La Corte di Cassazione ha ribadito tra l’altro i seguenti principi di diritto:
- Non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi.
- La inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost..
- L’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 c. 1 del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005.
- Ai sensi dell’art. 32 c. 12 della legge L. 27 dicembre 1997, n. 449 e dell’art. 36 c. 1 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal c. 1 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 257 del 1991.
- Non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi.
- Rispetto all’indicizzazione la richiamata sentenza n. 4449 del 2018 costituisce solo l’ultimo più compiuto arresto di un orientamento in realtà mai incrinatosi, secondo cui “in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del digs. 8 agosto 1991, n. 257, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato”.
FATTO E DIRITTO: Gli odierni ricorrenti, laureati in Medicina e Chirurgia, avevano frequentato a tempo pieno i corsi di specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia negli anni compresi tra il novembre 2000 ed il novembre 2005 (B.F.), tra il novembre 2001 ed il novembre 2005 (…), tra l’aprile del 2002 ed il novembre 2005 (V.), tra il novembre 2000 ed il novembre 2004 (L.); 2. essi avevano convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Modena l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia per ottenere: in via principale il riconoscimento dell’esistenza di un contratto di formazione e lavoro ai sensi degli artt. 37 e sgg del d. Igs. n. 368 del 1999, del diritto a percepire a titolo di retribuzione le differenze, per ogni periodo di specializzazione, tra gli importi corrisposti a titolo di borsa di studio e la retribuzione del medico di prima nomina (CCNL comparto medico) costituita da stipendio tabellare, indennità integrativa speciale, indennità di specificità medica, retribuzione di posizione minima, 13^ mensilità, indennità di esclusività e la condanna dell’Università al pagamento delle suddette differenze economiche e dei contributi previdenziali correlati; in via subordinata, i ricorrenti avevano domandato l’accertamento del loro diritto all’adeguamento della borsa di studio fino all’importo corrispondente al 97,7% della retribuzione del medico di prima nomina (CCNL comparto medico) e la condanna dell’Azienda al pagamento delle differenze economiche tra tale importo e quanto corrisposto a titolo di borsa di studio;N.R.G. 6139 2014 3. il Tribunale respinse le domande e la Corte di Appello di Bologna, adita in via principale dai medici e in via incidentale dall’Università, ha confermato la sentenza di primo grado sulla scorta delle argomentazioni che seguono, per quanto oggi rileva: 4. la disciplina applicabile ai rapporti dedotti in giudizio doveva individuarsi in quella contenuta nel d. Igs. n. 257 del 1991; 5. il legislatore italiano, in attuazione della Direttiva Comunitaria n. 93/16, aveva adottato il d. Igs. n. 368 del 1999 ma, ai sensi dell’art. 46 c. 2, come modificato dall’art. 8 c. 3 del D.Lgs. n. 517 del 1999, le disposizioni contenute negli artt. 37-42 del medesimo d.lgs n. 368 del 1999, non erano mai entrate in vigore perché il provvedimento di cui al c. 1 dell’art. 46 non era mai stato adottato con la conseguenza che trovava applicazione il d. Igs. n. 257 del 1991; 6. i rapporti dedotti in giudizio non potevano qualificarsi come contratti di formazione e lavoro ostandovi l’art. 4 c. 3 del d. Igs. n. 257 del 1991, il quale esclude che i rapporti tra gli specializzandi e le Università possano configurarsi come rapporto di lavoro, sia pure nella forma del contratto di formazione e lavoro; 7. dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 1994 non era desumibile alcun argomento favorevole alla tesi dei medici “atteso che con riferimento a tutti i rapporti dedotti in giudizio non si ravvisa in atti alcun elemento da cui desumere l’esistenza del fondamentale elemento della subordinazione, vale a dire l’assoggettamento dei ricorrenti/appellanti ai poteri organizzativo, gerarchico e disciplinare della parte convenuta/appellata”; 8. era infondata la richiesta di disapplicazione dell’art. 46 c. 2 del d. Igs n. 368 del 1999 e dell’art. 8 del d. Igs. n. 517 del 1999 tenuto conto dei condivisibili principi affermati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20403/2009 e dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui la disapplicazione di una norma dell’ordinamento interno può disporsi solo in caso di conflitto con norme comunitarie aventi diretta applicazione ovvero in caso di contrasto con le regole generali dell’ordinamento comunitario, ricavate in sede di interpretazione dalla Corte di Giustizia, contrasto nella specie non sussistente;N.R.G. 6139 2014 9. non era ravvisabile alcun conflitto tra la norma interna e la direttiva 93/16/CEE perché questa non è immediatamente esecutiva ed ha riprodotto il contenuto della direttiva 82/76 CEE; 10. la domanda subordinata, volta all’adeguamento della borsa di studio per ogni periodo di specializzazione sino all’importo corrispondente al 97,7% della retribuzione del medico di prima fascia, era infondata perché i meccanismi di indicizzazione della borsa di studio di cui all’art. 6 del d. Igs. n. 257 del 1991 erano stati “congelati” a far tempo dalla Legge Finanziaria del 1995 e dalla normativa intervenuta successivamente, da ritenersi conforme ai principi costituzionali e alla Direttiva 82/76/CE, la quale non contiene alcuna definizione di retribuzione “adeguata” e nemmeno indica i criteri per la sua individuazione e quantificazione; 11. avverso questa sentenza i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, la quale ha depositato memoria difensiva; 7— Considerato Sintesi dei motivi 12. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt. 37-42 del d. Igs. n. 368 del 1999 anche in relazione al d. Igs n. 257 del 1991, alla stregua degli artt. 36 e 38 Cost. e delle direttive 82/76/CEE e 93/16/CEE e prospettano questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 c. 3 del d. Igs. n. 517/1999 che ha modificato l’art. 46 c. 2 del d. Igs n. 368 del 1999; descritte le peculiarità delle attività svolte dal medico specializzando, che assumono non considerate dalla Corte territoriale, e richiamate la Direttiva 82/76/CE e la sentenza della Corte di Giustizia causa C 371/97 del 3 ottobre del 2000, sostengono che la Corte territoriale ha violato le disposizioni di legge e delle direttive richiamate nella rubrica per avere ritenuto che la direttiva 93/16/CEE ha trovato sostanziale attuazione con il d. Igs. n. 257 del 1991; prospettano questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 c. 3 del d.lgs. n. 517 del 1999, nella parte in cui, novellando l’art. 46 c. 2 del d. Igs. 368/99, ha disposto la sospensione della applicazione delle disposizioni di N.R.G. 6139 2014 cui agli artt. 37 -42 del d. Igs. n. 368 del 1999; tanto sull’ assunto che tali disposizioni hanno vanificato la realizzazione dei principi costituzionali sottesi ai richiamati artt. 37-42; deducono che l’attività prestata si era compendiata in una vera e propria attività lavorativa con il pieno inserimento nei turni di guardia diurni, notturni, feriali e festivi; 13. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia sulla domanda proposta in primo grado e ribadita in appello volta all’adeguamento della borsa di studio ai sensi dell’art. 36 della Costituzione; sostengono che alla attività lavorativa svolta, sia pure integrata dalla causa di lavoro, corrisponde il diritto ad ottenere una retribuzione proporzionata e sufficiente secondo il parametro di cui al richiamato art. 36 della Costituzione; 14. con il terzo motivo i ricorrenti denunciano carenza di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla natura dell’attività effettivamente espletata; sostengono che l’attività prestata aveva assunto i contenuti di una vera e propria prestazione lavorativa resa nell’ambito dell’organizzazione dell’Università e secondo lo schema della sottoposizione a precisi ordini di servizio; 15. con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’allegato I punto 1 della Direttiva 93/16/CEE in relazione all’art. 6 del d. Igs n. 257/1991 e all’ art. 46 c. 2 del d. Igs. 368/99, con correlativa richiesta di disapplicazione dell’art. 7 c. 5 del d. I. n. 384/92, convertito in I. n. 438/92, dell’art. 3 c. 36 della I. n 537/93, dell’art. 1 c. 33 della I. 549/95, dell’art. 1 c. 66 della I. n. 662/96, dell’art. 32 c. 12 della I. n. 449/1997, dell’ art. 22 della I. n. 488/99, dell’ art. 36 c. 11 della I. n. 289/92, e , in ogni caso violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui è domandata la disapplicazione; sostengono che l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 prevedeva un doppio meccanismo di adeguamento dell’importo della borsa di studio al costo della vita: quello annuale, pari al tasso programmato di inflazione, e quello di rideterminazione triennale da attuarsi con decreto del Ministero della Sanità ; deducono che l’importo della borsa di studio è stata rivalutata di circa il 4,5% solo per l’anno 1992, e che tale rivalutazione è stata oggetto di una serie di disposizioni di legge che ne avevano bloccato l’incremento; sulla scorta di tali prospettazioni denunciano il contrasto di tale meccanismo di blocco e di mancato N.R.G. 6139 2014 incremento con la direttiva 93/16/CEE nella parte in cui prevede il diritto dei medici specializzandi ad una retribuzione adeguata; deducono contrasto tra le norme indicate nella rubrica e l’art. 11 della Costituzione sul rilievo che la disciplina legale di sospensione dell’ incremento contrasta con le norme comunitarie ; invocano i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 18562 del 2012 e addebitano alla Corte territoriale di avere violato tali principi perché ha escluso la rideterminazione della borsa di studio estendendo il blocco ad entrambi i sistemi di adeguamento previsti dall’art. 6 del d. Igs. n. 257 del 1991; Esame dei motivi 16. questa Corte con la sentenza n. 4449/2018 ha affermato i principi di diritto che seguono: 17. la disciplina recata dalla direttiva 93/167CEE in ordine alle modalità ed ai tempi della formazione specialistica, in continuità con la direttiva 82/76/CEE, mira a garantire che i medici , specializzandi dedichino alla loro formazione pratica e teorica tutta la propria attività professionale, ovvero nel caso degli specialisti in formazione a tempo ridotto, una parte significativa di quest’ultima, ma non obbliga gli Stati membri a disciplinare l’attività di formazione specialistica dei medici secondo lo schema del rapporto di lavoro subordinato; 18. la Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, né dei criteri di determinazione di tale remunerazione; 19. con il D. Lgs. 17 agosto 1999 n. 368 il legislatore ha dato attuazione della direttiva 93/16/CEE e nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D. Lgs. n. 257 del 1991 ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale; 20. non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi;N.R.G. 6139 2014 21. la inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.; 22. l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 c. 1 del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005; 23. ai sensi dell’art. 32 c. 12 della legge L. 27 dicembre 1997, n. 449 e dell’art. 36 c. 1 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal c. 1 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 257 del 1991; 24. non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi; 25. non sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti in scuole di degli altri paesi europei, atteso che le situazioni non sono comparabili, perché la Direttiva 93/16/Ce non ha previsto o imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico; 26. la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica; 27. rispetto all’indicizzazione la richiamata sentenza n. 4449 del 2018 costituisce solo l’ultimo più compiuto arresto di un orientamento in realtà mai incrinatosi, secondo cui «in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del digs. 8 agosto 1991, n. 257, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica N.R.G. 6139 2014 riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato» (così Cass. 18670/2017; tra le molte precedenti v. Cass. 26 maggio 2011, n. 11565; Cass. S.U. 16 dicembre 2008, n. 29345); 28. va solo aggiunto, rispetto all’assetto della normativa quale già riepilogato da Cass. 4449/2018 cit., che il blocco stabilito dall’art. 36, co. 1, della L. 27 dicembre 2002 n. 289 (Legge Finanziaria 2003, secondo cui «le disposizioni dell’articolo 7, comma 5, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dall’articolo 1, commi 66 e 67, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e da ultimo dall’articolo 22 della legge 23 dicembre 1999, n. 488,… contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 (c.1)») è stato prorogato successivamente con l’art. 1 L. 266/2005, secondo cui appunto «l’articolo 36 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 …. continua ad applicarsi anche nel triennio 2006- 2008», sicché esso è rimasto operativo per tutto il periodo oggetto del presente giudizio; 29. rispetto all’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, Cass. 4449/2018 cit., attraverso una dettagliata ricostruzione normativa, ha evidenziato dapprima come l’art. 32, co. 12, L. 449/1997 avesse stabilito che «a partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all’articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991», con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e, pertanto, non solo l’indicizzazione, ma anche la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva; 30. è, pur vero, che quest’ultimo incremento era stato riconosciuto (Cass.12624/2015, 18562/2012, n. 18562 e Cass. 16385/2008), sul presupposto che il blocco degli incrementi contrattuali non si fosse esteso successivamente al 31 N.R.G. 6139 2014 dicembre 1993 e riguardasse solo il biennio 1992-1993, ma l’assunto è stato rivisto appunto da Cass. 4449/2018, in considerazione non tanto di una diversa interpretazione, quanto piuttosto valorizzandosi una normativa riguardante quanto meno il periodo successivo all’entrata in vigore dell’art. 32, co. 12, L. 449/1997 (in cui ricadono le borse di studio oggetto di questa causa, successive all’anno accademico 1999/2000) e non considerata da quei precedenti; 31. la predetta sentenza ha, poi, anche in questo caso richiamato – a nulla evidentemente valendo la normativa che ha aumentato il fondo non in ragione della necessità di aggiornamenti, ma per il finanziamento tout court degli incrementi alla platea dei medici specializzandi (art. 1 d.l. 90/2001, conv. in L. 188/2001) – il già citato disposto dell’art. 36, co. 1, della L. 27 dicembre 2002 n. 289, nella parte che qui interessa ed in cui si è stabilito che l’ammontare delle borse di studio «a carico del Fondo sanitario nazionale rimane consolidato nell’importo previsto dall’articolo 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni», con previsione che anche in questo caso è stata prorogata per il triennio 2006-2008 dal già citato art. 1 L. 266/2005; 32. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nella richiamata sentenza n. 4449/2018, ribaditi anche in successive decisioni (ex plurimis Cass. nn. 5715/2019, 7052, 17051, 15963, 31923, 16805, 15963, 31922 del 2018), condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che i ricorrenti nel ricorso non apportano argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato; 33. sulla scorta dei principi innanzi richiamati deve, pertanto, ritenersi che: 34. sono infondati il primo motivo che denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 37-42 del d. Igs. n. 368 del 1999 anche in relazione al d. Igs n. 257 del 1991, alla stregua degli artt. 36 e 38 Cost. e delle direttive 82/76/CEE e 93/16/CEE e prospetta questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 c. 3 del d. Igs. n. 517/1999 che ha modificato l’art. 46 c. 2 del d. Igs n. 368 del 1999 ed il quarto motivo che imputa alla sentenza impugnata la violazione o falsa applicazione dell’allegato I punto 1 della Direttiva 93/16/CEE in relazione all’ art. 6 del d. Igs n. 257/1991 e all’ art. 46 c. 2 del d. Igs. 368/99, che domanda la disapplicazione dell’art. 7 c. 5 del d. I. n.N.R.G. 6139 2014 7 c. 5 del d. I. n. 384/92, convertito in I. n. 438/92, dell’art. 3 c. 36 della I. n 537/93, dell’art. 1 c. 33 della I. 549/95, dell’art. 1 c. 66 della I. n. 662/96, dell’art. 32 c. 12 della I. n. 449/1997, dell’ art. 22 della I. n. 488/99, dell’ art. 36 c. 11 della I. n. 289/92, e denuncia “in ogni caso” la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui è richiesta la disapplicazione; 35. è inammissibile il secondo motivo, che addebita alla sentenza di non avere pronunciato sulla domanda subordinata volta alla determinazione del compenso spettante in applicazione dell’art. 36 della Costituzione, in quanto non è formulato nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. Civ. (Cass. S.U. n. 8077/2012; Cass. 9031/2019, 4684/2019, 15367/2014), avendo i ricorrenti omesso di riprodurre nel ricorso, nelle parti salienti e rilevanti, l’atto introduttivo del giudizio e l’atto di appello, atti che non risultano allegati al ricorso e di cui non hanno specificato la sede di produzione processuale; 36. è inammissibile il terzo motivo, che addebita alla sentenza impugnata il vizio di “carenza della motivazione” su un fatto controverso e decisivo per il giudizio “costituito dalla natura dell’attività effettivamente espletata dai ricorrenti”, in quanto estraneo al perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c. 1 n. 5 cod.proc.civ., che, nella sua ultima formulazione ( art. 54 c. 1 del d.l. 83/2012, convertito con mod. in L, 123/2012) applicabile “ratione temporis” ( la sentenza impugnata è stata pubblicata il 5.9.2013), consente di denunciare solo l’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”( Cass. SSUU nn. 8054/2014, 8053/2014); in realtà le censure formulate nel motivo in esame, al pari di quelle formulate nel primo motivo, nella parte addebitano alla sentenza impugnata di non avere considerato dalla Corte territoriale di non avere tenuto conto delle peculiarità delle attività svolte dal medico specializzando, mirano a mettere in discussione l’accertamento della Corte territoriale che ha ritenuto che non fosse emerso alcun elemento da cui desumere l’esistenza del fondamentale elemento della subordinazione, vale a dire l’assoggettamento dei ricorrenti appellanti/ ai poteri organizzativo, gerarchico” e a sollecitare una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura del giudizio di cassazione (Cass.SSUU 805372014, 8054/2014, 24148/2013;N.R.G. 6139 2014 Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005); sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato; 37. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in considerazione della complessa stratificazione del quadro normativo e dell’epoca di consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale sfavorevole ai ricorrenti. 38. ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso.