Cassazione Penale Sentenza n. 2354/2018 – Responsabilità medica di équipe – Nel caso in cui il trattamento sanitario affidato ad una pluralità di medici, sia pure in forma diacronica attraverso atti medici successivi, sfoci in un esito infausto, ciò che rileva, ai fini della individuazione della penale responsabilità di ciascuno di essi, è la verifica della incidenza della condotta di ciascuno sull’evento lesivo, sconfinando altrimenti la valutazione nel campo della responsabilità oggettiva. Il riconoscimento della responsabilità per l’errore altrui non è, conseguentemente, illimitato e, per quanto rileva, richiede la verifica del ruolo svolto da ciascun medico dell’equipe, non essendo consentito ritenere una responsabilità di gruppo in base a un ragionamento aprioristico.
FATTO E DIRITTO: Le parti civili (Omissis) e l’imputato (Omissis) ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha mandato assolto l’imputato dal reato di omicidio colposo per non aver commesso il fatto. Ad (Omissis) era stato addebitato, unitamente ad altro sanitario, di non aver richiesto una TAC di controllo, neppure senza mezzo di contrasto, così sottovalutando un nuovo importante sanguinamento, puntualmente verificatosi, costituente causa prima del decesso. La Corte di Cassazione ha affermato che nel caso in cui il trattamento sanitario affidato ad una pluralità di medici, sia pure in forma diacronica attraverso atti medici successivi, sfoci in un esito infausto, ciò che rileva, ai fini della individuazione della penale responsabilità di ciascuno di essi, è la verifica della incidenza della condotta di ciascuno sull’evento lesivo, sconfinando altrimenti la valutazione nel campo della responsabilità oggettiva. In tale situazione vige il principio di affidamento, che trova applicazione in ogni situazione in cui una pluralità di soggetti si trovi ad operare a tutela di un medesimo bene giuridico sulla base di precisi doveri suddivisi tra loro. In questa situazione è opportuno che ogni compartecipe abbia la possibilità di concentrarsi sui compiti affidatigli, confidando sulla professionalità degli altri, della cui condotta colposa, poi, non può essere chiamato di norma a rispondere. Così configurato il principio di affidamento funge da limite all’obbligo di diligenza gravante su ogni titolare della posizione di garanzia. Si tratta di un tema molto delicato perché tale principio va contemperato con l’obbligo di garanzia su ogni titolare della posizione di garanzia. E’ evidente che la mera applicazione del principio di affidamento consentirebbe ad ogni operatore di disinteressarsi completamente dall’operato altrui, con i conseguenti rischi legati a possibili difetti di coordinamento tra i vari operatori. Il riconoscimento della responsabilità per l’errore altrui non è, conseguentemente, illimitato e, per quanto rileva, richiede la verifica del ruolo svolto da ciascun medico dell’equipe, non essendo consentito ritenere una responsabilità di gruppo in base a un ragionamento aprioristico. Tale verifica è stata compita dalla Corte di appello e la sentenza non merita censura. Infine la Corte ha escluso la rilevanza penale: nel caso in cui il medico sottoponga il paziente stesso ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato e tale intervento, eseguito correttamente, si sia concluso con esito fausto, nel senso che ne è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo del reato di lesioni volontarie, che sotto quello del reato di violenza privata).