La Corte di Cassazione ha stabilito che “nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva”.
FATTO E DIRITTO. 1. La Corte di Appello di L. , con la sentenza in epigrafe, ha riformato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di L. nei confronti di D.G.al quale, nella qualità di medico in servizio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di G., si contestava l’omicidio colposo ai danni di C. D., per colpa specifica consistita nella omessa sottoposizione a controlli strumentali e diagnostici, tracciato elettrocardiografico ed effettuazione del dosaggio degli enzimi cardiaci nonché per generica imprudenza, negligenza e imperizia, a causa delle quali, in data 18.02.2011, si è verificata la morte del paziente a seguito delle complicazioni sopravvenute, in conseguenza della mancata e tempestiva diagnosi della patologia cardiaca e l’errata diagnosi muscoloscheletrica. 2. Il Tribunale di L. aveva ritenuto che l’evento fosse ascrivibile all’imputato e, in particolare quanto, alla sussistenza del nesso causale aveva argomentato, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite Franzese, che se fosse stato effettuato un intervento di angioplastica coronarica d’urgenza entro i 120 minuti dalla diagnosi ovvero dal riscontro con ECG ( cosi come affermato da tutti i consulenti tecnici compreso quello della difesa) il paziente aveva un alta probabilità di salvarsi. Nel caso concreto se alle ore 1.20 fosse stato eseguito l’elettrocardiogramma vi era il tempo di 30/40 minuti per raggiungere l’ospedale ed effettuare l’intervento salvifico in considerazione anche della giovane età del C., il cui arresto cardiaco si era verificato verso le ore 2.35. 2.1.La Corte territoriale, all’esito della perizia disposta d’ufficio, pur affermando la condotta gravemente colposa omissiva posta in essere dal sanitario, in violazione delle linee guida e delle buone pratiche clinico assistenziali che impongono di fronte al sintomo di un dolore toracico, dopo una accurata storia amnestica, l’immediata esecuzione di un ECG e del dosaggio enzimatico al fine di orientare, confermando o meno la diagnosi di una sindrome coronarica acuta, ha ritenuto che, in presenza di una patologia gravissima, difficilmente governabile nella quale l’esito infausto e repentino costituisce una eventualità per nulla rara, la situazione organizzativa esistente presso l’ospedale di G. dove non era possibile eseguire una procedura coronarica percutanea, non avrebbe consentito di evitare l’evento letale. Ha evidenziato, sulla base della perizia di ufficio, che gli unici centri dove tale procedura poteva essere effettuata erano distanti i 36 o 42 Km dall’Ospedale di G. e che il tempo a disposizione, 60 minuti, tra quando il paziente era giunto al pronto soccorso e fu sottoposto a visita alle ore 1,20 del 18.02.2020 e quando ne era stata constatata la morte, alle ore 2,35, non consentiva di ritenere con un grado elevato e concreto di probabilità che, dopo gli accertamenti di rito, sarebbe giunto presso il centro dove la procedura percutanea poteva essere eseguita in tempi significativamente antecedenti all’insorgenza della fatale aritmia che ne aveva determinato la morte e quindi non in tempi utili affinchè tale procedura potesse essere eseguita. Ha concluso quindi per l’assoluzione del D. G. perché il fatto non sussiste, affermando che non era possibile affermare, al di la di ogni ragionevole dubbio, che un diverso comportamento avrebbe potuto modificare l’evoluzione clinica infausta del paziente. 3. La parte civile ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata con i seguenti motivi: I) violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione dell’art.40 cod. pen. nonché per carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale. Deduce che la Corte territoriale ha seguito un ragionamento illogico e fondato su dati temporali errati, non considerando che se il sanitario avesse regolarmente svolto gli accertamenti tendenti a verificare se vi fosse un infarto in atto, il C., nel tempo di 17 minuti, trasportato con autombulanza, avrebbe raggiunto l’ospedale di L. e il reparto UTIC ove si eseguono interventi di angioplastica; evidenzia che tra l’insorgenza dei sintomi e la morte sono passati ben cinque ore considerato che già dalle ore 21,30 il paziente presentava localizzato il dolore al torace, nonostante la somministrazione di antidolorifici alla guardia medica. Anche a voler considerare il più breve lasso di tempo intercorrente tra le dimissioni e l’intervento del 118 che ne ha constatato la morte si avrebbe avuto il tempo di realizzare il ricovero di urgenza in un’unità coronarica attrezzata, così da scongiurare l’ischemia del miocardio e la fatale aritmia. II) mancanza di motivazione con riferimento all’obbligo di confutare gli elementi posti a base della decisione del giudice di primo grado che con esaustività argomentativa ha ricostruito il nesso causale alle pagg. 28/31 esponendo elementi di fatto, tratti dalle risultanze processuali, ignorati anzi travisati dalla Corte d’Appello; III) vizio di motivazione per travisamento delle risultanze probatorie con riferimento alle argomentazioni tecniche dei consulenti del PM e della parte civile, non smentite dai consulenti della difesa.4. Il Procuratore generale in sede ha chiesto con requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23 comma 8 DL 28.10.2020 n.137 il rigetto del ricorso. 4.1. In data 11.11.2020 sono pervenute le conclusioni scritte del difensore di fiducia delle parti civili Avv. A. B., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso. 4.2. Sono pervenute le conclusioni scritte del difensore dell’Azienda Sanitaria locale di L., responsabile civile e del difensore dell’imputato che hanno richiesto il rigetto del ricorso. 1.11 ricorso è infondato. 1.1. Esaminando, dunque, i motivi di ricorso, va osservato che la presente impugnazione si fonda, essenzialmente, sulla tesi secondo la quale i giudici di merito avrebbero travisato l’esito dell’istruttoria dibattimentale, che consegnava la certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, del fatto che il C. si era recato al pronto soccorso di G. dove prestava servizio D., quale medico di guardia, inviato il 18.02.2011 dalla Guardia medica e che alle ore 1,20, il D. aveva refertato come prestazione ritenuta non urgente, una cervicalgia con irradiazione arto superiore sinistro a fronte di un dolore toracico persistente ( al collo, braccio sinistro, dietro la schiena, nella parte sinistra del petto), senza effettuare ECG, nonostante il Pronto soccorso dell’ospedale di G. fosse dotato di elettrocardiografo con un reparto di cardiologia in servizio 24 ore su 24 ( fol 7 sentenza di primo grado ) e le linee guida consolidate imponessero di eseguire tale accertamento necessario ai fini diagnostici; che, inoltre, l’intervento di angioplastica coronarica, che per avere effetto salvifico doveva essere effettuato entro 120 minuti dalla diagnosi, poteva essere svolto solo nelle strutture sanitarie di L., distanti circa 30/ 40 minuti da G. ( fol 12 e 13 sentenza di primo grado). 1.2. I motivi di doglianza che possono essere trattati congiuntamente, aventi ad oggetto il vizio motivazionale e la violazione dell’art. 40 cod.pen. in ordine alla sussistenza del nesso di causalità, sono infondati. Occorre premettere che, come noto, nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva, mentre l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002 ud. – dep. 11/09/2002, Rv. 222139 – 01). Si è, tuttavia precisato che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana (nella specie: l’effetto salvifico delle cure omesse), deve fondare non solo su affidabili informazioni scientifiche ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere: a) qual è solitamente l’andamento della patologia in concreto accertata; b) qual è normalmente l’efficacia delle terapie; c) quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici (Sez. 4 n. 32121 del 16/06/2010 ud. – dep. 20/08/2010, Rv. 248210 – 01 che ha aggiunto che, sulla base di tali elementi, l’esistenza del nesso causale può essere ritenuta quando l’effetto salvifico dei trattamenti terapeutici non compiuti sia caratterizzata da elevata probabilità logica, ovvero sia fortemente corroborata alla luce delle informazioni scientifiche e fattuali disponibili). Si è affermato inoltre (Sez. 4, n. 10615 del 04/12/2012 ud. – dep. 07/03/2013, Rv. 256337 – 0) che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana ovvero l’effetto salvifico delle cure omesse, deve fondare su affidabili informazioni scientifiche nonché sulle contingenze significative del caso concreto. 1.3.Nel caso in esame in ordine all’effetto salvifico della condotta omessa, effettuazione dell’elettrocardiogramma e esami enzimatici, nella sentenza di appello si legge che la condotta doverosa non avrebbe certamente evitato l’evento mortale, spiegandosi a p. 12 e ss che ” il susseguirsi di eventi clinici dalla presentazione in pronto soccorso alle ore 1,20 alla constatazione del decesso alle ore 2,35 si sono realizzati in poco più di 60 minuti, tempo di per sé insufficiente non solo ad eseguire oltre l’ECG il prelievo ematochimico per il dosaggio enzimatico, considerato che nel laboratorio analisi non era presente un medico di turno e comunque per lo sviluppo degli esami occorreva un tempo di un’ora e mezza, ma che in ogni caso il C. non poteva giungere in tempo presso uno dei centri sanitari attrezzati di L., per eseguire, prima dell’insorgenza dell’ aritmia fatale, l’intervento coronarico percutaneo che per avere un effetto salvifico doveva essere effettuato entro 120 minuti dalla diagnosi ( v. sentenza di primo grado fol 29). Alla luce dei principi già evidenziati, che impongono di verificare, in base al meccanismo contro-fattuale, che l’azione (doverosa) omessa avrebbe impedito l’evento, secondo un giudizio di alta probabilità logica, fondato non solo su affidabili informazioni scientifiche, /t„ ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, tale motivazione risulta logica e coerente con i dati di fatto risultanti dall’istruttoria nella parte in cui esclude la sussistenza del nesso causale valutando la situazione logistica concreta e, cioè, le condizioni specifiche della paziente, il lasso temporale intercorso dal momento in cui sarebbe insorta la doverosità dell’accertamento diagnostico specifico ed il momento del decesso; la situazione organizzativa dell’ospedale di G.. 2. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.