Censis: la Sanità nell’anno della crisi

Report n. 26/2010    

LA SANITA’ NELL’ANNO DELLA CRISI

Secondo il 43° Rapporto Censis sulla situazione economica del Paese (capitolo “Il sistema Welfare), la crisi economica si è concretizzata in un peggioramento delle possibilità di accesso ai servizi sanitari, soprattutto dei soggetti di livello socio-economico basso che nella misura del 40% sono stati costretti a rinunciare a prestazioni sanitarie e all’acquisto di farmaci a pagamento (38%).

Ciò nonostante si segnala una crescita delle spese per la salute degli italiani (molto per l’11,5%, abbastanza per il 27,5%, poco per l’8,3%). Poco meno di un terzo degli italiani spende di più anche per le prestazioni a carico del Ssn per le quali è previsto il ticket, mentre il 27,8% indica un aumento di spesa per analisi e radiografie a pagamento intero, il 29,4% per il dentista, il 31% per i farmaci senza ricetta, il 35,6% per le visite specialistiche a pagamento intero.

L’ospedale mantiene il ruolo di catalizzatore della risposta sanitaria. Sono circa 55.000 al giorno gli accessi al Pronto soccorso. Solo nel Lazio nel 2008 gli accessi al Pronto soccorso hanno toccato quota 2.125.823, in gran parte ascrivibili a codici verdi (72,9%) e bianchi (9,7%). La strutturazione della primary care risulta invece in difficoltà, ancora troppo caratterizzata da accessibilità limitata e da isolamento professionale. Ma i medici di medicina generale godono di un ampio favore tra gli italiani: il 75,9% esprime soddisfazione circa l’adeguatezza del servizio.

Il tasso di fecondità italiano rimane tra i più bassi d’Europa: il numero di nati per 1.000 donne in età fertile nel 2007 è pari a 40,3 contro 41,9 per 1.000 in Grecia, 43,1 in Spagna e 54,8 in Francia. Dopo il primo figlio, mediamente partorito in età relativamente avanzata, molte madri italiane non ne hanno altri pur desiderandoli: il 20,6% per motivi economici, il 9,5% a causa del lavoro. Il sistema di tutele della maternità appare inadeguato e troppo legato al vincolo della condizione professionale. Dai dati disponibili (al 2005) emerge che il 55,2% delle madri che avevano avuto un figlio era costituito da donne occupate: a loro è spettato l’84% delle prestazioni economiche per la maternità, pari mediamente a poco meno di 5.000 euro. Ma alle disoccupate (il 5,2% delle madri) è spettato il 2,1% dell’importo e a quelle in condizione non professionale (il 39,6% delle madri) il 13,9% delle prestazioni, pari a circa 1.137 euro (assegni di maternità erogati per le donne disoccupate e in condizione non professionale). Il disagio sociale è fortemente territorializzato, come emerge dalla graduatoria provinciale ottenuta in base a un indice sintetico costruito a partire da 14 indicatori semplici. Il gap tra le province del Centro-Nord e quelle del Sud è marcato e relativo a tutte le dimensioni del disagio considerate, da quelle private (reddito e consumi) a quelle di natura collettiva come le infrastrutture. I contesti provinciali più problematici sono: Palermo, Agrigento, Matera, Lecce, Caserta, Crotone, Vibo Valentia e Caltanissetta, mentre Trieste, Aosta, Belluno e Siena sono le province con livello di disagio sociale più basso.

P.S. Come sempre chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è a disposizione presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO

Roma 09/03/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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