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Censis: “Torniamo a desiderare, altrimenti l’Italia non riparte”

Parlamentino del CNEL, venerdì 3 dicembre, Roma. La pioggia ha concesso una tregua, un pallido sole s’affaccia tra gli alberi di Villa Borghese, è freddo. Ma le avverse condizioni climatiche non frenano gli appassionati di questo appuntamento annuale, lì nella sala grande del CNEL, di cui Giuseppe De Rita è stato Presidente dal 1989 al 2000.
Ci si sente a casa. Personalmente ho 25 anni di Rapporti del Censis sulle spalle: nella sala del Parlamentino ci guardiamo e vediamo sui nostri volti l’incalzare del tempo che passa, ma ci si ritrova a pensare, a riflettere, ancora a studiare. Nel 1985 mi occupai per la prima volta del librone verde del Censis: avevo i capelli neri, oggi li ho tutti bianchi e così tanti altri come me, che ogni anno rivedo ad ascoltare Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma. Prendendo in prestito un’espressione molto usata, nel Parlamentino del CNEL il “popolo del Censis” c’è tutto, a dare un senso a questo lavoro enorme per individuare diagnosi e terapie per la società italiana, che da qualche anno non se la passa proprio bene.

Vittorio Macioce su “Il Giornale” della famiglia Berlusconi ha scritto che “i dati del Censis passano per discorsi da bar” e che le analisti di De Rita “stanno diventando una sorta di predica domenicale, un sermone”. Personalmente, invece, ho imparato molto da De Rita, soprattutto il metodo di ricerca sociologica profonda, che ogni anno ci ha consegnato un’immagine, una suggestione per farci capire questo Paese: che fa, dove va, come ci va. Ogni anno il Censis fornisce non solo un’infinità di dati su tutti gli aspetti della vita economica e sociale del Paese, ma ci consegna il suo sforzo d’interpretazione, che è il valore aggiunto rispetto ad altri istituti di ricerca.

“La crisi in Italia è economica, ma soprattutto sociale. Dal 2001, dall’attentato alle torri gemelle, si è diffuso il panico da crisi. In più, oggi, non c’è vigore nella nostra società”. De Rita si chiede perché e cita Don Lorenzo Milani del 1962 sull’opzione dell’obiezione di coscienza, nel senso che il valore della coscienza individuale supera, in determinati momenti, il valore della legge. Ma oggi la società italiana com’è? De Rita: “Non c’è vigore perché non c’è spessore morale, intellettuale, progettuale, e a livello individuale prevale un senso di estraneità”. In questo Paese si sono verificati due grandi processi, che non sono stati governati: da un lato è cresciuta la soggettività, dall’altro l’orizzontalità: un Paese dove il rapporto con gli Enti locali è pasticciato e si appresta a un federalismo altrettanto pasticciato. Sono tutte espressioni di De Rita, che incalza con calma determinazione: “L’individuo è attraversato da pulsioni sregolate, prevale l’insensatezza e la società finisce per essere insignificante, piatta. Siamo tutti in un campo di calcio dove non ci sono nemmeno le porte: non sappiamo dove tirare, dove andare e cresce il senso di insicurezza”.

Anche l’aumento di alcuni meccanismi istituzionali non attenua la sensazione di insicurezza. Non abbiamo più spessore perché non c’è più l’incontro tra l’inconscio individuale e l’inconscio collettivo, mentre è cambiato il rapporto tra legge e desiderio: la legge conta sempre di meno, il desiderio cade, e la personalizzazione della politica ha distrutto ulteriormente il potere della legge. De Rita: “Il desiderio poi cala perché l’offerta ha neutralizzato il desiderio: siamo bombardati di cose che non desideriamo e mi tocca dare ragione a Herbert Marcuse. Infatti aveva previsto che la strategia del tardo capitalismo è l’aumento dell’offerta. Dove si va oggi? Sostanzialmente verso il bisogno di rilanciare la legge, anche se solo nel 2015 forse si riuscirà a ridare un senso allo Stato. Ecco perché dobbiamo tornare a desiderare: solo il desiderio ti guarisce dall’isolamento in te stesso, ti fa uscire”. Analisi chiara e terapia conseguente e coerente con la diagnosi: “La gioventù è il desiderio dei desideri: dobbiamo recuperare questo senso del desiderio di qualcosa che non sta nell’offerta, ma ce la dobbiamo inventare. Occorre un riarmo mentale per far funzionare menti acquattate nell’appiattimento generale”.

Oltre 700 pagine, il librone verde del Censis quest’anno spazia su tutti i temi e problemi che attraversano la società italiana, ponendo tra i primi punti uno spaccato della società società italiana al 2010, così rappresentato: la pericolosa china verso l’appiattimento, la proliferazione della logica d’offerta, l’intreccio (virtuoso o pericoloso) dei sottosistemi, la frammentazione del potere. Focus su settori e soggetti del sociale, per trattare poi lavoro, professionalità, rappresentanze. E’ contenuto qui un ‘allarme giovani’, con un attento esame dei posti di lavoro persi negli ultimi anni: senza lavoro non c’è ripresa e, come ha spiegato Giuseppe Roma, i giovani sono costretti a fare i bamboccioni.

In Sanità cresce la comunicazione e l’uso di Internet
Come sempre, nel sistema di Welfare è incastonata la sanità. Il Censis poi analizza territorio e reti, i soggetti economici dello sviluppo, comunicazione e media, governo pubblico, sicurezza e cittadinanza.

Per quanto riguarda la Sanità, i macro-dati confermano la stabilità sostanziale del sistema, in termini di posti-letto, offerta di servizi, spesa farmaceutica in lento calo, qualità delle prestazioni. Ma quest’anno il Censis sottolinea in particolare un aspetto: l’onda lunga della comunicazione sulla salute ha prodotto un effetto positivo in termini di conoscenza da parte dei cittadini che tendono a condurre uno stile di vita nel segno della prevenzione. Al tempo stesso, l’insistenza a parlare di malasanità ha determinato la convinzione che l’errore medico sia frequente con aumento della conflittualità tra pazienti e medici.

Il Censis fotografa poi un altro elemento di novità: l’informazione medica corre sempre più sul web. Confermata la fiducia nel medico di famiglia, al quale si rivolge il 20,3 per cento del campione preso in esame; il 2,5 si rivolge allo specialista; il 2,3 per cento al farmacista. La prima fonte di informazione resta la TV (42,9 per cento), seguita da giornali e riviste (35,8 per cento), passaparola tra familiari e amici (18,7%). Si attesta al 12,6 la percentuale di coloro che usano Internet. Ma attenzione: si rivolgono a Internet coloro che hanno il titolo di studio più elevato e, se si considera l’uso globale di Internet che ha riflessi sulle informazioni sulla salute, risulta che la percentuale degli utilizzatori sale al 34 per cento, un dato anche questo variabile in base al titolo di studio.

E infatti, tanta informazione, non solo in Sanità, corre su Internet, dove ormai è possibile studiare, effettuare ricerche, e, attraverso lo studio, l’approfondimento, darsi una scossa per quello che il Censis chiama il “riarmo mentale più che morale”, perché questo Paese ha bisogno, oggi più che mai, di menti in opera e non addormentate e appiattite. Quest’anno viene dal Censis un’analisi senza sconti della società italiana, ma anche la spinta a non mollare, a non incurvarsi su se stessi, per riprendere un cammino di crescita consapevole nell’economia e nelle reti lunghe della società.

Autore: Redazione FNOMCeO

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