Risarcimento del danno – La Cassazione ha affermato che “il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato, alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”.
FATTO E DIRITTO. Con atto di citazione del 22 dicembre 2006, M. G., M. G., S. G., D. G., M. G., R. G., G. P., S. P., D. D. V. e F. D. V. evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di C., la Azienda Sanitaria Locale 4 C. per sentir accertare la condotta omissiva colposa dei medici del Reparto di chirurgia generale dell’Ospedale di S. L. in occasione dell’intervento che aveva determinato la morte di A. F. e, conseguentemente, condannare la Regione Liguria Azienda Sanitaria Locale- Ospedale di S. L. al risarcimento di tutti danni, sia iure proprio che iure ereditario. Aggiungevano che la F. era stata ricoverata presso il nosocomio nell’anno 2006 per una serie di patologie e che il 15 febbraio 2006 si era rivolta al Pronto Soccorso dell’Ospedale di S. M. L., dove le era stata diagnosticata una sospetta diverticolite, poi era stata trasferita nel Reparto di chirurgia dell’ospedale di S. L., dove era stata sottoposta ad un intervento chirurgico che aveva risolto la diverticolite, ma aveva causato una peritonite acuta da perforazione viscerale. A seguito di ciò era stata sottoposta ad un intervento chirurgico all’esito del quale era stata trasferita nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di L. e, successivamente, in data 16 aprile 2006, era deceduta, con diagnosi di perforazione intestinale; si costituiva l’Azienda convenuta contestando la responsabilità e chiedendo il rigetto della domanda; il Tribunale, con sentenza dell’8 febbraio 2012, riteneva sussistente il nesso causale tra la condotta dei sanitari e il decesso di A. F. e accoglieva, per quanto di ragione, le pretese risarcitorie degli attori; avverso tale sentenza proponeva appello l’Azienda Sanitaria e si costituivano gli appellanti chiedendone la reiezione. L’appellante censurava la sentenza impugnata per avere riconosciuto ad alcuni degli attori un danno iure proprio in accoglimento di una domanda inammissibile, perché fondata su una responsabilità contrattuale che non avrebbe potuto essere azionata da soggetti diversi dal paziente e che non avevano rapporti contrattuali con l’Azienda 3 1T Sanitaria. Contestava, altresì, l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta da alcuni nipoti della paziente, rilevando che il diritto al risarcimento del danno per la morte della nonna richiedeva l’ulteriore presupposto del rapporto di convivenza; la Corte d’Appello di G., con sentenza del 13 aprile 2016, aderiva all’orientamento di legittimità che richiede, per la risarcibilità del danno parentale, oltre al profilo della intensità del legame affettivo, anche il dato oggettivo della convivenza. Conseguentemente accoglieva l’impugnazione sul punto, escludendo il risarcimento in favore dei nipoti di A. F., Gi. e St. P., nonché D. e F. D. V.; avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione questi ultimi affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale 4 C. che illustra con memoria ex art. 380 bis c.p.c. Considerato che: con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame del dato storico della convivenza dei nipoti con la nonna, decisivo per il giudizio sul risarcimento del danno iure proprio dei nipoti, che era stato oggetto di discussione tra le parti, come emergerebbe dalle risultanze processuali. In particolare, l’istruttoria espletata e la documentazione in atti avrebbero acclarato la convivenza dei nipoti con la nonna che la Corte d’Appello di G., avrebbe omesso di esaminare. Quanto ai nipoti D. e F. D. V., emergerebbe dal verbale di udienza dell’Il novembre 2009 del giudizio di primo grado, in occasione del quale il teste F. D. V., genitore di D. e F., avrebbe riferito che la suocera, che pure risiedeva in R., alla via delle G. n. 8, viveva presso la famiglia della figlia M. G., coniuge del teste, per dare una mano alla famiglia in occasione delle crisi lupiche della figlia. In ogni caso, avrebbe abitato stabilmente per due anni, nel periodo in cui la figlia M. ed il nipote F., si erano trasferiti a Napoli. In sostanza, la nonna avrebbe mantenuto, presso quella abitazione, i suoi effetti personali. Quanto alle nipoti G. e S. P., il padre G. avrebbe reso in sede testimoniale dichiarazioni analoghe, precisando che la nonna aveva convissuto per un certo periodo di tempo dividendosi con generosità tra le due famiglie. Infatti, entrambe le figlie non si erano mai avvalse di baby-sitter e i nipoti erano stati cresciuti dalla nonna; con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. la violazione degli articoli 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c., nella parte in cui la Corte d’Appello di G. ha ritenuto necessaria la convivenza ai fini del risarcimento del danno iure proprio dei nipoti, a seguito del decesso della nonna. La Corte territoriale aveva precisato di aderire ad un orientamento della giurisprudenza non univoco, senza considerare il recente orientamento che non considera la convivenza un presupposto necessario per il risarcimento del danno non patrimoniale subito iure proprio dai nipoti. Il profilo decisivo sarebbe costituito dalla lesione alla integrità familiare e alla rete di relazioni affettive che si creano e si fortificano all’interno della famiglia. In questi termini si sarebbe espressa la Corte di legittimità nell’anno 2013, dopo la decisione menzionata dalla Corte territoriale e negli stessi termini anche la Corte di Cassazione penale riguardo alla legittimazione dei nonni, per la quale non sarebbe necessario il requisito della convivenza; appare prioritario l’esame del secondo motivo che riguarda la questione di diritto e cioè se la indispensabilità o meno del dato fattuale della convivenza ai fini della prova della effettività della relazione parentale risarcibile; la Corte intende dare continuità al recente orientamento (Cass. Sez. 3 n. 21230 del 20/10/2016) secondo cui “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato, alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (da ultimo, Cass. Sez. 3, n. 29332 del 07/12/2017); il primo motivo è assorbito e il giudice del rinvio nel valutare il profilo del quantum provvederà a prendere in esame le risultanze della prova testimoniale al fine di valutare, in maniera specifica, il profilo della specificità o genericità delle dichiarazioni testimoniali, quello della attendibilità delle stesse, della provenienza delle fonti di prova e della eventuale contraddittorietà. All’esito di tali valutazioni doverose, provvederà a definire l’ampiezza e la profondità del pregiudizio per la scomparsa del familiare deceduto; ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio demandando alla Corte d’Appello di G. di operare le valutazioni sopra indicate. P.T.M. La Corte accoglie il secondo motivo, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di G., in diversa composizione.