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Colpa medica e danno erariale. Non sempre sussiste la colpa grave

Corte dei Conti Calabria  – Colpa medica e danno erariale –  In materia di colpa medica nell’ambito del giudizio di danno erariale, va puntualizzato che non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa  grave  ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza, imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza l’osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza, prudenza o perizia. (Sentenza n. 111/15)

FATTO: Con atto di citazione depositato il 10/10/2011, la Procura regionale ha richiesto la condanna dei convenuti sopra epigrafati, a risarcire all’Azienda Ospedaliera di Cosenza un danno erariale pari a complessivi € 1.886,520,55, oltre accessori e spese. Precisa l’organo requirente che la vertenza trae origine da un articolo del giornale "Gazzetta del Sud” del 30.05.2007, in cui si riportava la notizia riguardante il rinvio a giudizio innanzi al GUP di Cosenza di quattro medici indagati per concorso in omicidio colposo per la morte di un bambino di sette anni, A. B., avvenuta nell’ottobre del 2005 nell’ospedale cosentino dell’Annunziata. A seguito della disposta istruttoria, risultava che con sentenza del Tribunale Ordinario di Cosenza n.901/2009 i medici T. F., primario del reparto di ortopedia, e S. A. M., medico in servizio presso il suddetto reparto, erano stati condannati per l’omicidio colposo del piccolo A. B., oltre che al risarcimento del danno e al pagamento delle spese processuali nei confronti delle parti civili da liquidarsi nella separata sede civile.

DIRITTO: Si tratta cioè di verificare se alla luce delle pronunce penali di primo e secondo grado, le quali non si esprimono in termini di colpa grave esclusiva dei convenuti, di univocità del nesso causale e di mancato rispetto delle linee guida, sia possibile comunque ricostruire aliunde una configurazione di responsabilità medica tale da costituire elemento determinante unico ed univoco del danno erariale, rappresentato dall’esborso a seguito della transazione. Passando in rassegna i principi, abbastanza consolidati nella giurisprudenza della Corte dei conti, in materia di colpa medica nell’ambito del giudizio di danno erariale, va puntualizzato che non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa  grave  ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza, imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza l’osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza, prudenza o perizia; occorre precisare, inoltre, che tale livello minimo dipende dal tipo di attività concretamente richiesto all’agente e dalla sua particolare preparazione professionale, in quel settore della P.A. al quale è preposto (cfr. Corte dei conti, Sez. Appello Sicilia, n.418/2014, cit.). Venendo poi al nesso di causalità, ai fini dell’affermazione di una responsabilità amministrativo-contabile, è necessario che in uno all’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, la condotta tenuta sia diretta cagione del danno. Tale questione assume connotati particolari nel caso di danno indiretto e, segnatamente, di danno erariale discendente da riconoscimento di una colpa medica. Infatti posto che la relazione tra danno erariale e colpa medica risiede nel fatto che senza la seconda non vi sarebbe stato un esborso, è compito del giudice contabile, di fronte alla domanda del Procuratore regionale – volta ad ottenere dal medico la restituzione di quanto pagato dall’azienda sanitaria a titolo di danno conseguente a colpa medica – valutare se le condotte del medico imperite, imprudenti, non conformi alle linee guida siano da porre in diretta ed esclusiva relazione col fatto di danno, poi risarcito dall’azienda sanitaria. Quanto all’elemento soggettivo della colpa grave in capo ai convenuti, inteso nella accezione tipica di cui agli arresti giurisprudenziali più condivisi di questa Corte dei conti, esso non può ritenersi dimostrato e, quindi, non può essere ritenuto sussistente. L’I.O.R. ha ben argomentato come non vi sia stata colpa grave dei convenuti nell’evento letale .I medici dello I.O.R. hanno evidenziato come “all’epoca dell’accaduto (1/10/2005) il trattamento conservativo eseguito in anestesia generale con manovre riduttive e immobilizzazione gessata veniva largamente usato. Inoltre le condizioni generali del piccolo paziente, affetto dalla nota grave cardiopatia, potevano ben giustificare un approccio terapeutico meno aggressivo consistente appunto nella semplice riduzione manuale della frattura con immobilizzazione della stessa in apparecchio gessato”.Tali considerazioni quindi escludono che la gestione ortopedica del paziente poi deceduto si sia rivelata errata e, quindi, connotata da colpa grave intesa come imprudenza, negligenza od imperizia da parte dei due sanitari oggi qui convenuti. In conclusione, la domanda non può essere accolta, stante la accertata esclusione della sussistenza tanto dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave quanto quella del nesso di causalità tra condotte e fatto lesivo poi risarcito

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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