Cassazione Civile Ord. N. 30601 – Responsabilità Medica – La Corte di Cassazione ha affermato che la chiamata in garanzia del medico da parte della ASL non fa scattare la regola della estensione automatica dell’azione giudiziale.
FATTO E DIRITTO: La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 26.11.2016 n. 1941, dato atto che erano divenute irrevocabili le statuizioni della sentenza di prime cure concernenti il difetto di legittimazione passiva della Università degli Studi di Catanzaro e la cessazione della materia del contendere -per intervenuta transazione stragiudiziale- tra il danneggiato E. P. (che in conseguenza di intervento chirurgico per asportazione di ciste parotidea aveva riportato postumi invalidanti consistiti in paralisi del nervo facciale destro) e l’Azienda Ospedaliera (Omissis), rigettava l’appello proposto dal P. confermando la decisione di prime cure che aveva dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti del medico chirurgo S. M., chiamato in causa dalla Azienda Ospedaliera con azione di rivalsa condizionata, in quanto non essendo stato evocato in giudizio il medico quale unico ed esclusivo responsabile del danno, non trovava applicazione la regola della estensione automatica al terzo chiamato della domanda risarcitoria attorea svolta nei confronti della convenuta Azienda Ospedaliera. Inoltre rilevava che la domanda risarcitoria formulata nei confronti del M., per la prima volta, con la “memoria istruttoria” in data 10.10.2003, era da ritenere tardiva, in quanto preclusa dalla scadenza dei termini perentori di cui all’art. 183 c.p.c., rimanendo altresì preclusa per “novità” ex art. 345 c.p.c. la domanda di condanna proposta nei confronti del sanitario con l’atto di appello. La sentenza, non notificata, è stata impugnata per cassazione da E. P. con tre motivi. Resistono Generali Assicurazioni s.p.a. e S. M. con distinti controricorsi. E. P. e la società assicurativa hanno depositato anche memorie illustrative. Le Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 24707 del 04/12/2015) hanno rilevato che, nell’ambito delle controversie aventi ad oggetto la responsabilità civile ed il risarcimento del danno, la distinzione tra garanzia propria ed impropria assume carattere meramente RG n.6105/2017 est. ric. P. E. c/Generali Ass.ni ….. + I ….. descrittivo ed è inidonea a qualificare diversamente la posizione processuale del terzo chiamato, tanto nella ipotesi in cui la chiamata in causa del terzo sia svolta esclusivamente al fine di rendere “opponibile” a quest’ultimo l’accertamento del rapporto principale -tra attore danneggiato e convenuto responsabile- che costituisce il fatto condizionante della esigibilità della prestazione di garanzia che il convenuto -se soccombente- potrà far valere nei confronti del garante eventualmente in un successivo giudizio (motiv. §9.4), quanto nel caso in cui a tale domanda di accertamento (finalizzata alla opponibilità al terzo del giudicato) si aggiungano le domande di accertamento del rapporto di garanzia e/o l’azione di condanna all’adempimento della prestazione derivante dal rapporto di garanzia, quest’ultima proposta in via condizionata all’accertamento sfavorevole al garantito del rapporto principale (motiv. §14). L’arresto delle Sezioni Unite è dunque inteso ad affermare il principio secondo cui la predetta distinzione è priva di effetti sulla regola, ricorrente in tutti casi di chiamata del terzo in garanzia, della legittimazione del terzo chiamato a contraddire anche in ordine al rapporto principale e ad esercitare il potere di impugnazione sui capi della sentenza di merito concernenti l’accertamento del rapporto principale (motiv. §14), il che non esclude affatto la irrilevanza della distinzione tra garanzia propria ed impropria al di fuori della regola indicata. Ora la chiamata del terzo -estesa ai soli fini della estensione soggettiva del giudicato sul rapporto principale, con conseguente legittimazione del terzo a contraddire su tale rapporto di diritto sostanziale “inter alios”- comporta la instaurazione di un litisconsorzio processuale successivo tra tutte le parti (attore, convenuto, terzo chiamato) cui vengono estesi gli effetti dell’accertamento del rapporto principale, tra attore- danneggiato e convenuto-responsabile, che rimane pertanto -anche dopo la chiamata del terzo- l’unico rapporto obbligatorio oggetto del giudizio (come rilevato puntualmente dalle SS.UU., il giudizio si trasforma, a seguito della chiamata del terzo, in un processo trilatero, con conseguente “inscindibilità” ex art. 331 c.p.c. delle posizioni rivestite da tutte le parti processuali), e tale situazione si riproduce anche nel caso in cui a tale RG n.6105/2017 C . est. ric. P. E. c/Generali Ass.ni ….. + …. domanda di estensione soggettiva degli effetti dell’accertamento del rapporto principale resi opponibili al terzo, si aggiungano, da parte del chiamante-garantito (realizzandosi in tal modo una estensione dell’oggetto del giudizio per -cumulo oggettivo- di cause) la ulteriore domanda (condizionata o meno all’esito dell’accoglimento della domanda attorea principale) di “accertamento della esistenza e validità del rapporto di garanzia” ovvero ancora la ulteriore domanda (necessariamente condizionata all’esito di accoglimento della domanda attorea principale) di “condanna all’adempimento della prestazione indennitaria derivante da rapporto di garanzia”. La Corte d’appello ha rilevato come la chiamata in causa del medico fosse stata effettuata dalla Azienda ospedaliera ai soli fini della manleva, senza quindi negare ed anzi presupponendo la propria legittimazione passiva sostanziale rispetto all’azione risarcitoria svolta dal danneggiato. Pertanto, indipendentemente dalle allegazioni in fatto poste a sostegno dell’azione di manleva, qualificata peraltro dal Giudice di appello come azione di regresso nei confronti del condebitore solidale, e dunque indipendentemente dalla circostanza se, da tali allegazioni, potessero o meno emergere dubbi in ordine ad una “incompatibilità- alternatività” della responsabilità attribuibile alla Azienda convenuta con quella imputabile invece al terzo chiamato, osserva il Collegio che l’attore, qualora avesse inteso estendere la propria azione risarcitoria anche nei confronti del terzo, avrebbe dovuto comunque promuovere rituale iniziativa processuale, formulando specifica domanda di condanna anche contro il medico chiamato in causa dalla Azienda ospedaliera, non operando nella concreta fattispecie il principio di automatica estensione della domanda originaria. La censura concernente la interpretazione della volontà processuale espressa nell’atto di chiamata in causa deve, pertanto, evidenziare un vizio consistente nella alterazione del senso letterale o del contenuto sostanziale dell’atto, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 2148 del 05/02/2004), venendo quindi in applicazione esclusivamente il criterio ermeneutico volti ad indagare il significato che emerge dal testo dell’atto, secondo il significato fatto palese dalle parole secondo la loro connessione logica, ed evincibile dalla complessiva lettura del contenuto dell’atto, avuto riguardo anche alla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria (cfr. Corte cass. Ser. U, Sentenza n. 10840 del 10/07/2003; id. Se:. U, Sentenza n. 3041 del 13/02/2007), restando esclusi -evidentemente- i criteri ermeneutici -soggettivi ed oggettivi- previsti per gli atti negoziali, che implicano la ricerca della comune intenzione delle parti (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4754 del 09/03/2004; id. Sez. 1, Sentenza n. 24847 del 24/11/2011; id. Ser. 3, Sentenza n. 25853 del 09/12/2014). Tanto premesso la Corte distrettuale ha illustrato ampiamente nella motivazione della sentenza impugnata le ragioni per le quali l’atto di chiamata di casa: a) non conteneva alcuna indicazione del terzo quale esclusivo soggetto tenuto a rispondere, nell’ambito del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, alla pretesa risarcitoria dell’attore, venendo a veicolare l’atto di chiamata soltanto la domanda riconvenzionale di “regresso” proposta dalla Azienda, in via meramente subordinata, nei confronti del terzo, sulla prospettazione di una eventuale responsabilità solidale ; b) che la indicata prospettazione di un concorso del terzo nella produzione del danno, escludeva la configurabilità di una situazione di “incompatibilità od alternatività”, tra l’Azienda ed il medico, nell’accertamento della responsabilità, tale da implicare necessariamente una estensione RG n.6105/2017 . est. ric. P. El. c/Generali Ass.ni ….. +1 ….. della domanda attorea al terzo.