Cassazione Civile Ord. n. 4851/18 – IRAP MMG – ll valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo. La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso del contribuente, medico di medicina generale convenzionato con il SSN, che si era avvalso di due dipendenti part-time per mansioni di segreteria e pulizia.
FATTO E DIRITTO: Il dott. B. V. ricorre avverso la decisione della CTR- Lazio che il 29 aprile 2016, riformando la decisione di primo grado, ha ritenuto infondata la domanda del contribuente, medico di base convenzionato col SSN, diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP versata (2008, 2007, 2006). L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Il ricorrente censura (per violazione di norme di diritto sostanziali) l’operato della CTR, laddove questa, pur mancando obiettivi riscontri di un’attività autonomamente organizzata e della presenza di dipendenti eccedentari, come dedotto sin dal primo grado, enfatizza erroneamente l’ammontare dei costi sopportati dal contribuente per lo svolgimento dell’attività. “In effetti il giudice d’appello non àncora l’accertamento dell’autonoma organizzazione ai parametri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte ed in particolare fa malgoverno di principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass., se. un., n. 9451 del 2016, laddove si afferma in generale che, riguardo al presupposto dell’IRAP, il decisivo requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia responsabile Ric. 2016 n. 25324 sez. MT – ud. 19-12-2017 -2- dell’organizzazione; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. Riguardo al punto centrale dell’apparato argomentativo, si osserva che il valore assoluto dei compensi (Cass., se. 6-5, n. 22705 del 2016) e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo” (Cass., se. 6-5, n. 23557 de12016; con! Cass., se 6 -5, n. 23552 del 2016). Tali parametri, orientativi d’ineludibili indagini di fatto, non risultano globalmente rispettati né concretamente valutati dal giudice d’appello, ove si consideri che, con ragionamento giuridico del tutto anapodittico, la CTR trascura gli indicatori offerti nel giudizio di merito dalla parte contribuente circa l’utilizzo di due dipendenti part time per mansioni di segreteria e pulizia. Trattasi di avvalimento che, in tesi generale, non inficia di per se stesso l’applicazione del principio di diritto sopra indicato (Cass., se un., attesa la necessità per il giudice di merito d’indagare sulle concrete modalità d’impiego delle due unità lavorative part-time, onde verificare se l’attività di collaborazione delle stesse possa essere equiparata alla Ric. 2016 n. 25324 sez. MT – ud. 19-12-2017 -3- collaborazione di un’unità lavorativa a tempo pieno. Il che, stante la scorretta applicazione delle norme di diritto che governano l’imposta, rende indispensabile un’indagine di merito, invece, erroneamente elusa dal giudice regionale e tale da integrare il vizio di cui al n. 3) dell’invocato art. 360 del codice di rito. Consequenzialmente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei criteri indicati).