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Comunicazione medico-paziente: le domande

Nella maggior parte dei casi, quando ci si rivolge a un medico per un qualsiasi problema di salute, si tende a recepire passivamente le indicazioni e a fidarsi del suo giudizio clinico. Si pensa, erroneamente, che la scelta terapeutica che ci viene proposta sia sicuramente efficace, tendenzialmente sicura e, inoltre, che sia l’unica opzione disponibile. Tuttavia, essendo la ricerca biomedica una disciplina probabilistica e l’operato di qualsiasi essere umano imperfetto per definizione, è bene conoscere i limiti e le opportunità associate alle singole indicazioni dei medici. John Mandriola, elettrofisiologo cardiaco e gestore del blog Drjohnm.org, ha recentemente pubblicato una breve checklist di quattro domande fondamentali da fare al proprio clinico prima di intraprendere qualsiasi percorso terapeutico (1).

1. Quali probabilità ci sono che questo test/trattamento mi porti dei benefici?

“Le decisioni mediche sono come le scommesse”, scrive Mandriola. Il beneficio atteso da una qualsiasi procedura non è assolutamente scontato. Ad esempio, nell’ambito dell’aritmologia le ablazioni mediante catetere nelle aritmie sopraventricolari hanno un tasso di successo del 99%, ma questo dato è molto inferiore per quanto riguarda le ablazioni nelle fibrillazioni atriali e nelle tachicardie ventricolari. Inoltre, molto dipende dalla definizione di beneficio che si decide di considerare.

Il caso delle statine ben esemplifica la volatilità del concetto. Queste risultano infatti efficaci nel ridurre i livelli di colesterolo LDL. Tuttavia, questo parametro rappresenta solo un marker surrogato per il rischio di ictus, infarto e morte per cause associate. In altre parole, se non si è veramente predisposti allo sviluppo di patologie cardiovascolari, il beneficio che deriva dall’assunzione di statine è minimo. Come dimostrato da Abramsom e colleghi (2), nei pazienti a basso rischio cardiovascolare il beneficio di una terapia preventiva a base di statine è pari a una riduzione del 7 per 1000 del rischio relativo di andare incontro a un evento non fatale nei successivi 5 anni. È quindi necessario trattare 140 pazienti affinché uno possa godere dei benefici della terapia. Per questo motivo, come suggerisce Mandriola, è giusto che sia il paziente a decidere se intraprendere o no un percorso terapeutico che presenta queste probabilità di successo.

Lo stesso si può dire in merito allo screening con il PSA come strumento di prevenzione per il carcinoma della prostata. La United States Preventive Services Task (USPSTF) ha recentemente aggiornato le sue linee guida, relative agli uomini di età compresa tra i 55 e i 69 anni, dalla categoria D (“i danni superano i benefici”) a una categoria C (“è una decisione individuale”). Come Prasad aveva commentato in un articolo uscito su STAT (3), questo tipo di screening “riduce il rischio di morire di cancro della prostata, ma non riduce il rischio di morire”. In altre parole, il rischio di complicanze ed effetti collaterali annullerebbe il beneficio associato alla diagnosi precoce.

2. Quali sono i disagi e i danni potenziali associati a questo test/trattamento?

Nessuna procedura medica è libera da danni collaterali e da potenziali disagi. Ritornando al caso dell’aritmologia, non ci si può sottoporre a un’ablazione senza esporsi ai rischi associati alla procedura. “Nessun dottore è prefetto”, ricorda Mandriola. Allo stesso modo, basta leggere un qualsiasi foglietto illustrativo per comprendere che non si può assumere un farmaco senza esporsi al rischio di eventuali tossicità e danni collaterali. È quindi fondamentale che i medici illustrino i potenziali benefici e danni associati a ogni test/trattamento, e che facciano insieme al paziente un bilancio complessivo delle varie possibilità. È inoltre utile ricordare che, come dimostrato da Hoffman e colleghi, i medici in molti casi hanno aspettative non realistiche (in entrambe le direzioni) in merito a danni e benefici di un intervento medico (4), mentre i pazienti tendono a sovrastimare i benefici e a sottostimare i danni potenziali (5).

3. Esistono alternative più semplici e/o più sicure?

Esiste sempre un’opzione alternativa. Ad esempio, come riporta Mandriola, un’alternativa all’ablazione mediante catetere è il tentativo di tenere sotto controllo il battito cardiaco con un medicinale. In molti casi, specie nella prevenzione e nel trattamento delle patologie cardiache, l’alternativa migliore è semplicemente uno stile di vita più sano. Come nel caso delle statine, ha quindi senso chiedersi (e chiedere al proprio medico) se attraverso una dieta più sana e una maggiore attività fisica sia possibile ottenere gli stessi benefici che, forse, permetterebbe di raggiungere una terapia preventiva farmacologica.

4. Cosa succede se non faccio nulla?

“Tanto più la medicina convenzionale si sposta verso una crescente medicalizzazione della condizione umana, tanto più questa domanda cresce di importanza”, scrive Mandriola. L’elettrofisiologo statunitense cita quindi il filosofo francese Voltaire, il quale sosteneva che “l’arte della medicina consiste nel divertire il paziente mentre la natura cura la malattia”. Il tempo, infatti, è uno degli strumenti più potenti a disposizione dei clinici, i quali tendono spesso a sottovalutare la capacità del corpo umano di curarsi da sé. Inoltre, l’attesa ha il vantaggio di non esporsi ai rischi associati a qualsiasi intervento e di stimolare il paziente a imparare a convivere con patologie il cui trattamento si associa ancora a pericoli troppo elevati. Ovviamente, si tratta di possibilità da considerare caso per caso. Tuttavia, è giusto ricordarsi che nulla in ambito medico può essere dato per scontato e che è quindi utile avere un approccio critico nei confronti delle scelte che riguardano la propria salute.

Bibliografia
1. Mandriola J. Four Crucial Questions To Ask Your Doctor. Drjohnm.org 2017; pubblicato il 17 aprile.
2. Abramson JD, Rosenberg HG, Jewell N, et al. Should people at low risk of cardiovascular disease take a statin? British Medical Journal 2013; 347: f6123.
3. Prasad V. The new recommendations for prostate cancer screenings are a bad deal. STAT; pubblicato l’11 aprile 2017.
4. Hoffmann TC, Del Mar C. Clinicians’ expectations of the benefits and harms of treatments, screening, and tests: a systematic review. JAMA Internal Medicine 2017; 177: 407-19.
5. Hoffmann TC, Del Mar C. Patients’ expectations of the benefits and harms of treatments, screening, and tests: a systematic review. JAMA Internal Medicine 2015; 175: 274-86.

(fonte: www.torinomedica.com  a cura del Pensiero Scientifico) 

Autore: Redazione FNOMCeO

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