Cassazione Civile Sez. VI Lavoro Ord. N. 485/2021 – Medici specializzandi e adeguata remunerazione – La Corte di cassazione ha ribadito che: “1.- gli obblighi di attuazione della normativa comunitaria in tema di adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia derivanti dalle direttive CE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 – che non prevedono una precisa misura del compenso minimo spettante agli specializzandi – devono ritenersi adempiuti dallo Stato italiano con la borsa di studio introdotta dal decreto legislativo n. 257 del 1991, nella sua misura originaria; 2.- la direttiva comunitaria n. 93/16 non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della suddetta adeguata remunerazione; 3. la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in – coincidenza con la riorganizzazione dell’ordinamento delle scuole di specializzazione e con l’introduzione del contratto di formazione specialistica operate nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n. 368 del 1999 costituisce il primo atto di adempimento dei suddetti obblighi comunitari in relazione all’adeguatezza della remunerazione, e non comporta alcun obbligo dello Stato di estendere il nuovo trattamento economico ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione negli anni accademici anteriori al 2006/2007”.
FATTO E DIRITTO. Rilevato che: F. P., medico iscritto ad un corso di specializzazione per le professioni sanitarie in anni accademici successivi al 1999 ed anteriori al 2006/2007, ha agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Università degli Studi di M., del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, della Presidenza della Regione siciliana, nonché dell’Assessorato regionale alla Sanità per ottenere, tra le altre plurime domande, il riconoscimento della differenza economica tra la borsa di studio percepita ed il compenso previsto dal d.lgs. 17 agosto 1999 n. 368, con il quale erano state recepite nell’ordinamento italiano le direttive comunitarie n.75/362, n. 82/76 e n. 93/16 (con le successive integrazioni), ma i cui effetti economici erano stati differiti fino all’anno accademico 2006/2007; la domanda, rigettata in primo grado, è stata accolta dalla Corte d’appello di Messina, la quale ha condannato il Miur al pagamento, in favore del ricorrente-appellante di una somma pari alla differenza tra il trattamento percepito e quello dovuto in base ai DPCM 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007, oltre accessori di legge per ogni anno accademico fino al 2006-2007, a titolo di risarcimento del danno per inadempimento dello stato all’obbligo di trasposizione da parte del legislatore nel termine prescritto delle direttive nn. 75/362/Cee e 82/76/Cee. Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -2- Contro la sentenza il Ministero ha proposto ricorso per cassazione articolando unico motivo, al quale ha resistito il medico con controricorso. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ., è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, in prossimità della quale il F. ha depositato memoria. Considerato che: con l’unico articolato motivo di ricorso, il Ministero ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ. di un complesso di norme (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; art. 6 D.Lgs. n. 257/1991; Artt. 37,39, 41,46 D.Lgs.cit; art. 8 D. Lgs. n. 517/1999; art. 1, comma 300, L. 23/12/2005, n. 266; artt. 5 e 189, comma 3, trattato CEE (ora artt. 10 e 149 nella versione consolidata di Nizza); delle direttive n. 82/76; 75/363; 75/362; dell’art. 13 e 16 della Direttiva n. 82/76 CEE e dell’art. 1, comma 1, della Direttiva n. 93/16, nonché dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza 25/2/1999-causa C- 131/97 (Carbonari) e 3/10/2000-causa C-371/97 (Gozza); dell’art. 7 D.L. n. 384/1992, convertito nella E. 438/1992; art. 3, comma 36, L. n. 537/1993; dell’art. 1, comma 33, L. 2/12/1995, n. 549; dell’art. 32, comma 12, L. n. 449/1997; dell’art. 22 L. n. 488/1999; dell’art. 36 L. n. 289/2002); contesta la sussistenza dell’inadempimento dello Stato nel dare attuazione alle direttive euro unitarie e assume che la scelta di prevedere nel 1999 un trattamento migliore di quello previsto con il decreto legislativo n. 257/1991, in sede di prima attuazione della normativa comunitaria, non attribuisce ex se in capo a coloro che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1991 del 2006 il diritto soggettivo all’applicazione retroattiva della nuova disciplina; Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -3- il motivo è manifestamente fondato; la decisione della Corte territoriale non risulta conforme all’indirizzo di questa Corte, già espresso con le sentenze Cass. 28/6/2018, n. 17051 ( in linea con Cass.16/01/2014, n. 794, e Cass. 4/07/2014, n. 15362, espressamente richiamate nella ordinanza del 14/3/2018, n. 6355; v. pure Cass. 24/05/2019, n. 14168, che richiama Cass. 23/2/2018, n. 4449), ed al quale si intende dare continuità, secondo cui il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto una adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la legge 29 dicembre 1990 n. 428 e con il decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257 (che ha riconosciuto agli specializzandi una borsa di studio pari ad €: 11.603,52 annui), e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al d.lgs. 17 agosto 1999 n. 368; quest’ultimo decreto, nel recepire la direttiva CEE n. 93/16 (che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive n.75/362 e n. 75/363, con le relative successive modificazioni), ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato “contratto di formazione lavoro” e successivamente “contratti formazione specialistica”) da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali; tale contratto, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -4- subordinato, né è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (cfr., ex plurimis: Cass., 19/11/2008, n. 27481; Cass. 22/9/2009 n. 20403; Cass. 27/7/2017, n. 18670); ai sensi dell’art. 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, peraltro, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute negli articoli da 37 a 42 del D.1,gs. n. 368 del 1999 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono applicabili solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007; il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007; per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006/2007 è stato espressamente disposto che continuasse ad operare la precedente disciplina di cui al d.lgs. 8 agosto 1991 n. 257 (sia sotto il profilo ordinamentale che sotto il profilo economico); la direttiva CEE n. 93/16 non ha carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione; la previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica), e i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257; Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -5- l’importo della predetta borsa di studio è da ritenersi di per sé sufficiente ed idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunzie di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso decreto legislativo n. 257 del 1991 e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che «nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa (vedi: Cass. 26 maggio 2001 n. 11565)» (Cass., 15/6/2016, n. 12346; Cass. n. 6355/2018, cit.); l’indirizzo trova indiretta conferma nella stessa sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria); il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il decreto legislativo n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in base alla legge n. 266 del 2005), e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono pertanto ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi; devono dunque essere ribaditi i seguenti principi di diritto: 1.- gli obblighi di attuazione della normativa comunitaria in tema di adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole universitarie di Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -6- specializzazione in medicina e chirurgia derivanti dalle direttive CE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 – che non prevedono una precisa misura del compenso minimo spettante agli specializzandi – devono ritenersi adempiuti dallo Stato italiano con la borsa di studio introdotta dal decreto legislativo n. 257 del 1991, nella sua misura originaria; 2.- la direttiva comunitaria n. 93/16 non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della suddetta adeguata remunerazione; 3. la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in – coincidenza con la riorganizzazione dell’ordinamento delle scuole di specializzazione e con l’introduzione del contratto di formazione specialistica operate nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n. 368 del 1999 costituisce il primo atto di adempimento dei suddetti obblighi comunitari in relazione all’adeguatezza della remunerazione, e non comporta alcun obbligo dello Stato di estendere il nuovo trattamento economico ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione negli anni accademici anteriori al 2006/2007; l’indirizzo di questa Corte cui si intende dare continuità nella presente sede solo apparentemente potrebbe risultare contraddetto da due identiche e coeve decisioni della stessa Sezione Lavoro (Cass., Sez. L, Sentenze n. 8242 e 8243 del 22/04/2015, cui fa richiamo la stessa parte controricorrente anche nella memoria ex art. 380 bis cod.proc.civ.), la cui motivazione non affronta peraltro espressamente la problematica relativa alla fattispecie fin qui illustrata (cioè quella relativa alla situazione degli iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici successivi al 1998 ed anteriori al 2006/2007), e richiama invero gli indirizzi espressi da questa Corte in relazione alla diversa Ric. 2018 n. 06285 sez. ML – ud. 24-11-2020 -7- situazione dei medici che avevano frequentato le scuole di specializzazione anteriormente al 1991; le ulteriori argomentazioni svolte nella memoria del controricorrente non sollecitano un ripensamento di questi principi; conseguentemente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, non essendosi la corte territoriale adeguata il principio di diritto già enunciato da questa Corte; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della pretesa attorea; le spese dell’intero giudizio possono essere integralmente compensate, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione della novità delle questioni trattate in sede di merito e delle oggettive oscillazioni giurisprudenziali in relazione alle stesse. PQM La Corte accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea.