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Cassazione penale: responsabilità dell’aiuto primario

Cassazione Penale – Sentenza n. 12679/16 – Responsabilità dell’aiuto primario. All’aiuto non si richiede un pedissequo e acritico atteggiamento di sudditanza rispetto alle scelte del medico in posizione apicale, con la conseguenza che deve fare tutto quanto in suo potere per impedire l’evento, segnalando eventuali omissioni o scelte non condivise, per le quali, mancando un dissenso, assume pari responsabilità. Infatti  quantunque competa al primario una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti, dovuta alla sua posizione apicale, con il connesso potere-dovere di impartire istruzioni e direttive ed esercitare ogni verifica inerente alla loro attuazione, anche quando non è presente in reparto, deve comunque escludersi che tra l’aiuto e il primario esista un rapporto di subordinazione assoluto e vincolante, non essendo la posizione apicale dell’aiuto quella di mero esecutore di ordini.

FATTO: La Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza in data 24.11.2014 dichiarava estinto per prescrizione il reato di omicidio colposo ascritto a D.V.L. in relazione al decesso di D.F.A.L., avvenuto presso l’Unità Operativa di Chirurgia dell’Ospedale di (OMISSIS) ove si trovava ricoverata, confermando la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Nell’esaminare il fondamento dell’azione civile proposta dai congiunti della vittima, la Corte territoriale riteneva fondata la ipotesi accusatoria ed accertata la responsabilità dell’imputato, che, nella qualità di aiuto primario, nonostante il peggioramento delle condizioni in cui versava la paziente, già sottoposta ad un intervento di colecistectomia per via laparoscopica, aveva omesso di disporre accertamenti diagnostici anche semplici che avrebbero consentito di accertare che era in atto una peritonite generalizzata, così che la D.F., entrata in coma in conseguenza dello shock settico e trasferita presso l’Ospedale di (OMISSIS), ove veniva correttamente effettuato un intervento chirurgico volto a tentare di recuperare un quadro patologico ormai irreversibile, decedeva in data (OMISSIS) per collasso cardio-circolatorio.

DIRITTO: La censura, già prospettata come motivo di appello, è stata disattesa sul rilievo che, quantunque competa al primario una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti, dovuta alla sua posizione apicale, con il connesso potere-dovere di impartire istruzioni e direttive ed esercitare ogni verifica inerente alla loro attuazione, anche quando non è presente in reparto, deve comunque escludersi che tra l’aiuto e il primario esista un rapporto di subordinazione assoluto e vincolante, non essendo la posizione apicale dell’aiuto quella di mero esecutore di ordini. Già questa Corte – esaminando il ruolo del primario ed il rapporto con l’aiuto primario – ha affermato che in tema di responsabilità dei medici ospedalieri, ai sensi del D.P.R. 27 marzo 1968, n. 128, art. 7, il primario può, in relazione ai periodi di legittima assenza dal servizio, imporre all’aiuto l’obbligo di informarlo ed ha diritto di intervenire direttamente; tuttavia quando, avvertito, abbia dichiarato di voler assumere su di sé la decisione del caso, l’aiuto non può restare inerte in attesa del suo arrivo ma, essendo titolare di un’autonoma posizione di garanzia, nei confronti dei pazienti, deve attivarsi secondo le regole dell’arte medica per rendere operativo ed efficace l’intervento del predetto primario, se del caso a quest’ultimo sostituendosi. Se allora il primario può imporre un obbligo di informativa anche in assenza ed il potere di immediato intervento nel tempo di riposo o comunque di legittima assenza, dalla struttura logica della richiamata norma deve dedursi che nell’assenza o impedimento del primario, ogni decisione debba essere adottata dall’aiuto, anche quando il primario, doverosamente avvertito, dichiari di voler assumere su di sé la decisione del caso. In tale ipotesi, invero, all’aiuto spetta procedere secondo quanto occorra e non restare inerte nell’attesa dell’arrivo del primario, posto che su di lui cade l’obbligo di attivarsi secondo le regole dell’arte medica, ed egli è costituito nella posizione di garanzia verso il paziente, fino al momento in cui colui che è investito del primariato prenda in sua mano la situazione. Con l’ulteriore logica conseguenza che in assenza del primario l’aiuto deve, se a suo giudizio necessario, esercitare il ruolo di alter ego del primario che gli è proprio e che altrimenti resterebbe svuotato di ogni contenuto. Nel caso che ci occupa, poiché l’imputato aveva seguito l’evoluzione postoperatoria della paziente essendo in servizio in reparto nei giorni tra il (OMISSIS), periodo in cui sono state accertate le omissioni diagnostiche e terapeutiche di cui si è detto, egli sarebbe dovuto intervenire e svolgere il doveroso ruolo di cura della paziente, anche se era stata trattata chirurgicamente dal primario. Del resto all’aiuto non si richiede un pedissequo e acritico atteggiamento di sudditanza rispetto alle scelte del medico in posizione apicale, con la conseguenza che deve fare tutto quanto in suo potere per impedire l’evento, segnalando eventuali omissioni o scelte non condivise, per le quali, mancando un dissenso, assume pari responsabilità.

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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