Cassazione Civile Sentenza n. 10831/19 – Medici convenzionati

Cassazione Civile Sentenza n. 10831/19  – Medici convenzionati –  Diversamente, inoltre, da quanto sembra sostenere il ricorrente, la norma dell’ACN che prevede la definizione del “rapporto ottimale”, non attribuisce al medico convenzionato un “diritto soggettivo” alla quota di residenti stabilita per ciascun medico, ma individua semplicemente il criterio diretto a razionalizzare il sistema organizzativo del SSR ed il dimensionamento, sia degli ambiti territoriali, che della ripartizione dei medici sul territorio. La norma dell’ACN preordinata alla determinazione del “rapporto ottimale” attiene, infatti, alla disciplina della sfera organizzativa del servizio sanitario regionale, che è riservata all’ambito del potere discrezionale proprio della Amministrazione pubblica regionale. Neppure il “limite del massimale” di assistiti in carico a ciascun medico convenzionato, previsto dall’ACN, attribuisce a quello un “diritto di esclusiva” su tale quota di assistiti, atteso che il rapporto professionale tra medico convenzionato e paziente è mediato dalla scelta del medico di base che il residente è libero di compiere, tra i diversi medici iscritti negli elenchi. Deve dunque concludersi che la normativa vigente e le norme degli Accordi collettivi nazionali non precludevano, con espresso divieto, la previsione contemplata dall’AIR 1997 (con salvezza delle situazioni costituite, stabilita dal successivo AIR del 20.6.2003 n. 2128) della facoltà, per i medici non assegnati a “località carenti”, di apertura di un secondo studio in Comune diverso del medesimo distretto.

 

FATTO E DIRITTO: In riforma della decisione di prime cure, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza 24.10.2016 n. 3786, rigettava la domanda di risarcimento proposta da G. F., medico “di base” convenzionato con la ASL Caserta 2 Distretto 38, nei confronti dei colleghi F. R. e P.O., ai quali veniva contestata la condotta illecita di aver esercitato l’incarico professionale al di fuori dell’ambito territoriale di loro competenza (rispettivamente il Comune di San Prisco ed il Comune di Curti), appoggiandosi a studi di medici assegnatari, come il F., della zona territoriale relativa al Comune di Santa Maria Capua Vetere, in tal modo procurando al legittimo incaricato un danno patrimoniale corrispondente ai minori introiti tariffari conseguiti, nel periodo 1997-2007 per la perdita di rilevanti quote di assistibili. Il Giudice territoriale affidava la decisione alle seguenti ragioni: L’accordo integrativo regionale approvato con delibera della GR Campania in data 3.11.1997, in attuazione dell’Accordo collettivo nazionale approvato con Dpr n. 484/1996 prevedeva la facoltà di aprire studi professionali anche in ambiti territoriali diversi da quelli assegnati in convenzione, purchè il medico fosse iscritto nell’elenco dei medici convenzionati del diverso Comune e fosse stato scelto dall’assistito, ipotesi che ricorreva nel caso di specie qualora il predetto accordo integrativo regionale fosse stato disapplicabile in quanto in contrasto con le norme di legge statali (art. 25 della legge n. 833/1978) e del regolamento di esecuzione del predetto Accordo nazionale, approvato con Dpr n. 270/2000 -cui si era successivamente adeguato il nuovo accordo integrativo regionale, facendo salve le situazioni pregresse-, difettava l’elemento soggettivo dell’illecito extracontrattuale, non essendo esigibile dai medici convenuti-appellanti una valutazione sulla validità/inefficacia dell’accordo integrativo RG n. 28324/2016 st. ric. G. F. c/ R.F.–1 S. O. in ogni caso rimaneva indimostrato il nesso causale ex artt. 40 e 41 c.p. tra la “illecita” apertura dello studio extra-territorio e la perdita di quote di assistiti, in considerazione sia della scelta del medico di base, riferibile in via autonoma all’assistito residente, sia della non provata corrispondenza tra quote acquisite dall’O. e dal r. e quote perdute dal F.. La sentenza di appello, notificata in data 8.11.2016, è stata impugnata per cassazione, con sei mezzi, da G. F. con ricorso notificato in data 30.11.2016 agli intimati che hanno resistito con un unico controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, cui ha controdedotto il F. con controricorso, depositando anche memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.. Ragioni della decisione Occorre premettere, in via generale, che tutti i motivi di ricorso sono formulati mediante la cumulativa indicazione in rubrica di plurime e distinte censure di vizi di legittimità differenti. Pertanto nella seguente disamina dei motivi di ricorso, verranno esaminate soltanto quelle censure che rinverranno in modo chiaro e preciso la propria giustificazione nella critica argomentativa svolta nella esposizione a corredo di ciascun motivo, dovendo essere dichiarate inammissibili le altre censure, per le quali non sia dato discernere nella congerie degli argomenti esposti quali debbano ad esse riferirsi.RG n. 28324/2016 s. est. ric. G. F. c/ R. F.+ l S. O. La sentenza di appello viene censurata, con il primo motivo per: a) violazione degli artt. 19 e 21 Dpr 22.7.1996 n. 484, degli artt. 19 e 25 legge 23.12.1978 n. 833, in relazione all’art. 2043 c.c. ed agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. (art. 360co1 n. 3 c.p.c.); b) motivazione contraddittoria, illogica, apparente su fatti decisivi ex art. 360co1 n. 5 c.p.c.; con il secondo motivo per: violazione dell’art. 35 comma 6 e comma 13 dell’Accordo collettivo nazionale relativo all’anno 2005, nonché dell’art. 21 comma 9 del Dpr n. 484/1996„ in relazione all’art. 2043 c.c. ed agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.; nullità della sentenza ex art. 360co1 n. 4 c.p.c. motivazione illogica, contraddittoria apparente, in relazione agli artt. 360co1 n. 3 e n. 5 c.p.c. su fatti decisivi. Con i due motivi si criticano le statuizioni con le quali il Giudice di appello: 1) ha ritenuto conforme alla normativa vigente (accordo integrativo regionale pubblicato in data 3.11.1997) la condotta dei due medici che avevano esercitato l’attività convenzionata anche in un ambito territoriale diverso da quello loro assegnato; 2) ha ritenuto che, la eventuale illegittimità della facoltà di apertura di un secondo studio “in ambito distrettuale” (comprendente più comuni) prevista dall’accordo integrativo regionale del 1997, non consentiva di pervenire alla prova dell’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., non essendo esigibile da parte dei medici che si erano avvalsi di tale facoltà un controllo ex ante di validità/efficacia della norma contenuta nell’accordo. L’assunto difensivo è volto ad affermare che: l’apertura di un secondo studio in ambito territoriale diverso da quello assegnato in convenzione, è da intendersi precluso al medico di base in base ad una interpretazione sistematica delle norme di legge (legge n. 833/1978) e della disciplina degli Accordi collettivi nazionali, cui gli accordi regionali integrativi non possono porsi in contrasto: tale divieto trova riscontro sia nella sentenza del Consiglio di Stato V sez. in data RG n. 28324/2016 Con t. ric. G. F. c/ R. F.+ l S. v. 30.9.1992 n. 897 (con riferimento all’art. 5 comma 7 del Dpr 16 ottobre 1984, n. 882 recante “Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale”), che nella nota del Ministero della Sanità del 24.12.1998 prot. 1200 (avente ad oggetto la norma dell’AIR del 1997 che contemplava la facoltà di apertura del secondo studio in comuni diversi ma nell’ambito del medesimo distretto) trasmessa all’Assessorato Sanità regione Campania, e quindi trasmessa, con nota 24.7.1999 prot. 120038 della Giunta regionale della Campania al Direttore Generale ASL Caserta 2, e con nota dell’Assessorato Sanità regione Campania in data 14.7.1999 a tutti i Direttori Generali delle AA.SS.LL. della Campania il sistema normativo e convenzionale predetto è volto, da un lato, ad assicurare la regolare gestione della spesa pubblica, attraverso la definizione del cd. “rapporto ottimale” (numero dei medici necessari rispetto alla popolazione residente in un determinato ambito territoriale); dall’altro ad assicurare al medico convenzionato un bacino minimo di utenza contrattualmente garantito essendo intervenuta nel 1998 la nota del Ministero della Sanità che riteneva non compatibile l’apertura del secondo studio, e ad ottobre 1999 la nota del Direttore Generale della ASL Caserta 2 che recepiva tali rilievi, tanto l’O., quale componente del Comitato aziendale permanente per la medicina generale, previsto dall’art. 23 ACN (che aveva competenza anche per l’apertura del secondo studio), quanto il R., che aveva comunicato in data 13.9.1999 (al Direttore del Distretto 38 dell’ASL Caserta 2) l’apertura del secondo studio, ed in data 7.11.2005 (al Resp. UO Medicina generale ASL Caserta 2) di proseguire l’attività anche nel secondo studio in conformità delle prescrizioni del nuovo ACN approvato con Dpr n. 270/2000 (e del secondo AIR Campania che aveva espressamente fatto salve le situazioni già in atto costituite in RG n. 28324/2016 t. ric. G. F. c/ R. F.+1 S. O. base al precedente AIR 1997), dovevano ritenersi bene consapevoli di perpetrare un illecito. Occorre premettere che i fatti illeciti contestati dall’attuale ricorrente debbono essere riferiti al periodo successivo al 29.7.2004 in quanto per le condotte tenute negli anni precedenti a far data dal 1999 ogni questione . rimane preclusa dal giudicato interno formatosi sulla statuizione del Tribunale, che ha dichiarato fondata la eccezione preliminare di estinzione del diritto per intervenuta prescrizione, e che non stata investita dai motivi di gravame dell’appello incidentale proposto dal F.. Tanto premesso, occorre tenere nettamente distinta la -eventuale- responsabilità civile della regione Campania e della Azienda sanitaria Caserta 2 per omessa adozione delle misure necessarie all’adeguamento degli Accordi integrativi regionali e dei provvedimenti organizzativi del servizio sanitario alle condizioni legali di esercizio dell’attività convenzionata stabilite dagli Accordi collettivi nazionali, che non è oggetto del presente giudizio, dalla responsabilità civile, azionata nella presente sede giudiziaria, nei confronti dei due colleghi. Osserva il Collegio che la relazione che si istituisce tra la condotta degli enti pubblici (che hanno concluso l’accordo integrativo regionale – AIR del 1997 che prevedeva anche la facoltà di apertura di un secondo studio nell’ambito del distretto, e che hanno rilasciato i relativi titoli autorizzativi) e la condotta dei medici convenzionati che hanno esercitato l’attività professionale anche in un ambito territoriale (Comune di Santa Maria Capua Vetere) diverso da quello originariamente loro assegnato -rispettivamente, Comune di San Prisco e Comune di Curti- ma collocato nell’ambito del medesimo “distretto” (nell’elenco del quale erano regolarmente iscritti, ai fini della scelta volontaria espressa dagli assistiti), non si configura come relazione di corrispondenza necessitata, del tipo “causa-effetto”, così che, stabilita la difformità legale della attività amministrativa degli enti pubblici, automaticamente si determina la insorgenza della fattispecie illecita ex art. 2043 c.c. da cui deriva la responsabilità civile per danni dei medici convenzionati.Occorre considerare ulteriormente che, nella specie, il provvedimento autorizzativo (alla apertura di un secondo studio nel Comune di Santa Maria Capua Vetere), non si pone “ab extemo” rispetto al conflitto di interessi tra soggetti privati, non venendo, quindi, in esame la diversa ipotesi in cui la valutazione compiuta dalla autorità amministrativa, in ordine alla verifica dei presupposti per il rilascio del titolo, si esaurisce nella relazione con il soggetto istante (essendo diretta esclusivamente a verificare che lo svolgimento della _ attività autorizzata non collida od interferisca negativamente con l’interesse pubblico di cui detta PA è affidataria), prescindendo quindi da una . ponderazione anche degli interessi privati di terzi che potrebbero ricevere un eventuale pregiudizio dalla attività esercitata dal soggetto in base al titolo amministrativo: con la conseguenza che, in tal caso, la mera autorizzazione non esonera tale soggetto da responsabilità civile per danni cagionati al terzo in conseguenza della attività svolta pur se conforme alle prescrizioni del titolo amministrativo. Nella specie, invece, le relazioni -anche conflittuali- che vengono ad instaurarsi tra i medici convenzionati, e gli interessi ad essi riferibili derivanti RG n. 28324/2016 C ric. G. F. c/ R. F.+ l S. dallo svolgimento dell’attività professionale, trovano integrale regolamentazione nel rapporto di convenzionamento con la ASL e nella organizzazione del servizio pubblico attuata secondo la disciplina normativa e gli Accordi collettivi nazionali e regionali vigenti. Questo comporta che la illiceità della condotta posta in essere dal medico convenzionato, in quanto lesiva di una posizione giuridica tutelabile di altro medico convenzionato, non si pone all’esterno ma all’interno degli stessi limiti “autorizzativi” rinvenibili nella disciplina normativa e contrattuale del convenzionamento, non potendosi, quindi, prescindere -ai fini dell’accertamento della responsabilità civile- dalla verifica della conformità o meno della condotta materiale alle prescrizioni del titolo amministrativo ed alle situazioni giuridiche che il titolo di convenzionamento consente di far valere al medico titolare nei confronti degli altri medici convenzionati. Traendo le fila di tali premesse: le norme dell’ACN reso esecutivo con Dpr 22 luglio 1996, n. 484 non prevedevano espressi divieti alla apertura di un secondo studio, istituendo soltanto un necessario collegamento tra la ubicazione dello studio e la iscrizione del medico convenzionato negli elenchi di medicina generale di libera scelta istituti presso il “comune, gruppo di comuni o distretto” (secondo la ripartizione delle zone territoriali adottato dalla regione: art. 19, comma 4); diversamente, invece, nel caso di convenzionamento ed assegnazione in zone cd. “carenti” la disciplina dell’ACN imponeva in via esclusiva l’apertura dello studio professionale nell’ambito territoriale della zona carente (art. 21 comma 2), venendo iscritto di ufficio nell’elenco della “località carente” (art. 21 comma 6), con espresso divieto di apertura di altri studi in ambiti territoriali diversi (art. 21 comma 9: “Al medico e’ fatto divieto di esercitare le attivita’ convenzionate ai sensi del presente accordo in studi professionali collocati fuori dalla localita’ carente…”). Diversamente, inoltre, da quanto sembra sostenere il ricorrente, la norma dell’ACN che prevede la definizione del “rapporto ottimale”, non attribuisce al medico convenzionato un “diritto soggettivo” alla quota di residenti stabilita per ciascun medico, ma individua semplicemente il criterio diretto a razionalizzare il sistema organizzativo del SSR ed il dimensionamento, sia degli ambiti territoriali, che della ripartizione dei medici sul territorio. La norma dell’ACN preordinata alla determinazione del “rapporto ottimale” attiene, infatti, alla disciplina della sfera organizzativa del servizio sanitario regionale, che è riservata all’ambito del potere discrezionale proprio della Amministrazione pubblica regionale. Neppure il “limite del massimale” di assistiti in carico a ciascun medico convenzionato, previsto dall’ACN, attribuisce a quello un “diritto di esclusiva” su tale quota di assistiti, atteso che il rapporto professionale tra medico convenzionato e paziente è mediato dalla scelta del medico di base che il residente è libero di compiere, tra i diversi medici iscritti negli elenchi nella specie è incontestato. Deve dunque concludersi che la normativa vigente e le norme degli Accordi collettivi nazionali non precludevano, con espresso divieto, la previsione contemplata dall’AIR 1997 (con salvezza delle situazioni costituite, stabilita dal successivo AIR del 20.6.2003 n. 2128) della facoltà, per i medici non assegnati a “località carenti”, di apertura di un secondo studio in Comune diverso del medesimo distretto. In conclusione il ricorso principale ed il ricorso incidentale debbono essere rigettati, con integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità, in ragione sia della novità della questione tratta, sia della reciproca soccombenza.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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