Cassazione Civile Sentenza n. 15762/18 – Colpa medica – La Corte di Cassazione ha chiarito il concetto di causa a sé non imputabile. La Corte territoriale aveva respinto la domanda del S. per violazione del diritto all’autodeterminazione ammettendo in grado d’appello la produzione del modulo avente per oggetto l’informativa per l’intervento di cataratta sottoscritto dal paziente. La Corte di Cassazione ha rilevato che Il concetto di “causa a sé non imputabile” deve essere ricondotto a ragioni ascrivibili a circostanze estranee alla sfera di controllo dell’interessato e non può essere dilatato sino a ricomprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte, soprattutto nei casi, come quelli che interessano una struttura sanitaria ed il medico in essa operante, in cui la “buona organizzazione” dovrebbe essere uno dei tratti caratterizzanti della professionalità in discussione: conseguentemente la ragione allegata nel caso in esame a sostegno della tardiva produzione ( e cioè aver rinvenuto il documento in altra cartella clinica ) non può certamente configurare un impedimento “non imputabile alla parte onerata”, dovendo essere ascritto ad una negligente conservazione della documentazione clinica che, in assenza di specifiche e peculiari ragioni rinvenibili in cause di forza maggiore o in fatti estranei al loro operato ( ragioni mai allegate), non può che essere imputata alla struttura sanitaria ed al medico interessato.
FATTO E DIRITTO: . A. S. evocò in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, F. P. ( medico oculista) e la Igea srl e, premesso di essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico postraumatico per cataratta ad occhio sinistro con rimozione e sostituzione del cristallino dal quale, oltre a complicazioni infettive, era derivata una grave compromissione del visus, chiedeva che le parti convenute fossero condannate al risarcimento del danno per responsabilità professionale da colpa medica e per la violazione del suo diritto all’autodeterminazione, non avendo preventivamente prestato il suo consenso informato. Il Tribunale accolse la domanda condannando i convenuti in solido al risarcimento del danno per entrambe le voci dedotte oltre alle spese di lite. La Corte d’Appello di Torino, in riforma della sentenza impugnata, respinse la domanda del S., ritenendo che sulla base delle prove documentali ammesse in appello dovesse escludersi sia la mancanza di consenso informato, sia la responsabilità del medico e della struttura per i danni da lui subiti in conseguenza dell’intervento chirurgico al quale era stato sottoposto. A. S. ricorre per la cassazione della predetta sentenza affidandosi a quattro motivi. Gli intimati hanno resistito con controricorso. La Corte territoriale ha respinto la domanda del S. per violazione del diritto all’autodeterminazione ammettendo in grado d’appello la produzione del modulo avente per oggetto l’informativa per l’intervento di cataratta sottoscritto dal paziente: l’ammissione della prova documentale tardivamente versata in atti è fondata sulla ritenuta idoneità della giustificazione allegata dalla parte e cioè il temporaneo smarrimento del documento che sarebbe stato inserito per errore in altra cartella clinica. Il concetto di “causa a se non imputabile” deve essere ricondotto a ragioni ascrivibili a circostanze estranee alla sfera di controllo dell’interessato e non può essere dilatato sino a ricomprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte, soprattutto nei casi, come quelli che interessano una struttura sanitaria ed il medico in essa operante, in cui la “buona organizzazione” dovrebbe essere uno dei tratti caratterizzanti della professionalità in discussione: conseguentemente la ragione allegata nel caso in esame a sostegno della tardiva produzione ( e cioè aver rinvenuto il documento in altra cartella clinica ) non può certamente configurare un impedimento “non imputabile alla parte onerata”, dovendo essere ascritto ad una negligente conservazione della documentazione clinica che, in assenza di specifiche e peculiari ragioni rinvenibili in cause di forza maggiore o in fatti estranei al loro operato ( ragioni mai allegate), non può che essere imputata alla struttura sanitaria ed al medico interessato: la motivazione resa dalla Corte Torinese, dunque, vanifica del tutto la portata della più stringente formulazione della norma introdotta con la novella del 2012 e si traduce in una motivazione apparente rispetto ai limiti contenuti nell’art. 345 cpc novellato e, dunque, nel vizio di cui all’art. 360 n° 4 cpc. La sentenza, in parte qua, deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino che dovrà riesaminarla alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e di quanto questa Corte ha già avuto modo recentemente di chiarire ( cfr. Cass. 7248/2018) in materia di consenso informato