Ora che la candidatura al Senato del presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, nelle liste del Partito Democratico – in quella parte a elezione certa riservata a espressioni della Società civile – è stata sancita ufficialmente, l’Ufficio Stampa ha voluto approfondire, insieme a lui, i motivi e gli obiettivi di questa scelta.
Ne è nato un lungo colloquio, nel quale il presidente svela, senza reticenze, idee, progetti, speranze per la Legislatura che verrà.
Con un’unica, forte certezza : “Mi incammino su questa strada – ha dichiarato ieri sera, a caldo, Bianco – portando con me quello che, in questi anni in Federazione, ho imparato: il rispetto della pluralità delle idee, la supremazia del bene comune su quello individuale, il dialogo costante, la ricerca delle soluzioni condivise, la convinzione salda che la nostra Professione va investita di nuove responsabilità e ruoli per garantire ai cittadini l’universalismo, l’equità e l’efficacia del diritto alla tutela della Salute”.
A lui, dunque, la parola.
È di ieri sera la notizia della sua candidatura al Senato nel collegio della Sicilia nelle liste del Partito Democratico. Come ha maturato questa decisione?
Non è stata una scelta solitaria, ma confortata dall’unanime parere di tutti i componenti del Comitato Centrale della Federazione, che nel giro di poche ore ho sollecitato e ottenuto, avendo questi ritenuto opportuno corrispondere ad un segnale – forte nella sostanza e trasparente nella forma – di attenzione alla Professione medica lanciato da un grande partito nazionale.
E i messaggi che sto ricevendo in queste ore da parte di molti presidenti di Ordine, di Segretari di organizzazioni sindacali mediche e professionisti – ancorché di diverso orientamento politico – confermano il valore di questa scelta.
Valuta quindi l’offerta che ha ricevuto dai vertici del Partito Democratico come un riconoscimento del ruolo istituzionale dell’Ordine dei medici? Come anche del ruolo cruciale della Sanità in Politica?
Credo non mancassero candidature di pari dignità in altre espressioni della nostra Professione. La scelta di una persona che è il presidente della Fnomceo ha quindi indubbiamente il significato del riconoscimento di un ruolo e di una rappresentatività – autorevole e competente – nei confronti delle istituzioni ordinistiche: un altro segnale forte e nuovo, che non potevamo né dovevamo lasciare cadere nel vuoto.
Resta comunque ferma, perché ne costituisce la forza essenziale, l’Autonomia e l’Indipendenza della Federazione. Valori che in questi anni abbiamo coltivato ma soprattutto speso in un progetto sia di miglioramento continuo dei professionisti sia di valorizzazione del delicatissimo ruolo che questi svolgono nella tutela del diritto “fondamentale” alla Salute – un ruolo troppo spesso dimenticato quando addirittura non svilito – e più in generale nella difesa di un Servizio Sanitario nazionale universalistico, equo e solidale.
Non da oggi, è in corso una partita esiziale per questo grande presidio di civiltà e nei prossimi anni se ne deciderà l’esito.
Noi vogliamo esserci, anche in questa veste, avendo un solo pensiero forte e centrale, quello scritto senza equivoci all’articolo 32 della nostra Costituzione.
Ha già in mente alcune linee di lavoro?
In tempi assolutamente non sospetti, anche nella mia ultima relazione al Consiglio Nazionale della FNOMCeO, ho espresso alcune considerazioni.
Prioritario mi sembra essere un maggior potere di governo sul Servizio sanitario da attribuirsi al ministero della Salute, riducendo le influenze “permissive e riduttive” del ministero dell’Economia.
Non è un’affermazione gratuita, ma una riflessione seria da fare con trasparenza, anche nei confronti dei cittadini.
Non mi sfugge l’intreccio strutturale che ingabbia le sorti del Servizio Sanitario nazionale e, più in generale, del Welfare, a quelle dell’Economia e della Finanza pubblica.
Ma va posta con altrettanta dignità la questione della rilevanza che assume la tutela di un diritto, o meglio di più diritti, che danno identità civile e morale ad una comunità.
La crisi erode il sistema produttivo, i posti di lavoro, ruba futuro ai giovani, riduce le speranze di un domani; una gran parte del paese soffre disagi economici e mi domando quale e quanta sarebbe l’ulteriore insostenibilità di questa situazione se, eventualmente ammalati o bisognosi di assistenza, non ci fossero certezze di essere curati o se – mi permetto di aggiungere – fosse sempre più difficile mandare i figli a scuola.
La parola “Equità” ricorre spesso nei ragionamenti; la Sanità, l’Assistenza e la Scuola pubblica sono grandi presidi di equità, che non dovrebbero diventare variabili dipendenti della Finanza e dell’Economia in un paese avanzato come il nostro. Sarebbe, questo, un arretramento grave che, scomponendo il profilo dei diritti, allargherebbe diseguaglianze e ingiustizie.
A proposito di equità: si parla molto, tra i programmi dei vari schieramenti, di federalismo sanitario e non solo. Come pensa di poter conciliare l’efficace ed economico utilizzo delle risorse con una distribuzione equa dell’assistenza sul territorio?
L’esperienza di questi anni ci consegna l’esigenza di rivedere gli assetti istituzionali del Servizio Sanitario nazionale, ridisegnando un federalismo basato sulla solidarietà, oggi quanto mai opportuno, anche alla luce di programmi che intendono trattenere sui territori di provenienza il settantacinque per cento degli introiti fiscali.
La Sanità delle Regioni con minore capacità fiscale sarebbe, in questo modo, irrimediabilmente condannata – anche al netto di recuperi di efficienza – a un destino di marginalità. Questo è il federalismo dei più forti e dei più ricchi.
La leale collaborazione tra Regioni e Governo centrale va, al contrario, riempita di contenuti veri e impegnativi ed è un segnale preoccupante che la Legislatura si sia chiusa senza un Patto per la Salute e senza la ridefinizione dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Altre idee, sempre per quanto riguarda la politica sanitaria?
Va diversamente orientato il processo di aziendalizzazione in Sanità, troppo fermo su culture dimostratesi inadeguate a reggere la sfida della sostenibilità e troppo propense a ridurre il ruolo dei professionisti ad anonimi fattori produttivi.
La nostra Professione soffre questo svilimento, pur reggendo il fronte di una domanda di Salute in crescita contro un trend in calo di risorse disponibili.
Va inoltre rivisitato il modello di Formazione del medico e dei professionisti sanitari, attrezzandolo a reggere le sfide della moderna Medicina e della nuova Sanità: comunicare di più e meglio, governare la multidisciplinarietà e la multi- professionalità dei processi di cura e assistenza, gestire le innovazioni organizzative e tecnologiche, garantire la continuità delle cure nei diversi ambiti di competenza, promuovere la qualità e la sicurezza delle attività sanitarie.
Questi obiettivi incidono non solo sui curricula formativi, ma anche sui modelli stessi della Formazione, che non possono fare a meno di un ampio processo di revisione che, accanto all’insostituibile ruolo delle Università, preveda un trasparente ed incisivo coinvolgimento dei professionisti e delle strutture del Servizio sanitario nazionale.
Una formazione efficace, quindi, è presupposto essenziale per la qualità e la sicurezza delle cure: quali ulteriori interventi legislativi sarebbero necessari, per garantirle?
La sicurezza delle cure è un baluardo di qualità e di efficacia: non a caso, parto proprio da questo obiettivo per affrontare una malattia seria del nostro Sistema sanitario e cioè il contenzioso e la risposta difensiva dei professionisti e delle strutture sanitarie che, paradossalmente, non riduce il rischio e peggiora i costi.
Qualche ulteriore progetto che le sta particolarmente a cuore?
C’è una questione che mi è cara per ovvi motivi, e cioè la Riforma degli Ordini delle professioni mediche e sanitarie, bruciata sul filo di lana della trascorsa Legislatura.
Intendo, in ogni caso, riprenderla, convinto come sono che l’aggiornamento di queste istituzioni professionali, investite di ruoli fondamentali nella tutela della qualità professionale e dei valori etici e deontologici che sono connessi alle attività mediche e sanitarie sia un passaggio indispensabile del processo di ammodernamento del Paese, oltre che un’ulteriore garanzia verso il cittadino.
Mi fermerei qui, col dire che i Medici sono una risorsa e non il problema.
Questo nuovo incarico potrebbe modificare in qualche modo la composizione del Governo della FNOMCeO?
Nel consigliarmi di accettare la candidatura, tutti gli interpellati e i successivi interlocutori mi hanno specularmente sconsigliato le dimissioni. Se è vero – come è vero – che, al di là della mia persona, la FNOMCeO è stata il centro di attrazione di un’offerta politica, è altrettanto vero che, in questo processo, deve restare un laboratorio di costruzione di idee e progetti che saldano la tutela dei legittimi interessi professionali e di quelli generali del Paese.
Per quanto mi riguarda, sono stato, sono e sarò un custode dell’autonomia e dell’indipendenza dei nostri Ordini, considerandole un bene non negoziabile, nell’interesse della Professione e degli stessi cittadini.
Autore: Redazione FNOMCeO