Cassazione Civile Ordinanza n.1064/19 – Medici specializzandi – Va quindi ribadito, così precisando la motivazione della sentenza di merito gravata, che per coloro che hanno frequentato il corso di specializzazione a cavallo del termine di recepimento della normativa comunitaria, del 31 dicembre 1982, il diritto indennitario spetterà dal 1° gennaio 1983 solo se il corso medesimo risulti iniziato nel 1982 e dunque non ancor prima della emanazione della direttiva in parola.
FATTO E DIRITTO: M.G.C. conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esponendo di essersi laureata in medicina e chirurgia per poi conseguire la specializzazione in ematologia generale, riconosciuta dalla normativa dell’Unione Europea, tra il 1981 e il 1984, conseguendo il relativo diploma il 28 luglio 1984. Chiedeva la condanna della controparte al pagamento di una somma equivalente alla giusta retribuzione non percepita per il periodo di frequenza della scuola di specializzazione, quale infine prevista dal d.lgs. 8 agosto 1991 n. 257, in tardiva e incompleta attuazione delle direttive CEE n. 75/362, 75/363, 82/76, 93/16, ovvero, in subordine, della stessa somma a titolo risarcitorio; il tribunale rigettava la domanda per intervenuta prescrizione quinquennale, con pronuncia riformata sul punto dalla corte di appello che, per quanto qui rileva, nella dichiarata contumacia dell’amministrazione appellata, esclusa la prescrizione della pretesa, ritenuta decennale, ne negava la fondatezza rilevando che nessun obbligo risarcitorio poteva spettare a chi aveva iniziato i corsi di specializzazione in discussione, da valutare nella loro unitarietà, anteriormente al 31 dicembre 1982, termine ultimo per il recepimento della normativa dell’Unione Europea in parola; avverso questa decisione ricorre per cassazione M. G, C. formulando tre motivi; resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha , formulato, altresì, un motivo di ricorso incidentale condizionato; Rilevato che con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione del diritto comunitario, costituito dalle direttive CEE n. 75/362, 75/363, 82/76, poiché la corte di appello, rilevando il descritto discrimine temporale, avrebbe indebitamente limitato l’applicazione della suddetta normativa, che avrebbe dovuto essere applicata in modo completo e in questo senso retroattivo;con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., e la conseguente violazione del contraddittorio, poiché la corte di appello avrebbe rilevato il suddetto profilo senza eccezione della controparte; con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione dell’art. 2909, cod. civ., poiché la corte di appello avrebbe violato il giudicato interno atteso che, avendo il tribunale ritenuto la prescrizione del diritto ne avrebbe implicitamente riconosciuto la sussistenza, sicché, in difetto di appello incidentale, sarebbe stata arrecata all’ordinamento la menzionata infrazione; Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato si prospetta la violazione degli artt. 166, cod. proc. civ., e 74, disp. att. cod. proc. civ., 2729, cod. civ., poiché la corte di appello avrebbe errato nel dichiarare la contumacia della deducente, pur rilevando la materiale presenza del relativo fascicolo di parte con comparsa sottoscritta dal difensore, in carenza di attestazioni di deposito da parte della cancelleria e anche nello “storico” del fascicolo d’ufficio spillato a quest’ultimo, atteso che tali pur vere circostanze costituivano mere irregolarità, che non avrebbero dovuto inficiare la presunzione, in senso opposto, derivante dalla fisica presenza del fascicolo della difesa erariale in quello officioso; Rilevato che si debbono esaminare i motivi in ordine logico; il terzo motivo è inammissibile poiché la declaratoria di estinzione prescrizionale del diritto non comporta di per sé il riconoscimento implicito della titolarità del diritto azionato, dovendo verificarsi in concreto – in relazione alla singola fattispecie – se vi sia stata espresso accertamento e quindi espressa pronuncia o meno, tale da dover essere oggetto di appello incidentale condizionato (cfr., Cass., 18/10/2000, n. 13815, Cass., 24/07/2015, n. 15605, pagg. 5-6; cfr., nella stessa logica, Cass., Sez. U., 12/05/2017, n. 11799, punto 9.3.3.1), sicché parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, come non è accaduto, che tale accertamento era effettivamente avvenuto in prime cure, riportando le parti rilevanti in tal senso della pronuncia, con conseguente difetto di autosufficienza ovvero di specificità del motivo; la parte ha invece riportato parti della comparsa di costituzione della difesa erariale in cui era stata contestata: la qualità di medico, l’esistenza di un conseguente danno patrimoniale; l’impegno a tempo pieno durante il corso di specializzazione; la legittimazione passiva dell’amministrazione; il carattere autoesecutivo della normativa comunitaria; nella prospettiva aquiliana, il concreto danno; il mancato svolgimento di attività lavorativa esterna remunerata; non risulta, quindi, neanche esplicitamente contestata, in primo grado, la spettanza del diritto sotto il profilo temporale ora in parola, sicché non potrebbe in ogni caso presumersi, neppure per tale via, l’accertamento implicito invocato, e pertanto la questione in parola, come si sta per dire scrutinando il secondo motivo, era rilevabile dal collegio di merito; il secondo motivo è d’altra parte infondato, discutendosi di un elemento costitutivo della fondatezza della domanda, la cui carenza è quindi rilevabile dal giudice (cfr. Cass., 11/02/2013, n. 3218, punto 6.2.); il primo motivo è infondato, per le ragioni che seguono; come noto, la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975; la prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinché il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”; l’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982; l’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un “Allegato”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”; l’art. 1, comma terzo, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”; la direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”; pertanto: (a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982; (b) gli stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario; ne consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso; la medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 10 gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva; la Corte di giustizia, nella sentenza appena ricordata, ha dunque distinto tre categorie di specializzandi: 1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1° gennaio 1983; 3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 10 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (Cass., sez. 3, ordinanza n. 13761 del 31/05/2018; ordinanza n. 13762 del 31/05/2018; sez. 3, ordinanza n. 13763 del 31/05/2018); ciò è coerente, invero, con la correlazione tra compenso e organizzazione nonché frequenza dei corsi secondo i canoni stabiliti, presente nella e dalla direttiva del 1982, entrata in vigore nel gennaio dello stesso anno (cfr. punto 30 della citata sentenza della Corte di giustizia); ciò è coerente, cioè, con il generalissimo principio di ultrattività della previsioni normative che costituiscano nuovi diritti rapportati a un nuovo regime che li giustifichi (ed è opportuno precisare che, sebbene i casi sottesi al rinvio pregiudiziale di questa Corte siano stati indicati dalla stessa Corte di giustizia come di medici specializzati tra il 1982 e 1990, il quesito del rinvio medesimo è stato ampio e volto a quindi chiarire compiutamente ogni perimetro – cfr. punti 17 e 24 della sentenza della Corte di giustizia – sicché il reiterato riferimento ai corsi iniziati nel 1982, fatto dal Collegio sovranazionale, anche nel corpo della motivazione del provvedimento in parola, è univocamente concludente in tal senso); va quindi ribadito, così precisando la motivazione della sentenza di merito gravata, che per coloro che hanno frequentato il corso di specializzazione a cavallo del termine di recepimento della normativa comunitaria, del 31 dicembre 1982, il diritto indennitario spetterà dal 1° gennaio 1983 solo se il corso medesimo risulti iniziato nel 1982 e dunque non ancor prima della emanazione della direttiva in parola; risulta assorbito il ricorso incidentale in quanto condizionato; le spese vanno compensate stante le progressive precisazioni della giurisprudenza anche sovranazionale. La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e compensa le spese.