Report n. 2/2011
CARENZA DI CAMICI BIANCHI IN AFRICA E NEL MONDO
ll vero mal d’Africa è uno solo: non ci sono medici (e infermieri) per vaccinare i bambini, assistere le madri durante il parto e curare i tantissimi malati di malaria e Aids. All’appello manca almeno un milione di camici bianchi.
La pioggia di aiuti, medicinali e fondi (sempre mai sufficienti) per garantire le cure a centinaia di milioni di persone non centra il problema numero uno: mettere in piedi dei sistemi sanitari, e prima di ospedali, ambulatori e farmacie servono dottori e operatori sanitari.
L’Africa oggi sostiene il 24% delle malattie globali, ma ha a disposizione solo il 3% del personale sanitario mondiale, pagato con meno dell’1% del budget globale per la salute. A fare il punto, provando a trovare «soluzioni africane alla crisi del personale sanitario» è Amref, la principale organizzazione sanitaria no profit che opera in Africa, che illustra le sue strategie e anche i suoi successi, come nel caso del Sud Sudan.
In Africa per ogni mille abitanti si contano 2,3 camici bianchi (tra medici e infermieri), quasi un decimo che in Europa. Le urgenze sono tante e di diverso tipo: basti pensare che da sole le malattie infettive e le complicazioni durante la gravidanza e il parto, tolgono la vita a oltre dieci milioni di persone.
Secondo l’OMS sono 36 i Paesi africani dove è più acuta la penuria di personale medico. Ma a rendere ancora più difficile tutto, c’è l’emorragia continua di personale sanitario verso l’estero che al ritmo di 20mila operatori all’anno lascia il proprio Paese a caccia di migliori stipendi, opportunità e riconoscimento sociale. A conti fatti quasi un quarto dei medici formati in Africa (il 23%) lavora in una delle nazioni dell’Ocse.
Ma la crisi non si limita all’Africa: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che mancano all’appello nel mondo circa 4,2 milioni di medici, infermieri e operatori sanitari. Per fronteggiare questa crisi, nel 2008 è stato definito il Piano d’Azione di Kampala, che identifica sei aree di azione prioritaria per i governi africani, così come per la comunità internazionale.
Il primo obiettivo, secondo Amref, deve essere quello di addestrare i quadri sanitari di livello medio e di base (per fare un nuovo dottore ci vuole troppo tempo: almeno 5 anni), cercando, poi, di convincere i politici e i governi locali a replicare le buone pratiche che Amref ha già sviluppato in altri posti.
Roma, 10/01/2011
Autore: Redazione FNOMCeO