La necessità di valutare la qualità del servizio sanitario è un’urgenza sempre più condivisa e da vita a molte iniziative sul territorio. Le ultime in ordine di tempo sono state quelle avviate in Lombardia e in Veneto in queste ultime settimane. La prima è un sistema software di analisi e valutazione della qualità delle cure ospedaliere, annunciato dall’assessore regionale Luciano Bresciani l’1 febbraio scorso; la seconda è un iniziativa presentata dall’assessore regionale Sandro Sandri, per verificare la qualità dell’assistenza e che consiste in un questionario in 77 domande proposto a circa 7000 cittadini “sul loro rapporto con il medico di famiglia e con la guardia medica”. Iniziative che sono sintomo di quanto sia caldo il tema “valutazione” a prescindere dall’efficacia dei percorsi intrapresi: abbiamo provato ad analizzare il dato dialogando con Maurizio Benato, vicepresidente FNOMCeO.
Presidente, sono sempre più numerose le attività istituzionali che puntano a valutare la qualità percepita dei servizi sanitari: cosa indicano queste iniziative?
Come appare comprensibile, nel governo di un qualsiasi sistema sanitario si intrecciano diverse culture che danno vita ad un dialogo complesso e difficile: la cultura politica, quella scientifico-tecnologica, ma anche quella pedagogica, bioetica, antropologica, quelle sociologiche ed economiche, e non ultima la cultura del cosiddetto management. Da diversi decenni nei documenti dell’OMS ricorrono con frequenza non solo le parole come esigenza istituzionale, domanda proveniente dai bisogni di salute, ma anche riferimenti specifici all’esigenza della soddisfazione della popolazione. A questi termini corrispondono diverse aree che spesso per le esigenze che sviluppano più che a collimare entrano spesso in conflittualità.
Conflittualità che scaturiscono da quali differenti visioni?
Per esempio, possono non coincidere i bisogni che sono reali per la popolazione e le persone con quelli che invece reali sono per l’Istituzione, in quanto da un punto di vista epidemiologico più rilevanti e che pertanto possono trovare risposte più efficaci. D’altro canto la medicina è una costruzione storico sociale e può assumere significati differenti in società e tempi diversi e non c’è scopo della medicina che non crolli miseramente di fronte all’ultimo dei pazienti che non lo riconosca come tale nella sua dimensione individuale. Di conseguenza il valore di riferimento non può essere il perseguire un’idea astratta ma concreti obiettivi di salute adeguando l’organizzazione dei servizi sanitari alle esigenze dell’utenza cioè alla domanda e non il contrario.
Ecco che allora gli obiettivi della qualità totale delle cure in tutti i suoi passaggi necessari per una vera promozione della salute devono collimare con particolare attenzione alle procedure della comunicazione tra istituzione e popolazione, alla qualità dei trattamenti ma anche nell’accessibilità ai servizi. Una etica di sistema che si rispetti non può non porre attenzione ai valori che le persone coltivano nell’impegno a difendersi dalla malattia e gli indicatori di valutazione si possono riassumere nella personalizzazione/umanizzazione delle cure , nel diritto all’informazione, nella qualità della prestazione alberghiera e negli aspetti attuativi che riguardano la prevenzione.
La necessità di valutazione dei servizi sanitari è una scelta obbligata e condivisibile, oppure lei ha dubbi su queste attività? A quali "condizioni" ricerche simili a quelle attivate in Veneto e Lombardia possono offrire dati e risultati utili e di riferimento per tutto il sistema?
In questi ultimi anni c’è stata una continua attenzione all’efficienza stimolata dal rispetto dei vincoli di bilancio ritenuti giustamente cruciali per il mantenimento di un sistema solidaristico in un contesto di scarsità di risorse, ma non c’è stata la stessa attenzione al vero problema della sanità italiana – ma, per la verità, di tutti i paesi sviluppati – che è l’efficacia. E l’idea di efficacia discende dalla valutazione dei benefici delle procedure attuate e come medici non possiamo non riconoscere che accanto alle ragione dell’amministrazione ci sono le dimensioni umane da comprendere. Alla crisi di questo particolare momento storico per la realtà sanitaria italiana, dobbiamo rispondere con un forte richiamo al recupero di un sistema di valori, con una nuovo pensiero etico che ci permetta di favorire l’adozione di politiche di tutela della salute che vadano oltre la semplice produzione di servizi sanitari. Questo tipo di ricerche ci inducono innanzitutto ad interrogarci sulla qualità della formazione del personale medico e sanitario in generale cosa che la FNOMCeO sta già facendo e le soluzioni proposte sono già in una fase di elaborazione avanzata. Ci permette anche di inoltrarci in una seria riflessione epistemologica e bioetica sul nostro modo di pensare in medicina oggi più che mai stretto tra la tradizione scientifica e le medical humanities. Non si tratta certo di abbandonare il paradigma causalistico su cui si fonda la moderna medicina, ma di integrarlo in una visione olistica del paziente-utente. Occupandomi di formazione in ambito FNOMCeO penso anche alle importanti conseguenze specifiche di queste ricerche sulla pratica educativa dove occorrono sì tante conoscenze sistematiche, ma anche conoscenze legate alle situazione problematiche in cui cimentare queste conoscenze. Possono facilitare l’interazione di sistematicità e situazionismo che sono i due orientamenti dell’educazione medica di cui stiamo molto discutendo.
Può apparire strano che queste iniziative siano avviate senza la collaborazione degli stessi medici: non si può ingenerare un meccanismo di "scollamento" e "sfiducia" tra valutazione e valutato?
In effetti queste iniziative sembrano tener lontana la collaborazione dei medici e sembrano assumere aspetti per tanti versi punitivi nei confronti della nostra categoria. E’ un errore gravissimo perché, come ho già detto, nel sistema sanitario e nelle articolazioni del suo governo, si intrecciano culture diverse e data la complessità e la necessità di tenerle insieme ci si dovrebbe impegnare tutti nell’accettazione dei limiti della governabilità del sistema che presenta evidenti difficoltà nelle risposte alle domande di salute. Se vogliamo tenerci stretto questo Servizio sanitario nazionale che nonostante tutto garantisce libero accesso a tutti i suoi cittadini, dobbiamo trovare un nuovo equilibrio tra diritti individuali e finalità collettive, tutti dobbiamo aprirci all’idea dei limiti delle cure e della accettazione della finitezza umana bandita ormai dalla mentalità moderna. I medici come sempre nella loro storia non faranno mancare il loro apporto nella ricomposizione sistemica dei bisogni attraverso la ricerca della misura, dell’equità e dell’umanizzazione del servizio
I Paesi anglosassoni, da sempre capofila dei sistemi di valutazione e monitoring, puntano sempre sulla condivisione dei criteri e delle metodologie tra i vari soggetti coinvolti. Anche il nostro Paese non potrebbe imparare da loro?
Principi come Quality Assurance, Customer Satisfaction, con i relativi approcci come il medical e clinical audit, la VRQ cioè verifica e revisione di qualità, la APQ che sta per analisi partecipata di qualita’ ed altri, si sono infatti imposti nei paesi anglosassoni, ma anche da noi ormai sono in fase di avanzata applicazione e recentemente sono stati oggetto di un progetto di formazione a distanza della Fnomceo in collaborazione con il Ministero della Salute. Gli elementi fortemente innovativi che caratterizzano la ricerca della qualita sono l’impegno a migliorare la struttura organizzativa le procedure le verifiche, a realizzare l’addestramento e la formazione del personale sanitario sui temi della qualità, a coinvolgere tutto il personale nei processi di cura e a prevenire gli errori per soddisfare il paziente.
Autore: Redazione FNOMCeO