina con quelle di chi la applica.
Non ci nascondiamo le difficoltà, perché lo sviluppo tecnologico della medicina è stato, negli ultimi decenni, improntato al concetto del fare piuttosto che a quello del ragionare, in ciò favorito dal terreno fertile di un certo tipo di cultura del medico più propensa alle abilità, ai tecnicismi e alla semplificazione di norme.
Ritengo che questo sia il momento per una profonda riflessione su come ricercare tutti insieme le soluzioni più idonee per produrre salute e recuperare la memoria storica della nostra evoluzione, di recuperare il nostro passato , perché – sono convinto – la professione medica debba svilupparsi anche al di fuori della quotidianità della sua storia.
Autore: Redazione FNOMCeO