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Censis: in aumento il valore sociale del farmaco

Il recente caso della molecola sofosbuvir, capace di combattere e sconfiggere il virus dell’epatite C, è emblematico. Questa molecola può portare il paziente alla guarigione, evitando lunghe cure per quanto può essere lunga l’evoluzione della malattia, fino alla cirrosi epatica, fino a danni irreversibili che potrebbero avere come unica, e non sempre certa, soluzione il trapianto di fegato, che costa al SSN dai 90 ai 100 mila euro per ogni paziente. Com’è noto, questo farmaco innovativo costa molto: un ciclo di cure si attesta attorno ai 37 mila euro nelle strutture pubbliche. L’Aifa ha stabilito la rimborsabilità il 5 dicembre 2014, ma la distribuzione del ciclo di cure non è omogenea sul territorio nazionale, perché diversi sono i comportamenti e le compatibilità economiche delle Regioni, con il risultato che nel Centro-Nord i pazienti hanno maggiori possibilità di essere curati, mentre il Sud è ancora praticamente fermo.

Questo caso eclatante non è unico, perché viviamo una fase nella quale diversi sono i farmaci innovativi che possono sconfiggere diverse grandi patologie. Una questione, questa, posta al centro della ricerca, effettata dal Censis nell’ambito del Forum per la ricerca biomedica, “L’emergenza sociale dei nuovi farmaci. Prospettive della ricerca, remunerazione dell’innovazione e accesso alle terapie”, presentato lunedì 20 aprile a Roma. Nel coordinare l’evento, Cesare Fassari, direttore di “Quotidiano Sanità”, ha così sintetizzato il senso del tutto: “Si tratta di valutare le nuove opportunità terapeutiche derivanti dai nuovi farmaci in rapporto alla sostenibilità finanziaria del SSN e delle Regioni”.

E il Censis rappresenta così la nuova situazione dell’Italia: “Negli ultimi trent’anni la speranza di vita è aumentata di 6,5 anni per le donne e di 8 anni per gli uomini, raggiungendo rispettivamente 85 e 80 anni in media. Nel tempo la sopravvivenza a molte patologie, sia acute che croniche, è migliorata significativamente. E la domanda di cure sempre più efficaci continua a crescere. Le malattie oggi più temute dagli italiani sono i tumori (62,6%), quelle che provocano la non autosufficienza (30,7%), le patologie cardiovascolari (28,3%), quelle neurologiche e le demenze (26,3%). Gli italiani hanno aspettative elevate nei confronti dei farmaci, che secondo le loro opinioni devono principalmente guarire dalle malattie (lo pensa il 36,7%), contribuire a migliorare la qualità della vita (20,9%), aiutare a convivere in modo accettabile con le patologie (19,5%)”. Alla luce di questo quadro d’insieme, secondo il Censis, “è invece problematica la percezione degli italiani relativa alla copertura pubblica dei medicinali. La disponibilità di farmaci garantiti dal Servizio sanitario nazionale è giudicata insufficiente dal 35,2% dei cittadini (e la percentuale sale al 53,8% tra le persone meno istruite). Il 78,8% ritiene che sono troppi i farmaci necessari per patologie gravi a carico dei pazienti. L’83% pensa che il ticket penalizzi le persone malate. Il 58% dichiara di aver subito un aumento della spesa di tasca propria per la sanità negli ultimi anni. E il 65% indica proprio i farmaci come voce di spesa in aumento a carico delle famiglie. Oggi è pari al 27,6% la quota di italiani che hanno ridotto l’acquisto di farmaci da pagare di tasca propria”. Ci sono poi altre questioni. Eccole: “Per rendere disponibile un nuovo farmaco sono necessari circa 15 anni di ricerca. Solo una nuova molecola ogni 10.000 sperimentate supera con successo i molti test necessari per essere approvata come medicinale. Ma poi, alla fine di questo percorso, in Italia sono troppo lunghi i tempi per accedere ai nuovi farmaci, dopo che sono stati approvati a livello comunitario: 427 giorni in media, contro i 364 della Francia, i 330 della Spagna, i 109 del Regno Unito”.

Gli interventi

Ma è proprio questo scenario che fa dire al Presidente del Censis Giuseppe De Rita che “è crescente l’importanza del farmaco perché dà al paziente la speranza di guarigione anche se con qualche rischio di dipendenza psicologica. Il fatto vero è che il farmaco è diventato sempre più un punto di riferimento per il paziente e la sua importanza è destinata ad aumentare nei prossimi anni e per questo parliamo di farmaco come elemento e fattore sociale”.

Carla Collicelli, segretario generale del Forum per la ricerca biomedica, ha sottolineato che “viviamo un periodo caldo dal punto di vista della sostenibilità economica, pertanto l’attenzione si concentra ancora di più sui problemi dell’accesso e dell’utilizzo del farmaco. L’attuale situazione è riassumibile in quattro punti: 1) I successi: dall’epatite C ai tumori, diverse sono le molecole innovative e l’Italia è all’avanguardia. 2) Gli studi clinici continuano, c’è un processo continuo nel campo della ricerca. 3) Accesso ai nuovi e ai vecchi farmaci: i pazienti hanno paura delle malattie ma anche aspettative di cura e di sopravvivenza, ma il 35 per cento di essi considerano non sufficiente la copertura del SSN e alcuni di essi rinunciano a curarsi. 4) Lunghi tempi di attesa e costi: in Italia ci vogliono in media 427 giorni per accedere a un farmaco dopo l’approvazione a livello comunitario, nel Regno Unito ci vogliono 108 giorni. Rispetto a queste criticità, la proposta avanzata dal Forum è la maggiore collaborazione tra tutti i soggetti interessati e un salto di qualità, con approccio olistico, nella valutazione delle patologie”.

Americo Cicchetti, direttore Altems Università Cattolica Sacro Cuore,  ha puntato anch’egli sul tema della valutazione: “Oltre ai meccanismi già in essere e collaudati, occorre pensare ad un sistema di valutazione capace di ascoltare anche dall’esterno del sistema i pazienti e le loro associazioni. Fa pensare il dato del 78%  che pensa che farmaci importanti siano a carico dei pazienti, anche se non è proprio così”.

Il direttore del dipartimento del farmaco dell’Istituto Superiore di sanità Stefano Vella, nel ricordare la sua esperienza nella seconda metà degli anni ’80 nelle prime cure che si misero allora in atto nella lotta all’Aids, ha evidenziato “la funzione di prevenzione dei farmaci, un aspetto spesso trascurato, ma molto importante: il calo delle malattie cardiovascolari è dovuto anche all’uso di alcuni farmaci. In tal senso, è bene sottolineare il valore sociale del farmaco”.

Secondo Pierluigi Navarra, direttore Istituto di Farmacologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, “occorre quantizzare l’innovazione e valutare la sua validità nel tempo. Le aziende pongono molto peso all’aspetto tecnico dell’innovazione, ma essa ha un valore che va oltre”.

Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria, ha posto l’accento sul fatto che è normale che “il cittadino percepisca che in quel tempo d’attesa di 427 giorni, debba essere lui a pagarsi il farmaco. Circa il caso epatite in rapporto alle compatibilità economiche, c’è da ricordare che il costo del farmaco è comunque inferiore al costo sostenuto dal SSN per curare i cittadini colpiti da epatite C, che è valutabile attorno al miliardo di euro. Occorre anche dire che, per esempio, i farmaci ospedalieri riducono i tempi dei ricoveri, con risparmio per gli ospedali, specialmente in questa fase dove sullo sfondo c’è la crisi economica e le ridotte disponibilità finanziarie delle strutture sanitarie”.

Francesco De Lorenzo, Presidente Favo, Federazione Associazioni di volontariato, già Ministro della Sanità, ha detto: “Il razionamento della spesa già esiste e, anche rispetto a questa realtà, c’è da dire che il numero dei pazienti guariti da tumore potrebbe essere maggiore se ci fosse una maggiore disponibilità di farmaci. Il fatto grave è che il Piano oncologico nazionale è fermo dal 2011. Nel frattempo, 106 parlamentari europei sono impegnati per far approvare una risoluzione dal Parlamento Europeo per rendere omogenee in Europa le cure per i malati di tumore. Ci vuole un riferimento europeo per dare un valore al farmaco che sia valido in tutti i Paesi”.

Alcuni altri dati

“La ricerca in campo oncologico è la più diffusa nel mondo: si prevede che al 2018 gli studi in fase di sperimentazione clinica saranno concentrati per il 38% sull’oncologia, mentre tutti gli altri settori si manterranno sotto la soglia del 10%. Anche in Italia la sperimentazione sulle patologie neoplastiche costituisce il principale ambito di ricerca. Nel nostro Paese nel 2012 erano in corso 697 studi clinici per la sperimentazione di farmaci innovativi, finanziati per il 67,7% dalle imprese e per il 32,3% da enti non profit. Nel 2013 il numero degli studi clinici in corso era pari a 583, con una concentrazione prevalente nell’area delle neoplasie (35%). Sono poi allo studio 403 prodotti biotecnologici, di cui 169 in area oncologica.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo promossi dall’industria farmaceutica in Italia ammontano a 1,2 miliardi di euro, pari al 4,2% degli investimenti totali effettuati in Europa, mentre il numero degli addetti impiegati in tali attività è pari a 5.950 (il 5,5% del totale). Nei principali Paesi europei si investono più risorse (in Germania il 19,1% degli investimenti in ricerca e sviluppo europei, il 18,1% nel Regno Unito, il 15,3% Francia) e si impiega un numero di addetti superiore (il 21,2% nel Regno Unito, il 18,8% in Germania, il 18,7% in Francia).

Resta irrisolto il problema della sostenibilità dei costi a circo del Servizio sanitario nazionale per i farmaci innovativi. Si tratta di costi elevati, soprattutto quando la platea dei pazienti destinatari è ampia. Gli investimenti diretti possono superare un miliardo di euro, arrivando a 2,6 miliardi se si aggiunge il costo del capitale investito nella ricerca. Ma solo 2 farmaci innovativi su 10 consentono di ammortizzare i costi di ricerca e sviluppo. Il recente caso del farmaco anti-epatite C (Sofosbuvir) è emblematico. Il costo di un ciclo terapeutico è pari a 37.000 euro per le strutture pubbliche, ma lo stanziamento aggiuntivo del governo per questa terapia è stato finora di circa un miliardo di euro per due anni, che si ritiene permetterà di coinvolgere circa 50.000 malati, rispetto a una platea complessiva stimata in circa 1,5 milioni di persone ha hanno contratto il virus e a un numero di malati con diagnosi di epatite C superiore a 300.000”.

( Nella foto da sinistra: Giuseppe De Rita, Massimo Scaccabarozzi, Carla Collicelli, Cesare Fassari, Stefano Vella, Pierluigi Navarra, Americo Cicchetti)

Autore: Redazione FNOMCeO

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