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Censis: welfare ristretto in una società senza autopropulsione

Come tutti gli anni, dal lontano 1967, il Censis ha presentato a Roma il suo tradizionale Rapporto sulla situazione sociale del Paese. La sede, come sempre, il Parlamentino del CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, istituzione prevista dalla Costituzione, ma di fatto sciolta nel 2014 e in funzione per l’amministrazione ordinaria. Questo potrebbe essere l’ultimo anno che questo “storico” evento si tiene in questa “storica” istituzione.

Giuseppe De Rita ha svolto le sue considerazioni generali. Massimiliano Valerii, nuovo direttore del Censis, è entrato nel dettaglio di dati e analisi contenute nel famoso “librone verde”, che quest’anno è di 535 pagine. Ma su tutto questo torneremo con un approfondimento a giorni. Ci concentriamo, intanto e invece, sulla parte relativa al welfare, che è sempre in contrazione e sempre più ristretto, con particolare riferimento ad alcuni aspetti che riguardano la sanità. E il quadro non è confortante. A conferma che le iniziative della FNOMCeO e dei sindacati medici volte a cambiare rotta alle scelte della politica proprio sulla sanità sono giuste. Prima gli Stati generali del 21 ottobre, poi la manifestazione del 28 novembre a Roma in piazza SS. Apostoli, la professione medica ha portato in piazza la propria dignità ed ha parlato senza mezzi termini di “Sanità a pezzi”.

La sanità nella percezione degli italiani
Oggi arriva il Censis con la sua poderosa opera di analisi della situazione sanitaria, che, per flash, è così rappresentata: “È il 42,7% dei cittadini italiani a pensare che la sanità stia peggiorando, quota che sale al 64% al Sud. Inoltre, il 55,5% considera inadeguato il Servizio sanitario regionale, quota che sale all’82,8% nel Mezzogiorno. Per capire il ricorso al privato, va considerato il trade off tra costo e tempi di attesa che, con la capacità del privato di offrire prestazioni a prezzi sostenibili e la lunghezza delle liste di attesa nel pubblico, si risolve spesso nella scelta dei cittadini di pagare per intero di tasca propria le prestazioni. Ad esempio, per una colonscopia nel privato si spendono 224 euro e si attendono 8 giorni, nel pubblico con il ticket si spendono 56 euro e si attendono 87 giorni; per una risonanza magnetica nel privato si spendono 142 euro e si attendono 5 giorni, con il ticket si pagano 63 euro e si attendono 74 giorni. Costi e tempi di attesa hanno andamenti inversi nel passaggio dal pubblico al privato, poiché all’aumentare dei costi delle prestazioni nel privato corrisponde una diminuzione dei tempi di attesa e viceversa. Una colonscopia nel privato richiede circa 169 euro in più rispetto al pubblico e riduce i tempi di attesa di 74 giorni; per una risonanza magnetica nel privato la spesa è di 79 euro in più con una riduzione dei tempi di attesa di 69 giorni”.


Fiducia nel medico di famiglia ma difficoltà nei percorsi di cura

Il Censis conferma poi la fiducia che gli italiani ripongono nel medico di famiglia, come emerse già negli anni scorsi: “Gli italiani ribadiscono l’importanza del ruolo svolto dal medico di famiglia: il 57,3% afferma che dovrebbe essere sua la responsabilità di dare informazioni circostanziate ai pazienti e guidarli verso le strutture più adatte. Il 42,6% ritiene che gli Uffici relazioni con il pubblico e gli sportelli delle Asl dovrebbero offrire informazioni più precise e articolate. Un italiano su 5 vorrebbe anche disporre di graduatorie sui servizi e la loro qualità basate sui giudizi dei pazienti. Accanto a quelle di tipo informativo, le difficoltà che i cittadini sperimentano nel rapportarsi al Servizio sanitario nazionale sono anche di carattere pratico, legate ai tempi di attesa prima di accedere ai servizi richiesti. Tra le persone che hanno effettuato visite specialistiche e accertamenti diagnostici, rispettivamente il 22,6% e il 19,4% ha dovuto attendere perché privo di alternative. E quando l’attesa c’è stata, è stata consistente: in media, 55,1 giorni prima di effettuare una visita specialistica e 46,1 giorni per un accertamento”.

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Autore: Redazione FNOMCeO

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